Ue in ordine sparso sui controlli anti Covid dalla Cina: chi ha imposto l’obbligo dei tamponi sugli arrivi

Le restrizioni arrivano il giorno dopo la linea “morbida” di Bruxelles che al termine del vertice Ue ha «incoraggiato fortemente» gli Stati membri di introdurre l’obbligo per i viaggiatori cinesi di presentare un tampone negativo all’arrivo nel Paese

Alla decisione della Germania di imporre test obbligatori anti Covid per chi arriva dalla Cina si aggiungono quelle di altri Paesi. A partire dalla prossima settimana, infatti, i viaggiatori che arriveranno in Austria dal gigante asiatico dovranno presentare un tampone Covid negativo, effettuato entro le 48 ore dall’arrivo nel Paese. Ad annunciarlo è stato il ministro della Sanità, Johannes Rauch, secondo il quale «il nuovo regolamento di ingresso sarà disponibile nei prossimi giorni ed entrerà in vigore la prossima settimana». All’interno degli aerei delle uniche due compagnie che offrono voli diretti dalla Cina all’Austria «sarà raccomandato – sottolinea Rauch – l’utilizzo della mascherina FFP2 a bordo e saranno distribuiti opuscoli ai viaggiatori». Pugno duro contro il virus anche da parte del Belgio: da domenica i viaggiatori che arriveranno nel Paese dalla Repubblica cinese dovranno presentare un certificato di test Covid negativo. La decisione, che sarà valida «almeno fino al 31 gennaio, con possibilità di proroga», è stata annunciata dalla Segretaria di Stato, Nicole de Moor, responsabile dell’accesso al territorio. Tale obbligo «verrà applicato – ribadisce de Moor – a tutti i viaggi diretti in Cina» e coinvolgerà «i passeggeri di età superiore ai 12 anni».


Intanto, il ministro della Salute belga, Frank Vandenbroucke, ha confermato la pubblicazione entro il termine di questa settimana del decreto reale che consentirà l’applicazione dell’obbligo appena annunciato. Le restrizioni adottate dai Paesi arrivano il giorno dopo la “linea “morbida” di Bruxelles che al termine del vertice Ue ha «incoraggiato fortemente» gli Stati membri di introdurre l’obbligo per i viaggiatori cinesi di presentare un tampone negativo fatto nell’arco delle 48 precedenti alla partenza, avallando di fatto la linea seguita in primis dall’Italia, e poi da altri Paesi come Francia e Spagna, nonché Svezia, Grecia, Giappone e Stati Uniti per arginare i contagi da Covid-19. Tali misure, tuttavia, hanno spinto Pechino a esortare gli Stati stessi a «non imporre ulteriori restrizioni» a tutti i passeggeri provenienti dalla Repubblica cinese. In mattinata, la portavoce del ministero degli Esteri, Mao Ning, ha chiesto infatti di «lavorare insieme per proteggere i normali movimenti delle persone». Nonostante l’ondata di pandemia, da domenica 8 gennaio ai cinesi sarà consentito andare all’estero dopo tre anni di confini sigillati a causa delle pesanti politiche di contenimento del virus. Una decisione questa che ha spinto appunto i diversi Paesi, tra cui l’Italia e in ultimo la l’Austria, a richiedere il tampone negativo all’arrivo.


Pechino vs Oms

Dopo che l’Organizzazione mondiale della sanità ha denunciato che Pechino sottostima i decessi e il numero dei malati causati dal Covid, la Cina ha invitato la stessa ad «adottare una posizione imparziale». Mao Ning, portavoce del ministero degli Esteri, ha dichiarato: «Speriamo che il segretariato dell’Oms mantenga una posizione scientifica, obiettiva e corretta, e che si sforzi di svolgere un ruolo positivo per la risposta mondiale alla sfida della pandemia». Per il direttore generale dell’Oms, nonostante «i chiari progressi», ha detto Tedros Adhanom Ghebreyesus, «la minaccia di Covid-19 persiste». «Ogni settimana – afferma – muoiono diecimila persone nel mondo, ma questi sono solo quelli di cui siamo a conoscenza. Il vero tributo è probabilmente molto più alto». Nella settimana dal 26 dicembre al primo gennaio, secondo le stime dell’Oms, in Cina si è registrato un aumento settimanale del 45% di nuovi casi di Covid e un aumento del 48% di decessi. Mentre dalla decisione di Pechino di togliere qualsiasi tipo di restrizione nel Paese, per la società di esperti che analizza dati sanitari Airfinity, i morti da Coronavirus giornalieri sarebbero saliti a 14 mila. I decessi arriverebbero a fronte di circa 2,17 milioni di contagi giornalieri. Cifra esplosa da quando Pechino ha abbandonato la politica zero Covid e i suoi strettissimi lockdown e che sembra fare a pugni con le stime diffuse dalle autorità del Paese di Xi Jinping.

Dubbi sui dati dopo la morte di alcuni vip

L’aumento del numero crescente di personaggi famosi cinesi la cui morta è stata resa pubblica, sta spingendo le persone a mettere in discussione il bilancio ufficiale delle vittime da Covid. A riportarlo è la Bbc secondo cui il decesso che ha fatto più scalpore è stato quello della famosa cantante d’opera Chu Lanlan, di appena 40 anni, avvenuta il mese scorso. Nonostante la famiglia non abbia fornito dettagli sulle circostanza, i media cinesi hanno riferito che il decesso è riconducibile a una complicazione legata al virus. La morte di Chu Lanlan e altri personaggi conosciuti nel gigante asiatico sta scatenando speculazioni su perdite maggiori di quelle riportate sui conti ufficiali. A Capodanno, ad esempio, la notizia della morte dell’attore Gong Jintang ha scioccato molti utenti cinesi. Gong, 83 anni, era un personaggio noto per la sua interpretazione nella serie televisiva più longeva del Paese, In-Laws, Out-laws. Anche in questo caso, la causa della sua morte – riporta l’emittente Usa – non è chiara, ma molti utenti social l’hanno collegata a complicanze legate al Covid. Stesso destino per la morte dello sceneggiatore Ni Zhen: l’84enne era famoso per il film del 1991 ‘Lanterne rosse’, considerato dalla critica uno dei migliori film cinesi. Nessuno di questi decessi è stato collegato al Covid nei loro necrologi, ma questo non ha impedito le polemiche online.

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