Arrestato per associazione mafiosa Andrea Bonafede: «Manteneva affiliazione riservata per volere di Messina Denaro» – Il video

Il prestanome del boss agli arresti a una settimana dalla cattura dell’ex latitante: la sua autodifesa giudicata del tutto inverosimile dal gip

A una settimana dall’arresto dell’ultima “primula rossa” di Cosa Nostra, Matteo Messina Denaro, i carabinieri del Ros hanno arrestato oggi – lunedì, 23 gennaio – Andrea Bonafede con l’accusa di associazione mafiosa. Il geometra di Campobello di Mazara, fanno sapere gli investigatori, è stato arrestato nell’abitazione della sorella Angela dove era andato a vivere, sulla tredicesima Est di Tre Fontane, frazione marinara di Castelvetrano. Oltre a consegnare all’ex latitante la sua carta di identità per consentirgli di ottenere un falso documento e a dargli la tessera sanitaria necessaria per le terapie alle quali il boss si stava sottoponendo alla clinica La Maddalena di Palermo, Bonafede ha acquistato – per sua stessa ammissione, confermata dalla firma sull’atto di compravendita – la casa nel Paese in provincia di Trapani e a ottanta chilometri da Palermo in cui Messina Denaro ha trascorso l’ultimo periodo della latitanza durata 30 anni. Dall’inchiesta coordinata dal procuratore di Palermo Maurizio de Lucia e dall’aggiunto Paolo Guido è emerso inoltre come il prestanome del boss mafioso gli abbia consegnato il proprio bancomat permettendogli di fare delle spese e comprare così la Giulietta Alfa Romeo sulla quale viaggiava. La macchina di cui aveva le chiavi il boss mafioso, acquistata un anno fa personalmente dal padrino in una concessionaria di Palermo e passata di proprietà tre volte in tre anni, formalmente era intestata alla madre di Bonafede. E sempre alla madre del geometra, una disabile di 87 anni, era intestata la Fiat 500 data in permuta per l’acquisto della Giulietta.


Uomo d’onore di riservata affiliazione

Per il gip Alfredo Montaldo, Bonafede – nipote del noto Bonafede Leonardo, «già ‘reggente’ proprio della ‘famiglia’ mafiosa di Campobello di Mazara che ha protetto, quanto meno negli ultimi anni, la latitanza dello stesso Messina Denaro Matteo» – ha fornito un supporto di primaria importanza per le «dinamiche criminose dell’associazione mafiosa della provincia di Trapani, avendo così consentito a Messina Denaro, non soltanto di mantenere la sua latitanza, ma soprattutto, anche mediante la sua presenza nel territorio, di continuare ad esercitare il ruolo direttivo dell’organizzazione mafiosa», si legge nella misura cautelare disposta su richiesta del pm della Dda Piero Padova. Per il gip, Bonafede sarebbe «un uomo d’onore» che ha però verosimilmente mantenuto riservata la sua affiliazione per precisa volontà dello stesso Messina Denaro.


Il gip: «Inverosimile la difesa di Bonafede»

Per il gip, Messina Denaro utilizzò l’identità di Bonafede già in occasione del primo intervento subito dallo stesso il 13 novembre 2020. «Messina Denaro ebbe a usare l’identità fornitagli da Bonafede (se non dal mese di luglio 2020 quando ebbe ad acquistare, a nome della madre ultraottantenne, un’auto vettura verosimilmente utilizzata dal Messina Denaro, come si ricava dalla circostanza che la stessa autovettura è stata successivamente data in permuta per l’acquisto di altra autovettura in questo caso sicuramente utilizzata dal Messina Denaro, che, infatti, era in possesso delle relative chiavi) certamente già in occasione del primo intervento chirurgico subito il 13 novembre 2020», si legge sempre nella misura cautelare. Risulta, dunque, smentito il raccolto fatto dallo stesso geometra secondo cui avrebbe incontrato l’ex latitante solo nel 2022. «Non è, inoltre, di certo minimamente credibile – prosegue il gip – che il latitante notoriamente più pericoloso e più ricercato d’Italia, che pure, come dimostrato dalle innumerevoli indagini di questi anni finalizzate alla sua cattura ha potuto sempre disporre di un’attentissima ed ampia cerchia di soggetti che gli hanno consentito di proseguire la sua latitanza e nel contempo le sua attività di direzione dell’associazione mafiosa cosa nostra quanto meno nell’intera provincia di Trapani, si sia ad un certo momento affidato ad un soggetto occasionalmente incontrato, non affiliato e che non vedeva da moltissimi anni, per coprire la sua identità, soprattutto nel momento in cui aveva necessità di entrare in contatto con strutture pubbliche sanitarie (con conseguente elevato rischio di essere individuato come in effetti è poi avvenuto il 16 gennaio 2023), oltre che per acquistare l’immobile ove per un periodo di almeno sei mesi e fino all’arresto ha poi dimorato», ha affermato il giudice secondo cui l’esperienza dell’arresto di Messina Denaro insegna «che i soggetti di vertice di tale organizzazione, per evidenti ragioni di sicurezza personale, tendono ad escludere dalla conoscenza del covo ove da latitanti si rifugiano persino la gran parte degli associati mafiosi, limitando, piuttosto, tale conoscenza ad una cerchia più ristretta e più fedele di coassociati».

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