Propaganda filorussa, al Copasir segnalata una lista di 20 nomi attivi nei media italiani. Urso: «Nessuna indagine sugli influencer»

La strategia russa passerebbe (anche) per consulenti e autori capaci di orientare il taglio delle trasmissioni di approfondimento

Tra polemiche parlamentari e non, il Comitato parlamentare di controllo sui servizi segreti del Parlamento italiano, sta lavorando ai due viaggi che dovrebbero concludere gli approfondimenti sulla guerra “ibrida” che la Russia combatte sul fronte europeo, la cosiddetta “strat-com“, ovvero strategia di comunicazione, che starebbe usando anche i media italiani per veicolare contenuti filo russi. Il 12 il Comitato partirà per Washington, quindi sarà la volta di Bruxelles e a fine mese una prima relazione declassificata potrebbe essere consegnata a Camera e Senato. A due giorni dalla pubblicazione sulle pagine del Corriere della Sera della notizia di approfondimenti dedicati alle campagne di influenza che sarebbero state pensate, in particolare ad inizio maggio, per influenzare l’opinione pubblica italiana in una fase delicata della guerra, è intervenuto il presidente del Copasir, Adolfo Urso, che ha detto di non conoscere alcuna lista: «In merito a quanto riportato da alcuni organi di stampa, il Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica rileva di non aver mai condotto proprie indagini su presunti influencer e di aver ricevuto solo questa mattina un report specifico che per quanto ci riguarda, come sempre, resta classificato».


Al di là dei dettagli della campagna raccontata dal Corriere, più di una fonte conferma ad Open che nelle audizioni di maggio con i vertici dei servizi segreti italiani, subito seguiti da quella dell’Ad della Rai Carlo Fuortes e del presidente dell’Agcom Giacomo Lasorella, il Copasir è effettivamente stato messo a conoscenza dell’esistenza di almeno una lista di persone che lavorano a costruire campagne a favore della Russia nei principali media italiani, più o meno consapevoli di essere strumentalizzati dal Cremlino. Nessun nome famoso e nessun ospite televisivo in questo elenco. Piuttosto, persone che con una frequenza “sospetta” almeno dal punto di vista dei servizi segreti italiani, avrebbero preso a frequentare convegni, iniziative economiche e in qualche caso la stessa Russia, nel corso degli ultimi anni.


Nell’elenco che l’intelligence italiana ha confermato al Copasir di aver attenzionato ci sarebbero autori tv, consulenti e giornalisti, che sarebbero poi stati allertati dalla rete di relazione russa che negli anni li ha attratti a se. Più che agenti provocatori infiltrati da Mosca, persone che sono diventate sensibili alle richieste provenienti dal Cremlino e che all’istanza di dare più spazio alla voce del paese che ha scatenato la guerra in Ucraina, almeno in qualche caso, non sarebbero in condizione di rifiutare, pena la rinuncia a favori che incidono sul loro status professionale e sociale. Della presenza di figure di questo tipo, che poi si incaricano di suggerire l’ospite “giusto” per i talk o gli approfondimenti sulla guerra sono stati messi a conoscenza – ma senza la consegna dei nomi – proprio Fuortes e Lasorella che durante le loro audizioni si sono anche impegnati a fare verifiche interne, nel caso della Rai, o a monitorare maggiormente la situazione, nel caso delle emittenti private.

Perché l’Italia?

L’altro elemento significativo che i servizi italiani hanno condiviso con il Copasir e questo ha, con le dovute precauzioni, attenzionato in particolare l’ad della Rai, Fuortes, è che nella strategia comunicativa russa l’Italia non sarebbe stata scelta a caso nella geografia europea. Per relazioni ben più risalenti rispetto a quelle notate negli ultimi mesi in parlamento, diversi schieramenti politici hanno intrattenuto stabili relazioni con la Mosca di Vladimir Putin.

Legami che si sommano a quelli economici e industriali che comunque influenzano l’opinione pubblica. Motivi che avrebbero indotto la Russia a puntare soprattutto sull’Italia, ma non solo, nel lancio delle diverse campagne di propaganda ibrida, che riguardano anche l’uso dei social media e della disinformazione. L’obiettivo sarebbe stato quello di rompere il fronte europeo, soprattutto quando si discute di sanzioni e invio di nuove armi all’Ucraina.

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