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Da Fusaro a Dessì, passando per i No green pass e fino agli ex M5s: ecco il fronte italiano pro-Putin

01 Marzo 2022 - 09:30 Redazione
In Parlamento siedono tra i banchi di Alternativa e Manifesta. E continuano a parlare dell'espansione della Nato a est come ragione dell'invasione russa. «Ripudiamo le guerre e il pensiero unico»

Dai No Green Pass ai Sì Putin è un attimo, in Italia, in tempi di guerra della Russia contro l’Ucraina e mentre le notizie da Kiev diventano di ora in ora più drammatiche. «No, Putin non è Hitler. Non penso nemmeno che sia pazzo. Semplicemente fa l’interesse della Russia e del suo popolo», dice Ugo Mattei, giurista di sinistra già alla guida della fronda intellettuale contraria al Green Pass contro il Coronavirus. C’è, nota Concetto Vecchio su Repubblica, un fronte fatto di odio verso la Nato, unito a una passione per Putin e a una sorta di pacifismo riscoperto. «Mi rifiuto di arruolarmi», dice il vignettista Vauro. Mentre Mattei rigetta «la logica dei buoni e dei cattivi, ma non dimentico che Putin è stato messo lì dagli americani, e che poi è sfuggito di mano. Non è un sanguinario, non bombarderà i civili, né userà il nucleare. Sono totalmente contrario all’invio di armi da parte del nostro governo all’Ucraina». Per fermare i carri armati, dice, «convocherei d’urgenza l’assemblea generale delle Nazioni unite e farei approvare una risoluzione che fermi l’invasione. Servono i caschi blu». Assemblea convocata, mentre “attaccare” la Russia vedrà sempre, ovviamente, il veto di Mosca).

E in Parlamento?

Nei palazzi torna a farsi vedere qualcosa che mancava dalla fine della sinistra radicale. Si tratta, nota Repubblica, di già esponenti 5 Stelle che ora militano in Alternativa e Manifesta. Pino Cabras, 53 anni, presidente di Alternativa e allievo di Giulietto Chiesa, è stato mandato via dal Movimento perché contrario al Mes. «È in corso una mutazione radicale dell’Unione europea, che accetta la militarizzazione. Va trovata una soluzione che metta d’accordo tutte le componenti e che faccia scemare le tensioni che si sono accumulate in quell’area. L’Ucraina sia neutrale», dice a Repubblica. Quello che sta succedendo, dice, è dovuto «alla grande umiliazione subita dopo la fine del Muro da parte dell’ex Unione sovietica». Il comunista Emanuele Dessì, ex grillino che fa riferimento a Marco Rizzo, segretario del Partito comunista, dice: «Ripudiamo le guerre e il pensiero unico». Ma il governo guidato da Mario Draghi è «servo delle multinazionali, della Ue e della Nato». Simona Suriano, Doriana Sarli, Yana Ehm, Silvia Benedetti, le quattro deputate di Manifesta, hanno come riferimenti Rifondazione comunista e Potere al popolo. «Putin non è giustificabile, con tutte le attenuanti generiche che l’espansione della Nato a est ha determinato», dice Sarli. Annunciano la decisione di non votare il decreto per l’Ucraina né la risoluzione. «Inviare armi è gettare benzina sul fuoco», aggiunge.

Vito Petrocelli, del M5S, presidente della commissione Esteri al Senato, simpatizza per Putin e ha la stessa linea, che il sottosegretario Manlio Di Stefano ritiene «legittima». Contro l’invio da parte dell’Italia di armi a Kiev è anche l’Anpi, «pur condannando in modo fermissimo la guerra di Putin». «Zelensky sta mandando al massacro il proprio popolo», dice il filosofo Diego Fusaro, che parla dell’espansionismo della Nato come ragione (e giustificazione) dell’invasione russa. «Il disastro poteva forse essere evitato se Stati Uniti e Unione europea non avessero dato prova di cecità», ha scritto nei giorni scorsi la giornalista ed ex europarlamentare con L’Altra Europa di Tsipras Barbara Spinelli. Il suo articolo sul Fatto Quotidiano è stato ritwittato come consiglio di lettura dall’ambasciata russa in Italia.

E infine c’è la posizione di Matteo Salvini, che parla con posizioni similari in tema di aiuti militari – anche se poi la Lega ci ha ripensato e ha votato a favore sul decreto. Comencini, deputato leghista la cui moglie è una pittrice russa, sull’annessione delle Repubbliche del Donbass diceva qualche giorno fa: «Lì serviva uno statuto speciale come in Alto Adige». Enrico Michetti, già candidato a Roma con Giorgia Meloni, sconfitto al Campidoglio da Roberto Gualtieri, si dice infine contrario all’invio di armi.

In copertina Diego Fusaro

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