Contagi, il picco di Omicron in arrivo: «Il virus raggiungerà tutti, anche i guariti si proteggano»

Anna Teresa Palamara dell’Iss mette in guardia su un’emergenza che non è ancora finita. Il sottosegretario alla Salute Costa rilancia: «Che senso hanno ancora i colori?»

Una crescita fulminea che nel giro di poche settimane ha fatto salire il 20% registrato a più dell’80%. Si tratta della dominazione di Omicron sul territorio nazionale, ufficialmente la principale mutazione di Covid-19 più diffusa nel Paese e che, secondo quanto continuano a sostenere gli esperti, presto arriverà al 100% di diffusione. Un cambio della guardia che che la responsabile del dipartimento di malattie infettive dell’Istituto superiore di sanità, Anna Teresa Palamara, non riesce a vedere con esclusivo ottimismo. Nonostante la minore gravità dei sintomi provocati dalla nuova mutazione. «Le indicazioni per proteggersi rimangono le stesse, la necessità di essere molto attenti vale in questo momento anche per i guariti», spiega al Corriere riferendosi ai dati che ribadiscono la minore gravità di Omicron in termini di sintomi e quindi rischio ricoveri e decessi rispetto a Delta.


La curva dei decessi

«La curva dei decessi che continua a registrare numeri dolorosi fa comprendere quanto il virus sia ancora pericoloso. Ora scontiamo l’esito delle infezioni delle scorse settimane. Questi pazienti sono stati portati in terapia intensiva circa quindici giorni fa e purtroppo non ce l’hanno fatta», ricorda Palamara. Quello che è certo, poi, è che il virus va fermato anche nella sua capacità di replicarsi in possibile altre nuove varianti e quindi di continuare a diffondersi da organismo a organismo. A questo proposito lo scenario sembra per molti esperti essere già chiaro: «Sicuramente quasi tutti verremo a contatto con il virus, poi la protezione fornita dalla risposta immunitaria indotta dai vaccini e dall’infezione naturale contribuirà a fare da barriera per la sua circolazione» spiega Palamara. «Non possiamo predire quanti si infetteranno, ma il nostro compito è fare il possibile per attenuare i rischi che continuano a esistere per le persone fragili e il sovraccarico del sistema sanitario».


«Il picco arriva ma anche i guariti stiano in allerta»

Le raccomandazioni dell’esperta arrivano in merito a quello che la comunità scientifica continua a prevedere da giorni. La curva epidemiologica si starebbe avvicinando al cosiddetto picco e cioè a quel momento in cui la crescita giornaliera di contagi arriverà a diminuire a tal punto da arrivare a zero, per poi cominciare la sua definitiva discesa. A questo proposito il modello matematico del Cnr spiegato a Open dal direttore del dipartimento di Scienze Fisiche, Corrado Spinella, è in grado di fornire la data intorno al 30-31 gennaio per il raggiungimento del picco massimo. Anche la stessa Organizzazione mondiale della sanità ha parlato dell’Italia come vicina al momento di svolta, elogiando tra le altre cose la strategia anti Covid messa in atto finora dal governo.

La curva ha già cominciato a rallentare nella sua crescita e quello che è fondamentale ora è aiutare l’ondata ad attenuarsi sempre di più. Per questo rimane urgente garantire il rispetto delle misure di sicurezza anche da parte di tutta quella parte di popolazione che ha già contratto il virus e ne è guarita: «L’immunità data dall’infezione naturale ha una durata limitata nel tempo», torna a spiegare Palamara, «come ci mostrano i dati sulle reinfezioni che fino a dicembre erano quantificabili nell’1% dei casi settimanali. Omicron ha portato questa quota al 3,3%. Anche questo fattore contribuisce a mantenere alta la circolazione del virus».

«Che senso hanno ancora i colori?»

«Ora che c’è il Super Green pass e lo scenario è cambiato che senso hanno ancora i colori delle Regioni?». Poche ore fa il sottosegretario alla Salute Andrea Costa ha posto una delle domande più ricorrenti degli ultimi giorni sulla strategia anti Covid da adottare in questa fase pandemica. «Bisogna avviare con le Regioni un percorso per il loro superamento», continua Costa. «Dobbiamo ricordarci come è nato quel sistema. In tempi nei quali il crescere del contagio rendeva necessario porre in atto limiti alla libertà generalizzata». E mentre 6 regioni rischiano di finire in zona arancione dal prossimo 24 gennaio, la questione rimane aperta soprattutto per chi sottolinea l’ormai minima differenza tra le misure previste in fascia bianca e quelle di fascia gialla. «Eliminate il sistema delle Regioni a colori. È un’offesa all’intelligenza umana», aveva tuonato giorni fa il presidente di Fondazione Gimbe, Nino Cartabellotta, proponendo la completa abolizione della strategia delle fasce di rischio ampiamente utilizzata nei mesi d’emergenza. «C’è il Super Green pass e la semplificazione. C’è una platea del 90% per cento di vaccinati», ribadisce oggi il sottosegretario Costa.

«Di fronte a questo il sistema dei colori generalizzati non ha più senso», specificando come l’unico criterio di rischio valido da mantenere sia quello della zona rossa. A detta del sottosegretario anche alcuni membri del Comitato tecnico scientifico condividerebbe la svolta sui colori, nel tentativo di «agevolare e semplificare». Ed è per lo stesso intento di semplificazione che Costa ribadisce la necessità di facilitare le uscite dalle quarantene, soprattutto a scuola. «Quando parliamo di contagiati asintomatici, dopo 10 giorni di Dad, che bisogno c’è di chiedere anche il tampone per il rientro in classe?». Una domanda che lo stesso ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi si era posto qualche giorno fa, annunciando «una riflessione» da parte del governo proprio sul rientro in classe post isolamento. L’ipotesi ritenuta più valida rimane quella di un certificato di fine malattia da parte del medico pediatria.

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