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Leopolda, Carelli (Coraggio Italia) lancia l’idea di una federazione di centro: «Se ci uniamo superiamo il 10%» – L’intervista

20 Novembre 2021 - 19:44 Felice Florio
Il deputato invita Italia Viva, Azione e gli altri piccoli partiti di centro a coalizzarsi per affrontare le sfide politiche «della legge di Bilancio, del Quirinale, della riforma della legge elettorale e delle elezioni del 2023»

Ha appena finito il suo discorso sul palco dell’undicesima edizione della Leopolda, la kermesse che Matteo Renzi organizza dal 2010, quando era ancora esponente del Partito democratico. La presenza di Emilio Carelli, deputato di Coraggio Italia, partito di centrodestra, non è un caso isolato nella convention nata nell’alveo del centrosinistra. Prima di lui è intervenuto il sindaco di Genova – anche lui di centrodestra – Marco Bucci. Raggiungiamo il deputato nel backstage, dove è a suo agio nel dialogare con gli esponenti di Italia Viva. L’intesa, tra loro, lascia presagire un certo feeling politico. Ecco cosa ci ha raccontato Carelli della possibile nascita di una federazione di centro nell’arco parlamentare italiano.

Renzi ha detto che «la bellezza della Leopolda è che qui si accolgono persone che provengono da esperienze diverse». Il sindaco espressione del centrodestra genovese Marco Bucci, poi lei onorevole Carelli, di Coraggio Italia. Che messaggio vuole dare Italia Viva invitando politici lontani dal campo del centrosinistra?

«È un messaggio di grande maturità politica aprire la discussione interna a un partito a esponenti di altre forze politiche. È proprio dal dialogo che nasce la politica vera. Ritengo questa scelta condivisibile e ringrazio Renzi per averla fatta».

È intervenuto anche Enrico Costa di Azione, al quale Renzi ha detto: «Non capisco come alle prossime elezioni politiche potremmo andare divisi». È l’ennesimo segnale di questa kermesse che fa pensare alla nascita di una coalizione tra le forze centriste. Non è che si trova qui per stringere una sorta di patto della Leopolda?

«Nel momento in cui ho partecipato alla fondazione di Coraggio Italia, partito moderato di centro guidato da Luigi Brugnaro, ho scoperto esistere un arcipelago composto da tante piccole formazioni che portano avanti, in molti casi, istanze e programmi simili. Ma soprattutto che si ispirano agli stessi valori: europeismo, atlantismo, attenzione alle imprese coordinata con la tutela dei lavoratori, ambientalismo. Tutti in modo moderato, che non vuol dire timido o incerto, ma vuol dire rispettare il parere degli altri puntando al bene comune. Se noi sommiamo tutti questi piccoli partiti in una federazione, questa potrebbe svolgere un ruolo da protagonista sulla scena politica. Questa è la mia suggestione.

Forse una proposta o forse un sogno, però se riusciremo a raggruppare attorno un tavolo queste forze come è stato fatto in Francia, affronteremo le sfide imminenti con un peso maggiore. Dalla legge di Bilancio, al Quirinale, dalla riforma della legge elettorale – che auspico di stampo proporzionale – fino alle elezioni politiche, avendo il consenso di tutti quei cittadini moderati che in questo momento non trovano una casa, o se la trovano la considerano troppo piccola e temono che il loro voto risulti sprecato per una componente politica al 2%. Immaginate una federazione con Italia Viva, Azione, Coraggio Italia e gli altri partiti di centro: arriveremmo senza problemi al 10% sommando i consensi attuali, e attireremmo anche i voti di chi al momento non va alle urne perché sfiduciato».

L’idea di federazione di centro che lei sta lanciando è condivisa all’interno di Coraggio Italia o è una proposta personale di Emilio Carelli?

«È un’idea che ho avuto io, ma penso corrisponda al sentimento di molti altri colleghi di Coraggio Italia».

Citava la sfida per il Quirinale. Come Coraggio Italia avete pensato a un candidato?

«La cosa che consideriamo più importante adesso per il Quirinale è far valere il peso dei nostri parlamentari e grandi elettori: in totale, contiamo un pacchetto di 32-34 voti che può essere significativo a partire dalla quarta elezione in poi. Per cui se non ci sarà un accordo tra i partiti per un’elezione al primo scrutinio, e in questo momento non lo vedo all’orizzonte, il nostro impegno sarà avere il giusto peso nell’individuazione di un candidato e nel votarlo».

Silvio Berlusconi è un candidato plausibile per Coraggio Italia?

