I referendum di oggi nei territori occupati dell’Ucraina e il rischio escalation nucleare

Al via le consultazioni nelle repubbliche di Donetsk e Lugansk e nelle regioni di Cherson e Zaporizhia. Così il voto può portare alla guerra atomica

Oggi, 23 settembre, la Russia apre i seggi elettorali per i referendum nei territori occupati in Ucraina. A sette mesi dall’inizio della guerra e dopo i rovesci al fronte, Mosca chiama al voto le repubbliche autoproclamate di Donetsk e Lugansk e gli Oblast di Cherson e Zaporizhzhia. Per un totale del 15% del territorio che appartiene all’Ucraina. Le urne sono aperte anche in Kamchatka, nell’estremo oriente della Russia. Nell’area si trovano numerosi sfollati: in molti già chiedono la cittadinanza russa. Così come nella Chukotka, dove i seggi si apriranno soltanto il 27 settembre. La Russia annetterà formalmente le aree dopo i risultati. E, secondo gli esperti, questa mossa costituirà il precedente per l’escalation del conflitto. Già preparata da Vladimir Putin nel discorso che ha annunciato la mobilitazione militare parziale.


I confini dell’Ucraina

I confini dell’Ucraina sono stati riconosciuti dalla Russia nel Memorandum di Budapest che risale al 1994. Kiev afferma che non accetterà mai il controllo russo sui suoi territori. E ha chiesto a più riprese anche la restituzione della Crimea. Annessa con referendum alla Russia nel 2014. L’agenzia di stampa Reuters dice che non è chiaro come funzionerà il voto nella zona di guerra. La Russia infatti non controlla tutto il territorio di Zaporizhzhia e della regione di Donetsk. E i combattimenti continuano in tutte e quattro le regioni. A partire dalla prossima settimana, la Russia considererà questi territori ucraini come parte de paese. Rivendicherà qualsiasi tentativo ucraino di riconquistare il proprio territorio sovrano come un’«invasione». Le consultazioni sono state criticate in quanto illegali anche dagli alleati occidentali di Kiev. I quali hanno già chiarito che non accetteranno mai il risultato. Ed è arrivato anche il biasimo di Pechino, che ha chiesto il rispetto del principio dell’integrità territoriale degli Stati. Le autorità filo-russe nei territori e Mosca hanno comunque promesso di andare avanti. «Il voto inizia oggi e nulla può impedirlo», ha dichiarato alla televisione russa Vladimir Saldo, capo dell’amministrazione a Cherson. I separatisti filorussi di Donetsk, nell’Est, hanno indicato da parte loro che «per motivi di sicurezza» il voto sarebbe stato organizzato quasi porta a porta, «davanti alle case» per quattro giorni. Con l’apertura dei seggi «solo il l’ultimo giorno».


L’escalation nucleare

Ieri la stampa ucraina ha fatto sapere che nel Donbass Mosca si prepara a far votare anche i minorenni. Alle urne sono infatti convocati anche coloro che hanno un’età compresa tra i 13 e i 17 anni. L’unica condizione è che siano accompagnati ai seggi dai genitori. Con l’annessione la Russia può poi considerare le controffensive ucraine nelle zone come attacchi sul proprio territorio. Come ha spiegato nei giorni scorsi lo youtuber russo ed esperto di politica e guerra Ivan Yakovina, dopo il voto lo Zar «dirà subito che l’operazione militare è finita, che ha “liberato” le terre che voleva, che c’è un nuovo confine e si può fare la pace». Ma questa prospettiva non verrà mai accettata da Kiev. E allora il rischio è quello dell’escalation nucleare. Perché nella dottrina russa sull’uso dell’atomica si spiega che si può usare l’opzione nucleare in caso di attacchi sul territorio della Federazione. Nella serata di ieri il Consiglio Atlantico, principale organo decisionale politico della Nato, ha condannato definendo «illegali» i referendum. I 30 Stati membri della Nato, si legge in una nota, «non riconoscono e non riconosceranno mai l’annessione illegale e illegittima della Crimea da parte della Russia». Il Consiglio Atlantico ha affermato che «non hanno legittimità e costituiscono una palese violazione della Carta delle Nazioni Unite».

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