Corruzione dal Qatar, 60 eletti coinvolti: «Quattro “italiani” nel mirino ma nessuno è indagato»

L’origine dell’inchiesta dai servizi segreti. Il ruolo del Marocco. Nelle carte dei giudici gli europarlamentari nella “rete” dell’Italian Job

La corruzione dal Qatar diventa una Spy-Story. E 60 eurodeputati finiscono coinvolti nella storia delle mazzette. Rischiano indagini e perquisizioni. Appartengono alle famiglie politiche dei Socialisti e Democratici, del Partito Popolare e di altri raggruppamenti di sinistra. Ma l’origine dell’inchiesta potrebbe portare ad ulteriori sviluppi. Perché ieri è emerso che l’indagine nasce da un lavoro dell’intelligence belga. Insieme ai servizi segreti di altri cinque paesi europei. Che all’inizio mettono in luce il ruolo del Marocco. Il paese vuole accordarsi con l’Unione Europea sul Sahara Occidentale e i flussi migratori. Per questo Mansour Yassine, direttore del Dged (il servizio segreto di Rabat) incontra i personaggi coinvolti nell’inchiesta. Ma anche altri europarlamentari. Con l’obiettivo di condizionare la strategia di Bruxelles e Strasburgo.


Il Marocco e il Qatar

Anche per il Qatar l’interesse non finisce con i Mondiali 2022. Ieri è emerso che Doha avrebbe indebitamente influenzato i negoziati per l’accordo sul trasporto aereo siglato nel mese di ottobre del 2021 con l’Unione europea. Che garantiva reciprocità nell’accesso ai rispettivi mercati. Con un grave squilibrio di vantaggi per il paese arabo, secondo i sindacati del trasporto aereo. E che probabilmente ora non sarà più ratificato. Oggi intanto il Parlamento Europeo voterà una risoluzione che congelerà tutti i file legislativi legati al Qatar. I lobbisti di Doha vedranno ritirarsi il badge di accesso a Bruxelles e Strasburgo. Per questo il ministro della Giustizia belga Vincent Van Quickenborne ha riferito di aspettarsi che i pagamenti in tangenti e regali per influenzare le decisioni politiche europee da parte di potenze economiche siano più alti delle somme rintracciate finora. E che «gli interessi» per altre ingerenze straniere possano essere «innumerevoli». Un sospetto ancora tutto da definire, in attesa che i quattro indagati si trovino tra un mese di nuovo davanti alla giustizia belga.


I servizi segreti e il Qatargate

La vicenda quindi non nasce da un collaboratore di un parlamentare ma direttamente da un’indagine dell’intelligence. Gli apparati hanno condiviso informazioni su una presunta minaccia alla sicurezza dello Stato. Costituita dalle «interferenze nei processi decisionali» da parte di altri paesi. Poi la Sûreté de l’Etat, ovvero il servizio segreto civile belga, ha segnalato le informazioni alla procura federale. Consegnando anche al procuratore Michel Claise un rapporto derivato da un accesso illegale in casa di Antonio Panzeri. Durante il quale sono state trovate le valigie di soldi poi sequestrate dalla polizia. L’inchiesta andava avanti da un anno. Nella casa di Panzeri a Calusco sull’Adda invece la Guardia di Finanza ha sequestrato orologi di valore, computer e cellulari. E 17 mila euro in contanti nascosti in un armadio. La moglie Maria Dolores Colleoni e la figlia Silvia, scrive La Stampa, sono agli arresti domiciliari.

I soldi sequestrati a Francesco Giorgi

Invece nella villetta dei genitori di Francesco Giorgi ad Abbiategrasso i finanzieri hanno trovato la chiave di una cassetta di sicurezza. In banca hanno trovato altri 20 mila euro in contanti. Sarà difficile rintracciarne la provenienza. Invece per quelli sequestrati a Bruxelles la polizia ha trovato una traccia: la fascetta che li avvolgeva consente di risalire ai conti correnti da cui sono stati prelevati. E questo potrebbe costituire la svolta dell’inchiesta. Mentre Eva Kaili continua a dirsi innocente. L’ex vicepresidente dell’Europarlamento dice di non sapere nulla di soldi e accordi di corruzione. Addossando la responsabilità al compagno. Il quale, scrive oggi Repubblica, avrebbe confermato agli inquirenti di aver lasciato all’oscuro la donna dell’operazione. «Farò il possibile affinché la mia compagna sia libera e possa occuparsi di nostra figlia di 22 mesi», avrebbe detto agli inquirenti.

I quattro eurodeputati nel mirino

Ma c’è di più. Il quotidiano racconta che i magistrati belgi indagano su un sistema che ruota sì attorno a Panzeri ma che arriva anche agli eletti. E cita tre eurodeputati del Partito Democratico: Andrea Cozzolino, Brando Benifei, Alessandra Moretti. Oltre all’italo-belga Maria Arena, membro del Partito Socialista belga. Nessuno dei quattro risulta indagato. Ma, spiega l’articolo, secondo gli inquirenti Cozzolino costituiva il primo collegamento diretto, visto che per lui lavorava Giorgi. Cozzolino era il presidente della delegazione per le relazioni con i paesi del Maghreb e delle commissioni parlamentari miste Ue-Marocco. Oltre che membro della Commissione Diritti umani, dalla quale sono passate le risoluzioni più problematiche per il Qatar. L’europarlamentare ha spiegato nei giorni scorsi di aver assunto posizioni politiche sulla tematica senza alcuna pressione. Giorgi lo chiama in causa insieme a Tarabella senza fornire certezze.

Alessandra Moretti e Brando Benifei

Lo stesso Giorgi ha invece “scagionato” Alessandra Moretti e Maria Arena: «Non ne ho mai sentito parlare. Sono persone che rispetto. E credo che la loro integrità non c’entri nulla in questo contesto». La segreteria dell’assistente di Moretti è sotto sequestro. Nessuna domanda è stata fatta invece a Giorgi su Benifei. L’idea degli inquirenti però è che la corruzione passasse in due modi diversi. In contanti, con i soldi già trovati. E sui conti delle Ong coinvolte, ovvero “Fight Impunity” di Panzeri e “No Peace without justice” di Niccolò Figà-Talamanca. Che, come ha detto Giorgi ai magistrati, servivano soprattutto «a far girare i soldi».

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