Letta furioso contro Calenda e Renzi: «Eletti con il Pd, faranno vincere la destra. La realtà non è Twitter»

Il segretario Pd: le alleanze sono chiuse, ora pensiamo alla campagna elettorale

«Credo che il primo onore sia rispettare la parola data, vale in politica come nella vita. E non una parola data a casaccio, ma una firma fatta davanti alle telecamere». È un Enrico Letta furioso quello che oggi parla alla Stampa dello strappo di Carlo Calenda. Il riferimento del segretario del Partito Democratico è all’accordo firmato alla Camera con Azione e +Europa. E stracciato in diretta tv ieri dall’ex ministro dello Sviluppo da Lucia Annunziata. «Se un politico, un uomo di Stato, fa saltare gli accordi che ha firmato perché ha cambiato idea non c’è più politica, siamo su Twitter, dove si può cambiare idea ogni minuto. Ecco, credo che Calenda abbia scambiato Twitter con il mondo reale».


I patti e gli accordi

Letta chiude ad altre ipotesi dell’ultimo minuto (come il M5s): «Per quanto ci riguarda le alleanze sono chiuse e definite. È stato fin troppo complicato. Ora pensiamo solo alla campagna elettorale, a parlare dei nostri temi, a incontrare le persone. Abbiamo 600 feste dell’Unità in corso in tutt’Italia. Non dico che le farò tutte, ma tantissime». L’idea di Letta è che Calenda non abbia capito che la legge elettorale premia le coalizioni.


E riguardo il Terzo Polo nascente con Italia Viva ricorda che «Renzi e Calenda sono stati eletti, entrambi, con il Pd. Sono loro ad avere un problema, non noi. Devono spiegare all’opinione pubblica quello che mi sembra evidente: non riescono a stare in un gioco di squadra. O comandano o portano via il pallone. Questa logica del centro è residuale rispetto a comportamenti individuali, non c’è una strategia politica. E visto che non vedo folle di elettori leghisti o di Fratelli d’Italia che corrono verso di loro, è un modo per aiutare Meloni e Salvini, non per contrastarli».

I due invece si stanno assumendo la responsabilità di far vincere la destra: «Ma quando vedo i sondaggi sono preoccupato fino a un certo punto: noi abbiamo il ruolo di partito guida. In questo c’è una differenza tra loro e il Pd perché il nostro è un lavoro collettivo. Ho preso il testimone da Nicola Zingaretti e lo passerò al mio successore, che spero sarà una donna. Ho imparato nella vita che non si sta bene solo a capotavola. In politica bisogna saper fare anche i numeri due e tre».

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