Qatargate, all’origine delle indagini spunta un collaboratore di Panzeri non rinnovato. E lo scandalo tocca altri Paesi del Golfo

Interrogatorio fiume per Francesco Giorgi, assistente dell’europarlamentare del Pd Andrea Cozzolino, il quale martedì si è autosospeso dal gruppo dei socialisti europei

Da Strasburgo – Non sono solo le stanze chiuse con i sigilli e l’attesa per nuove sospensioni tra i socialisti europei ad agitare la sessione plenaria del Parlamento europeo. Dopo la conferenza stampa del vice presidente della Commissione Ue Margaritis Schinas la sensazione è che lo scandalo passato alla storia come Qatargate – che ha portato finora all’arresto di quattro persone e alla rimozione dalla carica di vicepresidente della greca Eva Kaili, accusati di aver ricevuto pressioni dal Paese arabo per influenzare le scelte del Parlamento europeo – sia solo all’inizio. E che dalle aule di Strasburgo potrebbe arrivare presto a quelle della Commissione europea di Bruxelles. Schinas, finito nelle polemiche per le sue posizioni mutate (e i suoi tweet) a favore del Qatar, a Strasburgo ha respinto tutte le accuse, affermando caustico: «Ho ricevuto in dono dal Qatar un pallone e una scatola di cioccolatini, che ho regalato all’autista andando all’aeroporto, e qualche souvenir legato al Mondiale di calcio».


L’interrogatorio fiume di Francesco Giorgi

Peccato che sia difficile tenere alta l’ironia mentre dalla procura di Bruxelles pubblicano foto dei soldi sequestrati agli arrestati (1 milione e mezzo finora tra Panzeri e Kaili) e promettono nuove rivelazioni, legate anche alla figura di Francesco Giorgi – assistente dell’eurodeputato Pd Andrea Cozzolino, non indagato, e marito della ex vicepresidente Kaili – che avrebbe parlato per 10 ore con gli investigatori. Nel tardo pomeriggio di martedì Cozzolino si è autosospeso temporaneamente dal gruppo dei Socialisti e democratici del parlamento «per tutelare me stesso, la mia moralità, la mia integrità politica». Qualche ora prima il vice commissario Schinas aveva detto a gran voce che tutte le sue azioni sono sempre state in linea con Bruxelles: «Non inventiamo cose alla Commissione, ma ci basiamo sui documenti e le strategie prodotte dagli uffici», ha dichiarato, sottolineando un’unità di intenti che non trova conferma nelle dichiarazioni rilasciate e nei silenzi dei giorni scorsi del governo di Bruxelles.


La “gola profonda” che ha dato via alle indagini

Tra i corridoi di Strasburgo si fa sempre più strada l’ipotesi che all’origine di tutto ci sarebbe un assistente parlamentare precario di Panzeri che, al mancato rinnovo di contratto, avrebbe deciso di raccontare degli strani movimenti di denaro a cui assisteva periodicamente. Secondo la stampa belga, uno dei quattro interrogati avrebbe invece fatto il nome di Marc Tarabella, l’eurodeputato belga di origini italiane, accusato di aver cambiato radicalmente la sua posizione sui diritti umani in Qatar. Tarabella, sospeso dal partito socialista belga e non indagato, è vicepresidente della delegazione del Parlamento Ue per i rapporti con la Penisola arabica ed è considerato molto vicino al Marocco.

Lo scontro tra Paesi del Golfo

Anche per questo motivo sono in tanti a credere – senza conferma ufficiale da parte degli inquirenti – che il Paese africano sia il prossimo (ma non il solo) a finire nello scandalo corruzione. Sulle vicende di questi giorni, come scrive il profondo conoscitore delle dinamiche europee Pietro Guastamacchia, pesa infatti l’ombra di «uno scontro tra le lobby dei Paesi del Golfo per motivi religiosi, politici, affaristici e per ingraziarsi i favori di Bruxelles». Maria Arena, una delle eurodeputate socialiste coinvolte nello scandalo e considerata molto vicina a Panzeri (è colei che ha preso il suo posto), sei mesi fa ha presentato un rapporto accusando gli Emirati Arabi Uniti di «screditare l’immagine dei Paesi rivali, come Qatar e Turchia». A promuovere la causa insieme a lei c’era Niccolò Figà-Talamanca.

Nuove perquisizioni in casa socialista

Il gruppo dei socialisti europei continua intanto a perdere pezzi e a guadagnare perquisizioni delle autorità belghe: l’ultima sui cui c’è grande attenzione sarebbe quella dell’iraniano Eldar Mamedov, consigliere politico per gli affari esteri del gruppo S&D, e considerato un grande amico di Giorgi ma soprattutto del Qatar. Il suo ufficio è uno di quelli finiti ieri sotto le ispezioni degli investigatori. Al momento però l’unica motivazione ufficiale sembra essere, ancora una volta, l’appartenenza alla rete di Panzeri.

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