È una Unione europea spaccata quella che si avvicina al vertice straordinario del 30 maggio. Tra i temi del summit, voluto da Charles Michel, il dossier energetico rischia di monopolizzare il dibattito e le divisioni. Sull’embargo al petrolio russo, che doveva essere inserito nel sesto pacchetto di sanzioni dell’Ue contro Mosca, resta il veto dell’Ungheria. Budapest chiede rassicurazioni sulla continuità degli approvvigionamenti da altri Paesi e sui fondi per l’adeguamento delle raffinerie. Per cercare di sbloccare lo stallo, potrebbe essere convocata una riunione degli ambasciatori già domani, 27 maggio. «È una questione estremamente complessa», commenta il ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani a La Stampa. E il rischio che il summit straordinario si chiuda con un nulla di fatto è concreto.
Il ministro: «La Commissione troverà una via di uscita»
Secondo il ministro, «le situazioni dei vari Paesi sono molto differenti. Il punto di vista di chi dice che una sanzione non dovrebbe danneggiare chi la fa più di chi la subisce è comprensibile». Alla fine, dice, «la Commissione troverà una via d’uscita, che comunque dovrà essere un compromesso». Poi c’è la questione del gas. Il presidente del Consiglio Mario Draghi potrebbe rimettere sul tavolo la proposta del price cap da applicare al gas russo che arriva attraversa gasdotti. «Il nostro team di tecnici ha lavorato con la Commissione per svilupparla», prosegue Cingolani. «Se avessimo un cap europeo, riusciremmo a tenere giù i prezzi».
La diversificazione delle forniture e il caso Eni
Sulla diversificazione dei fornitori, dice Cingolani, «l’Italia sta facendo un’operazione che nessun Paese europeo è riuscito a fare. Ci siamo assicurati 25 miliardi di metri cubi di gas che nella seconda metà del 2024 andranno a pieno regime e sostituiranno i 29 miliardi di metri cubi importati dalla Russia». Il ministro, poi, commenta anche la decisione di Eni di aprire due conti – uno in rubli e uno in euro – presso la Gazprom Bank per il pagamento delle forniture di gas. Una decisione che ha causato qualche malumore a Bruxelles. «Abbiamo lavorato con assoluta trasparenza», dice Cingolani. «L’operazione finisce quando paga la fattura in euro, la banca russa che li trasforma in rubli non è sanzionata. In più, se le regole cambieranno, le società si adegueranno immediatamente».
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