Chi pagherà le operazioni di salvataggio del sommergibile Titan

Al momento non c’è una cifra esatta, ma in caso di recupero potrebbe costare «milioni di dollari»

All’interno del sommergibile Titan dovrebbe essere ormai finito l’ossigeno. Non si conosce ancora l’esatta posizione del mezzo, per questo motivo non era stata ancora inviato il sistema utile per l’effettivo recupero sottomarino, noto come FADOSS, che comunque avrebbe richiesto circa 24 ore di lavoro no-stop per compiere l’operazione. Ciò che sappiamo è che le autorità americane, così come quelle canadesi e francesi, hanno dispiegato mezzi e risorse importanti per quella che viene ormai descritta una «mission impossible». Secondo Chris Boyer, direttore della no profit “National Association for Search and Rescue“, il costo complessivo della missione di salvataggio potrebbe essere di milioni di dollari, ma a carico di chi? La questione è complessa, tutto dipende dalle operazioni messe in atto.


Per quanto riguarda il lato americano, l’ex guardia costiera Aaron Davenport sostiene che la missione di ricerca non dovrebbe comportare dei costi aggiuntivi esorbitanti in quanto le imbarcazioni «erano già di pattuglia». Anche secondo l’ex capitano della Marina David Marquet le spese più consistenti sono quelle dovute dallo Stato agli enti privati per quei servizi che le autorità non possono coprire. Al momento, il costo delle attività statunitensi di questi giorni sarà a carico dei contribuenti americani come per tutte le altre operazioni di salvataggio, come spiegato dal Washington Post interpellando l’ex ammiraglio in pensione della Guardia Costiera Paul Zukunft. Ci sarebbe tuttavia un tempo limite, quello delle famose 96 ore di ossigeno all’interno del Titan: una volta scadute, sarà la società OceanGate a decidere come proseguire, ma a sue spese.


Paul Zukunft non esclude che dopo questo episodio qualcosa possa cambiare a livello legislativo, come era accaduto nello Stato del New Hampshire dove nel 2008 venne approvata una legge per richiedere il pagamento dei soccorsi nel caso le autorità ritenessero negligente la persona o le persone salvate. Dal sito della OceanGate non sono presenti informazioni in merito a polizze assicurative per i passeggeri a bordo della Titan, così come non si conoscono le condizioni contrattuali firmate dai loro clienti per il servizio. L’unico elemento presente nel sito riguarda un generico “Travel or personal insurance” tipico dei classici viaggi turistici. Altre società che gestiscono spedizioni avventurose, come la Abercrombie & Kent e Black Tomato, chiederebbero ai propri clienti polizze assicurative che però non riuscirebbero a coprire i costi che potrebbero portare al salvataggio degli uomini a bordo della Titan.

Considerando che il salvataggio, se mai avrà luogo, potrebbe costare milioni di dollari, in molti potrebbero storcere il naso nel diverso trattamento rivolto a salvare delle vite negli Stati Uniti. La famiglia della freelance Emine Yilmaz Ozsoy, spinta da un uomo nei binari della metropolitana di New York, dovranno sostenere somme considerevoli a sei cifre per le spese mediche. Nel frattempo, diversi account italiani criticano il diverso trattamento rivolto nei confronti di cinque uomini ricchi a bordo della Titan rispetto a quello di persone disperate «in fuga da governi autoritari, guerre, fame e povertà», un riferimento evidente al recente naufragio dei migranti in Grecia.

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