La storia di Tara Roberts, tre volte madre surrogata: «Un business? Sì, quello di aiutare gli altri» – La videointervista

La 34enne racconta dall’Idaho negli Stati Uniti la sua esperienza di gestazione per altri: «Vivevo quella condizione più come una babysitter: sapevo che avrei dovuto occuparmi di lui o lei per 9 mesi e poi l’avrei restituito ai legittimi genitori»

Tara Roberts ha avuto 3 figli e 6 gravidanze. Di queste, tre sono state per conto d’altri: coppie di diverse nazionalità che, non potendo avere figli, si sono rivolte a un’agenzia specializzata in tecnologie riproduttive a Boise nell’Idaho, quella che viene definita la «capitale americana della maternità surrogata». Tara è nata 34 anni fa a Nampa, una cittadina non lontana dalla capitale, conosciuta negli Stati Uniti per il particolare odore dovuto alle coltivazioni di barbabietola da zucchero. Lì ha incontrato il padre dei suoi figli, il primo avuto a 18 anni, e iniziato – nel 2017 – il suo percorso nella gestazione d’altri: «Tutto è cominciato quando mia sorella credeva di non poter avere figli – racconta a Open via Zoom nella videointervista in alto -.  È lì che ho immaginato per la prima volta che avrei potuto farlo io per lei». Alla fine la sorella di figli ne ha avuti tre, ma il pensiero di «aiutare chi non riesce a mettere al mondo bambini» ha continuato ad accompagnarla. La donna, oggi consulente in un centro che si occupa proprio di GPA, non nasconde il valore economico del percorso: «In qualche modo è vero che è un business», spiega. Ma ci tiene a sottolineare che vale per molti lavori che hanno come obiettivo quello di aiutare gli altri: «Il medico o il poliziotto, per esempio». Né tantomeno si sottrae quando le chiediamo cosa si prova a consegnare nelle mani di altri una vita trasportata in grembo per nove mesi: «Vivevo quella condizione più come una babysitter: sapevo che avrei dovuto occuparmi di lui o lei per 9 mesi e poi l’avrei restituito ai legittimi genitori».


Tara Roberts durante la sua prima gestazione per altri

La gestazione per altri negli Stati Uniti

Gli Stati Uniti sono, insieme al Canada, l’unico Paese che consente in tutti gli Stati – a eccezione di Nebraska, Michigan e Louisiana – la gestazione per conto d’altri anche a uomini omosessuali non residenti nel Paese. Le norme sono in evoluzione e variano molto da Stato a Stato: la super liberal California e il conservatore Texas ad esempio sono uniti da una legislazione molto favorevole alla GPA, che non prevede alcun limite di status od orientamento sessuale degli aspiranti genitori. In Colorado e in Georgia non ci sono leggi specifiche che lo consentono ma le corti di giustizia tendono a riconoscere automaticamente i figli nati da surrogata come legati alla famiglia che ne ha fatto richiesta. Lo Stato di New York ha autorizzato la gpa solo nel 2021 dopo una lunga battaglia degli attivisti.


Dal contratto al certificato di nascita

Sebbene le regole cambino molto da Stato a Stato, ci sono alcune norme generali. «Le madri surrogate non hanno alcuno diritto parentale – ci spiega Kristen Hanson, co-fondatrice di Simple Surrogacy, agenzia basata in Texas -. Sottoscrivono un accordo per la gestazione per altri all’inizio del percorso: uno dei capisaldi dell’accordo è appunto che le gestanti non hanno alcun diritto sul nascituro». D’altronde, ricorda Hanson, i nascituri non hanno alcuna relazione genetica con la madre.

Una volta sottoscritto il contratto – che viene stipulato tra l’avvocato degli aspiranti genitori e quello della madre – la situazione potrebbe variare a seconda delle regole statali: «Il contratto – continua Hanson – deve essere validato da un giudice, che spesso emette un documento pre-nascita in cui si stabilisce che sul certificato di nascita dei bambini compariranno i nomi degli aspiranti genitori come genitori legali del nascituro». Il processo più comune di surrogata prevede che il certificato venga poi inviato agli ospedali. A differenza di quanto accade ad esempio con l’adozione in Italia, la maternità surrogata in America non è un “procedimento segreto”: i bambini hanno il diritto di conoscere l’identità della madre surrogata, la quale – ricorda Hanson – «molto spesso ha un ruolo definito nella vita familiare».

I costi

Il costo di una maternità surrogata negli Stati Uniti va dai 75mila ai 140mila dollari. Nel costo sono comprese le spese legali e quelle mediche. Il compenso per la madre varia a seconda degli Stati e degli accordi pre-nascita: per quelle che decidono e possono – in base alla legge dello Stato – ricevere un contributo economico il compenso medio è di 45 mila dollari. Anche se, come spiega Tara nell’intervista con Open, il contributo varia anche a seconda che la madre sia una “surrogata comprovata” oppure no. Nel primo caso, il compenso può aumentare significativamente.

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