Caso Uss, una gola profonda: «I servizi segreti italiani di solito preferivano fare evadere prigionieri di questo tipo per non decidere sull’estradizione»

A Open parla una fonte di alto livello che spiega la prassi davanti a casi come quello del figlio del governatore siberiano evaso dai domiciliari nel Milanese

Artem Uss potrebbe essere stato lasciato volontariamente fuggire dai servizi segreti italiani. Lo sostiene una fonte di alto livello consultata da Open. «La dottrina generale dei servizi», spiega la nostra gola profonda, «condivisa spesso dal ministero degli Esteri, è sempre stata: lasciamoli scappare perché altrimenti dovremmo decidere a chi darli. Siccome la dottrina è sempre stata questa, non ho provato alcuna meraviglia quando è scoppiato il caso Uss». Il figlio dell’oligarca russo Alexander, assai vicino a Putin , è evaso il 22 marzo scorso dagli arresti domiciliari che gli erano stati concessi nell’ex cascina Vione a Basiglio, in provincia di Milano ed ora quella fuga avvenuta con alcuni complici che lo hanno fatto passare dai Balcani per rientrare in Russia è sotto inchiesta della magistratura milanese. «Nel 2019 invece scoppiò la grana», spiega la gola profonda consultata da Open, «perché un cittadino russo- il magnate Andrey Smyshlyaev- era stato arrestato dall’Interpol nella sua villa sul lago di Como, e l’allora ministro della giustizia, Alfonso Bonafede, dovette decidere se consegnarlo ai russi che erano all’origine di quel mandato di cattura o agli americani che lo volevano interrogare. Fu consegnato ai russi dopo lungo tergiversare, e gli americani si infuriarono davvero con Bonafede».


Quello fu un caso isolato, continua la nostra fonte, «perché la dottrina dei servizi è sempre stata quella: mettiamolo ai domiciliari e facciamolo scappare, che la cosa finisce lì. Sicuramente ci prendiamo il vaffa, ma non dobbiamo prendere decisioni. Naturalmente dopo avere prima capito dagli americani se quella preda è irrinunciabile o meno. Se non lo è, il resto è solo copione scontato. Si è sempre proceduto così…». Intanto dall’inchiesta milanese si sono scoperti più di venti allarmi lanciati dal braccialetto elettronico di Artem Uss durante i tre mesi di domiciliari. Gli inquirenti sospettavano fossero prove generali dell’evasione sfuggite al controllo delle autorità che vigilavano sui domiciliari, ma questa tesi è stata smontata dai tecnici di Fastweb ascoltati dai magistrati: gli allarmi erano in realtà mancate connessioni, perché il wifi di casa Uss non funzionava un granché.


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