Il #metoo della pubblicità: «Quando ero stagista un collega famoso mi assalì dentro l’auto»

Giulia Segalla denuncia le molestie subite 12 anni fa

Giulia Segalla nel 2011 denunciò in forma anonima di aver subito molestie da parte di un pubblicitario. Si tratta di un ideatore di campagne molto riuscite di cui si parla molto sui social in questi giorni. All’epoca aveva 20 anni. Oggi ne ha 33. E in un’intervista a la Repubblica racconta quello che le è accaduto: «Ero una stagista, da poco arrivata a Milano. Una sera decisi di partecipare a un evento di lavoro, lo promossi sui miei social. Questa persona mi contattò per farmi sapere che ci sarebbe stato anche lui, era molto affermato in un ambiente in cui io mi stavo inserendo. Alla fine dell’evento si offrì di accompagnarmi a casa, io mi ero già organizzata con i mezzi ma lui ha insistito. E io ho accettato, pensando di potermi fidare di un uomo di 50 anni che poteva essere mio padre».


«Ti aiuto a fare carriera»

Ma poi, racconta nel colloquio con Ilaria Carra, la storia prende una piega differente: «Mentre eravamo in auto a un certo punto si è fermato in una zona isolata, io non avevo capito. In un attimo me lo sono trovato addosso, ha tentato diversi approcci sessuali. Io ho subito detto di no, che non ero interessata. Ma ero in trappola, sono stata per ore in auto. O uscivo fuori in mezzo ai campi, al buio, o restavo in auto cercando di resistere alle sue avances prendendolo per sfinimento. Ho scelto la seconda strada, per istinto di sopravvivenza. Dopo ore è ripartito e mi ha riaccompagnata verso casa». Segalla sostiene che lui le disse che se ci fosse stata l’avrebbe aiutata a fare carriera nel suo campo. E che successivamente la persona l’ha cercata per convincerla delle sue buone intenzioni.


L’indifferenza dei colleghi

Lei ha raccontato tutto al suo capo dell’epoca, il pubblicitario Massimo Guastini. «È stato lui a prendere la situazione in mano, a denunciare sui social la questione, senza fare il mio nome per proteggermi. Tutti nell’ambiente ne parlavano, anche con un certo sdegno». Non ha ricevuto solidarietà dal suo mondo, però. «Ho retto un anno, poi il peso di questa situazione mi ha portato a non sostenerla più e a cambiare città. Avevo paura di trovarmelo dappertutto. Da allora fatico a fidarmi delle persone, anche se mi veniva naturale. Quest’anno sono stata invitata a un evento in cui sapevo ci sarebbe potuto essere anche lui, e solo l’idea di doverlo incontrare mi fa stare male».

La mancata denuncia

Dice di non aver denunciato perché aveva «paura di essere esclusa dal contesto professionale, di essere messa alla gogna, di ritorsioni. Mi muovevo in un contesto malsano di cui solo ora stanno emergendo i contorni. E il contesto socioculturale attorno a me non mi ha supportata. Anche se tuttora continuo ad avere paura, so che devo dire tutta la verità». Adesso lavora lontano da Milano: «C’è molta omertà nelle agenzie pubblicitarie, anche se non credo sia un problema solo di questo settore. Ci ho messo tempo per elaborare l’accaduto, ma ancora oggi quando ne parlo mi sento in pericolo».

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