«Non farò la fine di Berlusconi»: così Giorgia Meloni è pronta a sostituire Daniela Santanchè

La ministra via in caso di richiesta di rinvia a giudizio. Il caso Delmastro e la guerra ai magistrati

La premier Giorgia Meloni è pronta a sostituire Daniela Santanchè. E a respingere gli «attacchi» dei magistrati. Accusati di voler «fare opposizione al governo». E mentre la ministra scopre che tra gli indagati ci sono anche il compagno Dimitri Kunz e la sorella Fiorella Garnero, la premier dice: «Non farò la fine di Berlusconi». Dettando la linea a Fratelli d’Italia: non rinunceremo alla delega al turismo. Nel caso la prenderebbe lei stessa. Ma soltanto in caso di avviso di conclusione indagini e richiesta di rinvio a giudizio. E nella maggioranza c’è chi ricorda che i casi sono usciti dopo che il ministro Carlo Nordio ha presentato la sua riforma della giustizia. Che contiene anche la separazione delle carriere dei magistrati. E storicamente ci sono precedenti inquietanti. Come il caso Mastella all’epoca del governo di Romano Prodi.


Le dimissioni

Le dimissioni di Daniela Santanchè sono quindi ben più che un’ipotesi. D’altro canto Meloni aveva già spiegato ai suoi che sarebbero arrivate in caso di recrudescenza sulle questioni di Visibilia e Ki Group. All’epoca però sembrava invece pronta ad attendere il rinvio a giudizio. E quindi la decisione di un Gip e non quella di un pubblico ministero. Adesso il caso politico rischia la deflagrazione. Anche perché Santanchè «ha combinato un pasticcio pur avendo a disposizione sei avvocati», come sostenevano ieri fonti di maggioranza. Ora, spiega un retroscena di Repubblica, è il momento dell’azione. Che prevede l’alzata di scudi contro la magistratura. Colpevole di indagare sui suoi ministri. Magari perché Nordio vuole stringere il bavaglio sulle intercettazioni. Per questo la premier dice che non farà la fine di Berlusconi. Se all’epoca il premier, fermato da Giulia Bongiorno (oggi parlamentare della Lega), non bloccò gli ascolti, lei non farà lo stesso errore.


Santanchè e Delmastro

Ma i casi Santanchè e Delmastro (ieri il Gip ha disposto per lui l’imputazione coatta, il pm aveva chiesto l’archiviazione) scottano. Soprattutto la ministra che ha giurato sul suo onore di non essere indagata. Beccandosi poi a stretto giro di posta la smentita della procura. Meloni non ha nemmeno gradito la cosiddetta difesa nel merito della ministra. Che ha professato la sua estraneità nei confronti di Visibilia e Ki Group. Anche se le carte e le cariche dei consigli di amministrazione la smentiscono. Sul caso la linea di FdI prevede di non cedere da subito la delega. Perché il partito conta molto sul bacino di voti del turismo. E per la successione immediata si pensa a Gianluca Caramanna. Poi la carica potrebbe andare a un uomo di Forza Italia.

La dichiarazione di guerra

Interpellate dall’Adnkronos, fonti vicinissime alla premier avevano rigettato l’ipotesi dell’addio di Delmastro: «Non scherziamo, non se ne parla». Il sottosegretario «resta dov’è, le dimissioni non gli sono state chieste né lo saranno». Delmastro, dal canto suo, si dice ottimista: «Sono fiducioso che la vicenda si concluderà positivamente, convinto che alcun segreto sia stato violato, sia sotto il profilo oggettivo che sotto il profilo soggettivo». Mentre tace, almeno per ora, Donzelli sul suo compagno di stanza a Roma. Da qui la decisione di rispondere a gamba tesa: «Non ci lasciamo intimorire, il messaggio deve essere chiaro», dice un ministro all’agenzia di stampa allontanandosi dal Cdm.

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