A Rimini c’è stato il primo grande confronto tra i principali leader candidati, in vista delle elezioni politiche del 25 settembre. Grande assente Giuseppe Conte, che ha poi spiegato i motivi del mancato invito al Movimento 5 Stelle sui suoi account social. Ovazione per Giorgia Meloni. Al suo arrivo sul palco, da più parti si è sentito urlare «Giorgia, Giorgia». Per la presidente di Fratelli d’Italia si tratta della prima partecipazione all’evento di Comunione e Liberazione, dopo che l’anno scorso c’era stata da remoto. Sul palco la leader di FdI è intervenuta sul tema del presidenzialismo dicendo: «Sono convinta che bisogna mettere i cittadini al centro delle scelte: serve stabilità politica. Una modifica costituzionale in Italia sarebbe molto utile. Il sistema francese non mi sembra un sistema così impresentabile».
Molti applausi anche per Matteo Salvini, Enrico Letta e Antonio Tajani. Battimano di cortesia, invece, per Luigi Di Maio. Parlando della crisi energetica, l’ex M5s è tornato a chiedere un tetto europeo al prezzo del gas. Il segretario del Pd, da parte sua, ha invocato «prezzi amministrati per 12 mesi per aiutare le famiglie e le imprese, è necessario per fare una legge. Se non faremo così la nostra strategia salta, l’obiettivo di Putin è strangolare l’Europa».
Letta, poi, ha detto che si impegnerà per rafforzare «la centralità del Parlamento» e opporsi al presidenzialismo, che – dice – «lo indebolirebbe». Su questo tema, Meloni ha replicato: «Bisogna rimettere al centro i cittadini, non mi sembra un sistema impresentabile. Abbiamo pagato l’instabilità politica con governi che si formano e si riformano dentro i palazzi. Questa modifica costituzionale sarebbe molto utile». La presidente di FdI ha aggiunto: «Sono stata l’unica ad avere il coraggio di proporre le preferenze, affinché gli elettori scelgano i propri candidati».
Il dibattito
Il confronto subito duro nei toni sembra in contrasto col caffè che gli invitati hanno preso tutti insieme prima di sfidarsi sul palco, immortalato dall’Ansa. Sul palco, nota Nino Luca, inviato del Corriere.it sono soprattutto Enrico Letta e Giorgia Meloni a continuare a chiacchierare, all’apparenza senza troppa tensione.
August 23, 2022
Scuola e formazione
Il dibattito si è poi concentrato sul tema della scuola e della formazione. Mentre Tajani ha insistito sulla necessità di favorire anche una formazione di tipo tecnico e professionale, e Salvini ha fatto eco parlando della necessità di potenziare «il rapporto tra scuola e lavoro», Giorgia Meloni ha avanzato una proposta. «Non ci può essere merito se non c’è uguaglianza nelle opportunità. È un paradosso che mentre diamo a tanti ragazzi che potrebbero lavorare il reddito di cittadinanza, non si trova il personale, in settori come il Made in Italy», ha esordito.
Pertanto, ha proseguito «vorrei che il prossimo governo istituisse il liceo del Made in Italy, per offrire una formazione d’eccellenza e dare lavoro ai nostri ragazzi invece che dare il Rdc». A fronte della dichiarazione, Di Maio ha ammesso: «I centri dell’impiego hanno fallito. È meglio permettere alle aziende di fare la proposta direttamente ai percettori del reddito. Ma non sono d’accordo ad abolire la misura per la fascia più debole della popolazione, come i disabili». Enrico Letta, invece, si è dato tre macro-obiettivi. 5 anni per far sì che i nostri insegnanti abbiano uno stipendio in linea alla media europea, rendere obbligatoria la scuola di infanzia e allungare l’obbligo fino alla maturità (tra qualche mormorio di disapprovazione dalla platea) e l’introduzione dell’Erasmus nelle scuole superiori.
Il mercato del lavoro
Letta è poi tornato sul tema della riduzione delle tasse sul lavoro che avrebbe permesso una mensilità in più a tutti i lavoratori e le lavoratrici. Si è poi scagliato contro i tirocini e gli stage gratuiti, definendoli «una delle cose peggiori che il nostro Paese ha messo in campo in questi anni». Secondo Meloni, per aumentare i salari in Italia bisogna abbassare la tassazione sul lavoro: «Se vogliamo affrontare seriamente la questione non dobbiamo parlare di salario minimo, ma di cuneo fiscale». Salvo puntualizzare: «Per tutta la platea dei lavoratori autonomi, la questione dell’equo compenso è importante, così come sono convinta che serva un sistema unico di ammortizzatori sociali». Ha ribadito inoltre la sua contrarietà al Reddito di cittadinanza nella misura in cui «mette sullo stesso piano chi può lavorare e chi non può farlo»: «Il lavoro ha una sua dignità. Assistenza e lavoro non si mettono sullo stesso piano».
Anche Rosato ha voluto dire la sua sul tema dei salari: «La contrattazione aziendale va favorita con gli strumenti che esistono, per far sì che il salario minimo sia contrattato tra azienda e lavoratore. Il lavoro nero non lo combatti col salario minimo». Ha poi anche lui espresso la sua ferma contrarietà al Rdc: «La povertà non si combatte solo con i soldi: c’è bisogno di un insieme di servizi che solo enti locali e terzo settore possono mettere in campo», ha concluso.
Salvini ha invece elencato quattro «proposte a prova di voto», consistenti innanzitutto nella detassazione su straordinari e premi a dipendenti e collaboratori. Riguardo il Reddito, a suo dire andrebbe mantenuto per chi non è abile al lavoro, mentre «gli altri, alla prima proposta rifiutata dovrebbero perderlo di diritto». È poi tornato sul tema della Flat Tax (che «non riguarda i milionari, ma famiglie, monoreddito fino a 55mila euro e bireddito fino a 70mila euro»), e delle pensioni, scagliandosi contro l’aumento dell’età pensionabile. Gli interventi sono stati conclusi da Tajani, focalizzato sul sostegno che lo Stato dovrebbe offrire alle aziende attraverso una politica per la crescita, e Maurizio Lupi. Anche secondo quest’ultimo, è necessario «abbassare le tasse a chi vuole dare l’aumento di stipendio». Sono seguiti i ringraziamenti conclusivi.
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