I primi sei mesi di Giorgia Meloni al governo: «900 mila persone pronte a sbarcare, l’Ue dia vita a un’operazione navale e aerea»

La premier fa il bilancio dei primi sei mesi a Palazzo Chigi: il Pnrr, il Mes, il Patto di Stabilità e l’Ucraina

A sei mesi dal giorno in cui Giorgia Meloni ha ricevuto dal presidente della Repubblica l’incarico di formare un nuovo governo la premier fa con il Foglio un bilancio dei primi 180 giorni a Palazzo Chigi. Nel colloquio con Claudio Cerasa Meloni esordisce sull’immigrazione: «Il problema della frontiera sud non è solo dell’Italia, ma dell’intera Europa. La situazione in Tunisia mi preoccupa ogni giorno che passa, ha bisogno di una risposta urgente, i servizi ci dicono che una potenziale ondata di 900 mila persone si prepara a sbarcare sulle coste dell’Europa». E quindi: «La nostra diplomazia è impegnata con determinazione in tutte le sedi diplomatiche. Va sbloccato il finanziamento di 1,9 miliardi del Fondo monetario internazionale alla Tunisia, devono muoversi l’Unione europea e la Banca mondiale».


L’immigrazione

Per Meloni «l’Unione europea ha dato una prima risposta alle nostre analisi e proposte: in soli due Consigli a Bruxelles, quello del 9 febbraio e quello del 23 marzo, siamo riusciti a far cambiare paradigma. Noi abbiamo chiuso l’era in cui l’Italia taceva: rivendichiamo il nostro ruolo attivo e chiediamo che anche gli altri stati costruiscano con noi una nuova politica migratoria europea». La premier rilancia anche sul blocco navale, presente nel programma di FdI: «L’Ue deve dar vita a un’operazione navale e aerea per la sorveglianza del Mediterraneo centrale e orientale e il contrasto dei trafficanti di esseri umani, in stretto coordinamento e appoggio con i paesi di partenza, che a loro volta devono essere dotati di tutti i mezzi necessari per stroncare la tratta». A cui bisogna accompagnare investimenti economici nel continente africano e una presenza capillare in formazione, istruzione e ricerca per i giovani.


Il Recovery Plan

Sul Pnrr la premier non rinuncia alla polemica: «Lo abbiamo ereditato dai precedenti governi e il tentativo di mettere sulle spalle del mio esecutivo il peso di scelte sbagliate e ritardi ha il flato corto. Gli italiani sanno benissimo come stanno le cose». Il Recovery plan ha bisogno «di una correzione di rotta: difetta di pragmatismo e per calarlo nella realtà italiana (come in quella di altri stati) servono determinazione e calma, velocità e ponderazione. Una cosa è scriverlo (in qualche parte, male) a tavolino, un’altra è realizzare i progetti. Alla fine, la realtà bussa alla porta e ora a Palazzo Chigi c’è un governo che non ha usato quell’inchiostro e avrebbe fatto ben altro. L’abbiamo ereditato, ci impegneremo al massimo per gli italiani». Sul Mes invece «il negoziato è in corso e mi pare evidente che alcuni strumenti dell’Unione europea vadano aggiornati alla luce del nuovo scenario geopolitico».

Il Mes e il Patto di Stabilità

E sullo strumento di salvataggio degli Stati da approvare Meloni tiene il punto: «Questa è la linea del mio governo. Far proprio uno strumento obsoleto non mi pare un’operazione lungimirante. Sono cose che condividono anche altri stati che hanno ratificato il Mes. Per l’Italia è una questione di obiettivi, di merito e sostanza, non di forma». Mentre il Patto di Stabilità « deve essere dinamico, flessibile, dare la possibilità di liberare il potenziale di ogni nazione in un mercato unico europeo che, tra l’altro, non può sopravvivere agli attuali squilibri fiscali». La delega fiscale invece «è uno strumento di entrata in un mondo nuovo, l’obiettivo è talmente semplice da apparire rivoluzionario: dare al fisco una dimensione di equità e certezza».

Il presidenzialismo e l’Ucraina

Poi c’è il presidenzialismo: «La democrazia italiana può divenire ancora più forte e solida attraverso una riforma in senso presidenziale dello stato. Con due obiettivi: maggiore stabilità di governo e rapporto diretto tra elettori e capo dell’esecutivo. Su questi presupposti sono disponibile a ogni ipotesi. Una riforma che io considero fondamentale e che può rappresentare anche una potente misura di sviluppo economico. Avere istituzioni più stabili ed efficienti significa poter godere di una maggiore affidabilità a livello internazionale e riuscire a concentrare le energie su grandi obiettivi strategici e di lungo termine». Sull’Ucraina Meloni dice che nel conflitto con la Russia «è in gioco non un’astratta libertà, ma quella dell’Europa, i nostri confini materiali e ideali sono minacciati dalla guerra d’aggressione della Russia». Poi cita Churchill: «Diceva che `chi vive nella libertà ha un buon motivo per vivere, combattere e morire’. Questo è il tempo di ricordare le sue parole, servono a comprendere le ragioni profonde della fiera resistenza dell’Ucraina. Sono anche le nostre».

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