«Non abbiamo preclusioni nei confronti di Silvio Berlusconi, naturalmente il tutto dovrà far parte di un accordo generale».

È improbabile, secondo lei, che i partiti cambino idea e optino forse per la soluzione numericamente più semplice: Mario Draghi al Colle?

«Tutt’altro. Per me questa possibilità esiste ancora anche se, nelle ultime settimane, ho sentito voci dei personaggi di peso dei partiti che tendono, non dico a escluderlo, ma invitarlo a portare a termine la legislatura da Chigi. Per me invece la possibilità di avere Draghi al Colle è concreta e c’è la possibilità di fare un accordo su di lui per impedire che i due grandi schieramenti possano puntare su un candidato diverso da l’altro che non sia gradito ai competitor. Questo rischio potrebbe, alla fine, condurre tutti a buoni propositi e far puntare centrodestra e centrosinistra su un candidato unico».

Che sarebbe Draghi. Ma in tal caso, non vede il rischio che un nuovo governo non si riesca più a formare?

«Io penso che un presidente della Repubblica avrebbe molta difficoltà a sciogliere le Camere che lo hanno appena eletto, prima cosa. Secondo, a quel punto mancheranno circa dieci mesi alla fine della legislatura, e ci saranno solo due appuntamenti importanti in quei mesi: la riforma della legge elettorale e una nuova legge di Bilancio. Sulla Manovra, non si potranno fare mica fuochi d’artificio: sarà una legge di Bilancio determinata già dal Pnrr. Draghi potrebbe favorire la formazione di un governo, a questo punto non so se ancora metà tecnico e metà politico, ma un governo che porti a termine la legge di Bilancio a fine 2022 e a quel punto sciogliere le Camere».

Tornando alla sua presenza alla Leopolda, Italia Viva è accusata da Pd e M5s di essersi spostata nel centrodestra. Lei ravvisa in Renzi la scelta di passare dall’altra parte dello scacchiere politico?

«Io più che verso il centrodestra vedo un orientamento verso il centro vero e proprio. E questa è una dinamica che sta coinvolgendo tanti moderati. Per cui, certo è gioco facile per Pd e M5s cogliere ogni spunto per accusare Italia Viva e Renzi di connivenza con Forza Italia o con altre espressioni del centrodestra. Però penso che stiamo vivendo un momento in cui la politica è molto libera, è un momento di grandi cambiamenti, di grande dinamismo».

Lei è stato direttore di una testata, giornalista prima che politico. Crede che la mail di Rondolino a Renzi sia sintomatica di una strategia di comunicazione troppo aggressiva o che tecniche di comunicazione e propaganda altrettanto forti riguardino tutti i partiti dell’arco parlamentare?

«Ormai fa parte delle dinamiche politiche normali. Quindi no, quella mail non mi ha stupito più di tanto».

Le nomine Rai, invece, l’hanno stupita?

«Io da sempre sostengo una riforma della governance della Rai che sottragga la Rai al controllo dei partiti e del parlamento. Secondo me dovremmo affidarla a una fondazione super partes fatta da intellettuali, esperti di comunicazione, gente del mondo della cultura, dello spettacolo, dell’informazione, che facciano delle scelte che non rimandino a questo o a quel partito, ma scelte aziendali di tipo industriale per il bene della Rai».

Una riflessione sui 5 stelle che lei ha lasciato con l’avvento del governo Draghi. Conte sta riuscendo nella sua opera di rifondazione del Movimento?

«Francamente sono dispiaciuto perché il Movimento mi appare sempre più spaccato al suo interno. Questo, però, conferma l’esperienza che io ho avuto. Conte ha governato il Paese in un momento difficile, ma adesso si trova a svolgere il ruolo di leader politico, un ruolo che probabilmente non sente così forte, interiormente. Soprattutto, però, si trova a che fare con le persone del Movimento: il problema del Movimento sono i suoi esponenti e tra loro, in fondo, c’è un problema di competenze, di affidabilità e di credibilità dei gruppi parlamentari».

Se Italia Viva scegliesse di federarsi in una nuova formazione di centro darebbe l’addio definitivo al centrosinistra trainato dal Pd. Crede che in questa scelta abbia un peso anche l’indirizzo dato dalla segreteria di Letta?

«Ho l’impressione che il Pd guidato da Enrico Letta, peraltro uomo moderato con grandi competenze economiche, sia un Pd troppo impegnato a strizzare l’occhio ai 5 stelle. Questo pregiudica qualsiasi sviluppo di alleanza organica in futuro».

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