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Nomi da bambini ai cani, Roccella: «Mie parole strumentalizzate. Mi colpisce la solitudine crescente della nostra società»

30 Giugno 2023 - 23:59 Redazione
La ministra aveva dichiarato, riferendosi a chi chiama gli animali domestici con nomi di persone: «Così trasferiscono il bisogno di avere figli»

Dopo le polemiche scatenate dalle sue dichiarazioni su chi dà nomi da bambini ai cani, la ministra della Famiglia Eugenia Roccella torna sull’argomento per chiarire meglio la sua posizione. Lo fa in un post condiviso sui social, in cui esordisce scrivendo: «Girando per il web, il mio nuovo obiettivo sembrerebbe essere la rivolta contro i nomi umani ai cani e ai gatti. Che fare? Riderci su? Prendiamola come un’occasione per dire cosa penso davvero». E dunque, prosegue: «Amo i cani e i gatti, ne ho sempre avuti e tuttora a casa mia vivono un cagnolino zoppo salvato dalla strada, che si chiama Spock, e tre gatti dai nomi simil-umani: Donald (perché è rosso col ciuffo come Trump) Oliver, Colette». Fin qui, a suo avviso, nulla di strano.

Ma il problema è insorto in lei di recente, spiega, quando «al parco mi sono girata di scatto al grido “Eugenio!” ed era un cane, seguito dall’invocazione “Gianmaria!” per un altro cane». Invocazioni che l’hanno portata a rendersi conto «plasticamente di una cosa che percepisco da tempo». Ovvero: «C’è nelle persone un gran bisogno di compagnia, di affettività, di calore familiare. Un bisogno che in una società sempre più atomizzata, in un mondo di crescenti solitudini, spesso viene riversato in via esclusiva su questi animaletti, come ha osservato prima e ben più autorevolmente di me Papa Francesco». Il riferimento è ad alcune dichiarazioni del pontefice, rese nel corso di un convegno con Giorgia Meloni, che avevano scatenato dure polemiche dal mondo animalista. «Ciò che mi colpisce – aggiunge Roccella – non è l’amore, che io per prima provo per loro. Non è il bisogno, che trovo profondamente umano». «È proprio questa esclusività – conclude -, mentre io vorrei una società in cui i cani e i gatti sono affetti di casa ma in case più vive e popolate di persone. Non sarebbe stato difficile capirlo, se solo non si fosse animati dalla volontà di equivocare tutto a tutti i costi. E ora via alla prossima strumentalizzazione, che già immagino».

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