Addio a tappe e dialogo con Brunetta, Sala e Pizzarotti: cosa farà Luigi Di Maio dopo la sfiducia senza espulsione del M5s

Il ministro degli Esteri “graziato” dal consiglio nazionale. Ma lui non ha intenzione di farsi processare. E medita su una nuova offerta politico-elettorale

Quattro ore di discussione ma nessuna espulsione. La riunione del consiglio nazionale del Movimento 5 Stelle che aveva al centro il caso Di Maio si è conclusa nella notte. Senza prendere alcuna decisione sul ministro degli Esteri. Ma ribadendo la linea sulla risoluzione che dovrà essere votata al Senato martedì, in concomitanza con le comunicazioni del premier Mario Draghi prima di partire per Bruxelles. Il Movimento continuerà nella mediazione con il resto della maggioranza sulla risoluzione unitaria, senza riferimenti alle armi ma ribadendo la richiesta di una de-escalation militare. Per questa mattina è attesa una nota ufficiale sull’incontro. Che bollerà come «immotivate» le critiche dell’ex capo politico, ribadite anche prima dell’inizio della riunione. Ma senza prendere iniziative sulla sua cacciata.


La cacciata impossibile

Il perché è più che altro tecnico. Come ha fatto notare l’avvocato Lorenzo Borré, che rappresenta i ricorrenti M5s, il Consiglio Nazionale non ha il potere di espellere un iscritto. Per cacciare dal M5s il titolare della Farnesina, ha spiegato il legale all’AdnKronos «deve essere avviato un procedimento disciplinare ad opera del Collegio dei probiviri su istanza motivata del presidente, cioè di Conte. Il Consiglio può esprimere un parere sulla condotta di Di Maio ma non spetta a quest’organo decidere se espellere o meno l’iscritto». All’articolo 13, comma C, del nuovo statuto pentastellato si legge infatti:


Il Consiglio Nazionale esprime un parere circa la decisione da assumere nei confronti di un eletto che non abbia rispettato la disciplina di gruppo in occasione di uno scrutinio in seduta pubblica o non ottemperi ai versamenti dovuti al Movimento per lo svolgimento delle attività associative o alla collettività, così come disciplinato dal presente Statuto e dal relativo Regolamento.

In più, due esponenti su tre del collegio (Fabiana Dadone e Barbara Floridia) sono nel governo. Mentre il terzo, Danilo Toninelli, da solo non potrebbe decidere nulla. E poi c’è il problema del Garante. I retroscena dei giornali dipingono un Beppe Grillo molto infastidito con Giuseppe Conte per l’ennesimo psicodramma scatenatosi all’interno del M5s. All’epoca dello scontro sul Quirinale Grillo tentò di mediare una pace tra i due, senza successo. Ora il rischio è che scenda in campo di persona con una nuova discesa su Roma in questa settimana. Finendo per farsi strattonare dalle due fazioni.

Cosa farà da grande Di Maio

Un accenno del clima interno si può trovare nell’intervista rilasciata da Paola Taverna a La Stampa: «Prima ancora di chiedere se Di Maio deve essere espulso, bisognerebbe chiedere a lui perché fa di tutto per uscire. Ha mentito sulla risoluzione, sapeva benissimo che era un testo vecchio e superato, eppure l’ha usata per attaccarci. Fa un danno enorme al Movimento e non offre nessun servizio al Paese. Per me è solo tattica: le sue critiche sono iniziate subito dopo l’annuncio di Giuseppe Conte di voler chiedere alla nostra base un voto per modificare o meno il limite dei due mandati».

Intanto Di Maio aspetta. Sa che non può essere espulso perché una decisione del genere sarebbe difficile da giustificare, visto che ha espresso solo critiche politiche. Non si presterà al processo pubblico che vorrebbero alcuni grillini. Ma nel frattempo riflette su cosa fare da grande. E le opportunità non mancano. Anche se lui ha fatto sapere ai fedelissimi di non avere intenzione di fondare un nuovo partito né di entrare in uno che già esiste. Repubblica spiega però oggi che la sua prospettiva è più ampia. E parte dal presupposto che anche dopo le elezioni del 2023 rimarrà in campo Draghi. O lui o il suo metodo. Per questo ha aperto interlocuzioni con figure che potrebbero avere qualcosa in comune con lui. Una di queste è il sindaco di Milano Giuseppe Sala.

Sfogliare la margherita del Centro

Ma c’è anche l’ex primo cittadino di Parma Federico Pizzarotti. E ancora: Nardella (Firenze), Brugnaro (Venezia), Bonaccini (Emilia-Romagna). Persino Giovanni Toti, presidente della Liguria. Il piano, spiega Matteo Pucciarelli, procederà per tappe. Prima il distacco dal M5s, possibilmente senza che questo sia temporalmente legato alle decisioni sui due mandati. Poi la formazione di gruppi parlamentari o componenti. Per lanciare una proposta politico-elettorale in autunno. In coabitazione con il Partito Democratico, Azione di Carlo Calenda, i Verdi. Ma escludendo il M5s. Per questo avrà bisogno della sponda del segretario Enrico Letta. Che dovrà convincere a mollare Conte. Per La Stampa Di Maio è in contatto anche con molti ministri del governo Draghi: Brunetta, Carfagna, Giorgetti. E con gli esponenti di Coraggio Italia. Insieme potrebbero proporre un contenitore di centro. E il M5s? Potrebbe essere Grillo a decretare la fine dei giochi.

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