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Come (e quando) funziona il farmaco Anakinra contro il Coronavirus

16 Settembre 2021 - 09:41 Juanne Pili
Il medicinale associato ad altri farmaci riduce la mortalità e i tempi di ospedalizzazione nelle forme gravi della malattia

Una ricerca apparsa su Nature Medicine lo scorso 3 settembre, sembra mostrare l’efficacia del farmaco anakinra – già utilizzato per il trattamento dell’artrite reumatoide – su pazienti positivi al nuovo Coronavirus a rischio di decorso grave, mediante insufficienza respiratoria. Questo trial di terza fase mostra, che associando precocemente la somministrazione del farmaco alle terapie standard nei pazienti ospedalizzati e a rischio di insufficienza respiratoria, riduce la mortalità e abbrevia i tempi di ricovero.

Come è stato svolto lo studio

Lo studio di fase 3, denominato SAVE-MORE, randomizzato e controllato in doppio cieco, è stato condotto su 594 pazienti Covid, ospedalizzati e a rischio di un aggravarsi della malattia verso l’insufficienza respiratoria. Tale previsione è stata stimata osservando nel siero un incremento precoce dei recettori suPAR (soluble urokinase plasminogen activator receptor), associati all’emergere dell’insufficienza respiratoria negli ospedalizzati con Covid-19. Di questi 510 erano già trattati con desametasone e altri trattamenti standard. Tra i pazienti coinvolti troviamo per esempio, anche chi aveva ricevuto in concomitanza con anakinra (o col placebo) l’antivirale remdesivir. Per maggiori approfondimenti sui farmaci somministrati ai pazienti ospedalizzati rimandiamo alla nostra Guida apposita. 

Dopo 28 giorni il gruppo di pazienti che aveva ricevuto il farmaco mostrava una mortalità ridotta rispetto a quello che aveva preso il placebo, con una permanenza minore dei sopravvissuti in ospedale. Tutto parte dallo screening di oltre mille pazienti avvenuto dal 23 dicembre 2020 al 31 marzo 2021. Di questi, 606 sono stati inseriti nel trial in maniera casuale, attraverso 37 siti di studio, perché avevano livelli alti di suPAR, da questi sono stati esclusi altri 12 pazienti, che avevano ritirato il loro consenso. Si è arrivati così a un totale di 594 persone. Il campione non è piccolo, come potrebbe sembrare paragonandolo alle migliaia di persone che coinvolgerebbero gli studi di terza fase sui vaccini. In questo caso abbiamo un gruppo di pazienti con alto rischio di decorso grave, mentre l’infezione in sé è relativamente meno probabile. Inoltre, un gruppo di ospedalizzati a rischio di insufficienza respiratoria ha proporzionalmente un maggiore rischio di decesso. Infine, anakinra è un farmaco già noto come antireumatico, vale a dire che ha già mostrato un bilancio rischi-benefici nettamente favorevole.

Un supporto in più per combattere l’infiammazione

Attenzione, non abbiamo trovato il farmaco da somministrare precocemente a tutti i positivi alla Covid, insomma, non è la via alle cure domiciliari. Per «precoce» intendiamo un trattamento da somministrare ai pazienti che si rivelano a rischio di insufficienza respiratoria, mediante rilevamento sierologico di alti livelli di suPAR. Diversi altri studi mostrano (e questo trial sembra confermarlo) che anakinra funziona in associazione ad altri farmaci, come il monoclonale tocilizumab. Quest’ultimo, per esempio, lega ai recettori di IL6, mentre anakinra si lega ai recettori di IL1:

Per «IL» si intende una citochina che si è rivelata importante nello scatenare la famigerata tempesta di citochine, che abbiamo appreso determinare le forme gravi di Covid-19, comportando quei seri danni alle vie respiratorie che portano i pazienti in terapia intensiva, rischiando la morte. Tocilizumab si lega a quel recettore (IL-R6), impedendo alla citochina di scatenare l’azione pro-infiammatoria. Corticosteroidi come il desametasone hanno invece una azione antinfiammatoria generalizzata. Per la precisione, anakinra è considerato un antagonista del recettore dell’interleuchina-1 α e β. 

Da usare con parsimonia e non da solo

Se dovessimo somministrare queste combinazioni di farmaci a prescindere a tutti i positivi, l’equilibrio rischi-benefici salterebbe, per via dei potenziali effetti secondari gravi, tra questi l’immuno-depressione, con potenziale sepsi, riattivazione di virus herpetici, di HBV, eccetera. Per non parlare dei costi. Se invece si viene ospedalizzati, con comprovato rischio di insufficienza respiratoria, la musica cambierebbe notevolmente. Si ricorda infine, che parliamo di un supporto alle terapie standard.

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