Referendum cannabis, depositate le firme in Cassazione. Cosa succede adesso

Più di 630 mila firme depositate. Ora la verifica della validità e poi il passaggio sul quesito alla Corte Costituzionale

L’appuntamento è per la primavera del 2022 quando gli italiani e le italiane saranno chiamate a votare per il referendum sulla cannabis. Sono state infatti depositate oggi, 28 ottobre, in Cassazione più di 630 mila firme raccolte in poco più di un mese dal Comitato promotore del referendum sulla cannabis legale. «La risposta è stata straordinaria ma non sorprendente: hanno preso parte molti giovani, oltre il 70% delle persone che hanno firmato ha meno di 35 anni. Le sottoscrizioni sono arrivate dalle grandi città ma anche dai piccoli comuni. Un’omogeneità che sottolinea la portata e l’interesse del tema», commenta soddisfatto Marco Perduca, presidente del comitato promotore e membro dell’Associazione Luca Coscioni.


I prossimi passaggi

ANSA/FABIO CIMAGLIA | Da sinistra Marco Cappato, Antonella Soldo e Riccardo Magi al presidio del Comitato Promotore del Referendum sulla Cannabis in piazza Montecitorio, Roma, 28 settembre 2021.

Le persone «ci chiedono un cambiamento, non è più possibile rimandare» dicono Antonella Soldo e Riccardo Maggi del Comitato Promotore. «In ragione della proroga che abbiamo ottenuto per la presentazione delle firme, slittano di un mese le altre scadenze», spiega Antonella Soldo di Meglio Legale, campagna per la sensibilizzazione sulla cannabis, a Open. La Corte di Cassazione ora dovrà esaminare la validità delle firme depositate, dal 30 novembre al 15 gennaio, mentre è attesa dal 20 febbraio al 10 marzo la decisione della Corte Costituzionale sulla validità del quesito. Per il voto, la finestra possibile della consultazione va da aprile a giugno. «Oggi è un giorno di festa non solo per noi ma per la democrazia: un successo di partecipazione che si realizza in un momento storico in cui la gente va meno a votare, grande è l’astensionismo, anche tra le persone più giovani, e il parlamento ha una evidente difficoltà ad andare avanti su temi sensibili – quello che è accaduto con il ddl Zan lo dimostra», commenta Soldo, che presidente di Radicali Italiani e coordina il Radical Cannabis Club. Con più di 630 mila cittadini «e così tanti under 35 anni abbiamo trasformato la frustrazione in una proposta di referendum, usando lo strumento più alto della nostra Costituzione per raccontare al Parlamento che paese vorremmo».


Il quesito

Ecco il quesito:

«Volete voi che sia abrogato il Decreto del Presidente della Repubblica del 9 ottobre 1990, n. 309,  avente ad oggetto “Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza“, limitatamente alle seguenti parti:

Articolo 73, comma 1, limitatamente all’inciso “coltiva”;

Articolo 73, comma 4, limitatamente alle parole “la reclusione da due a 6 anni e”;

Articolo 75, limitatamente alle parole “a) sospensione della patente di guida, del certificato di abilitazione professionale per la guida di motoveicoli e del certificato di idoneità alla guida di ciclomotori o divieto di conseguirli per un periodo fino a tre anni;”?»

Il quesito «mira a modificare il Testo Unico sugli stupefacenti rimuovendo il divieto di coltivazione della cannabis, le pene carcerarie oggi previste (da due a sei anni) per le condotte legate alla cannabis e la sanzione amministrativa di ritiro della patente in caso di possesso anche di una quantità a uso personale», dice ancora Soldo. Resta, «naturalmente, la guida in stato di ebrezza e stato alterato».

La finta «guerra alla droga»

La grande partecipazione «ci racconta che i cittadini conoscono questo tema e che purtroppo ne hanno visto fino a ora il lato peggiore, con la criminalizzazione che ha portato in carcere solo i piccoli consumatori e spacciatori e impedisce di usare la cannabis a uso curativo», dice ancora Antonella Soldo. Quella portata avanti finora «è stata una finta guerra alla droga, la cannabis, protagonista dell’80% dei sequestri senza intaccare le droghe più pesanti e i criminali più pericolosi. Sono 30 anni che ci proviamo con queste leggi: non abbiamo scalfito il mercato ma colpito il bersaglio sbagliato: è ora di dirselo». Per questo Soldo e Magi ricordano oggi l’appello affinché al centro della prossima conferenza nazionale sulle droghe in programma il 27 e 28 novembre ci siano «le evidenze dei risultati delle politiche proibizioniste e gli effetti nocivi dell’attuale legge». «Lavoreremo per avere al referendum la partecipazione più ampia possibile: non è una campagna che riguarda solo una parte dei cittadini, ma tutta la società», conclude Antonella Soldo.

In copertina ANSA | La raccolta firme per il referendum sulla liberalizzazione della cannabis organizzato da +Europa in piazza del Pantheon, Roma, 9 ottobre 2021

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