Roma, la ragazzina costretta a lasciare la scuola per i bulli: «La chiamavano cotoletta di m…»
Una studentessa di Milano è scappata dalla Rome International School di via della Farnesina. Perché cinque suoi compagni la bullizzavano per le sue origine. E perché aveva lasciato uno dei ragazzini più ambiti della compagnia scolastica. Per quattro mesi, quando l’alunna entrava in classe, uno di loro esclamava: «C’è puzza di merda, apriamo le finestre». Oppure il classico coro «Un solo grido, un solo allarme, Milano in fiamme». Mentre un altro soprannome era quello di «cotoletta». Di solito seguito dal consiglio: «Tornatene in quel posto di merda». Secondo quanto hanno denunciato i genitori la scuola non ha mosso un dito. La ragazza ha 14 anni. E l’istituto ha scritto in una relazione che quelle cantate erano solo «canzoni da stadio». Invece la madre della ragazza dice che lei era arrivata al punto di volersi suicidare.
Daniel Jones, Chief education officer e garante del protocollo scolastico, dice oggi all’edizione romana di Repubblica: «C’è un iter che si segue quando i genitori riferiscono lamentele alla scuola, ed è di tre livelli. Si sentono la famiglia, gli studenti, si coinvolgono i presidi e anche altri professionisti. Noi siamo al terzo livello richiesto dai genitori alla metà di luglio. Valuteremo le azioni alla fine del procedimento e dobbiamo aspettare settembre». Ma la famiglia della ragazza non è d’accordo: «L’indagine si è basata su domande agli studenti di questo tipo: “Hai detto qualcosa a Rita?”. Dodici su 32 hanno detto che c’erano stati atti di bullismo, 9 hanno negato, gli altri non si sa», spiega la mamma. «I fatti ci sono stati, semplicemente a scuola non hanno proceduto come dovevano. L’ultimo report è stato vergognoso e scritto dal preside nell’ultimo giorno di scuola, nell’ultima ora».
La scuola privata fa pagare una retta di 25 mila euro l’anno. E la ragazza sarebbe la terza in fuga quest’anno, per gli stessi motivi. «Di certo un altro ragazzino è andato via. Anche lui bullizzato da almeno due dei cinque che perseguitavano mia figlia», aggiunge la madre. La figlia ora è in un’altra città in Lombardia: «Andiamo via sconfitti. A Milano mi aspetto persone che almeno non potranno tacciarci di avere un accento diverso dal loro».
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