Calenda e Sallusti gli attacchi paralleli contro gli Agnelli che «si buttano a sinistra» – Il video

Il direttore del Giornale li esorta a tornare in Italia. Il leader di Azione parla di populismo sindacale e giornali di sinistra

Alessandro Sallusti all’attacco degli Agnelli. Il direttore de Il Giornale se la prende con gli editori del Gruppo Gedi (la Repubblica e La Stampa) a Stasera Italia da Nicola Porro. E le parole del giornalista assumono più valore se si pensa al libro che ha appena scritto insieme a Giorgia Meloni. Ma anche Carlo Calenda di Azione se la prende con il “populismo giornalistico” stamattina su X, fu Twitter. Sallusti dice che «ci sono due giornali che hanno una proprietà precisa e che se la prendono con il governo». Aggiunge che la famiglia Agnelli ha sempre avuto un peso politico in questo paese. «Sono dei ricchi signori che hanno trasferito le loro proprietà all’estero e scatenano i loro giornali per far credere agli italiani che il paese sta crollando». Poi l’esortazione: «Tornino in Italia a dare il loro contributo al paese invece di stare in Svizzera e in Olanda».


Il leader di Azione

Calenda invece usa l’ex Twitter per il suo attacco: «C’è in Italia un’alleanza tra populismo sindacale e populismo politico – coperto da giornali di sinistra ma solo quando essere di sinistra non tocca gli interessi del loro editore – che impedisce di affrontare seriamente i processi di trasformazione industriale. Non è problema di oggi. Ma è un problema che oggi sta esplodendo ovunque. Chiudere gli occhi e far finta di nulla non aiuterà le imprese, i lavoratori e il paese. Le dichiarazioni entusiaste sull’acciaio green di Stato (Zingaretti); le finte cordate italiane per Alitalia; le garanzie date al buio agli Elkann per pagarsi i dividendi (ConteGualtieri); l’incapacità di esercitare la golden power non per proibire ma per regolare le cessioni. Tutto questo è indice di incompetenza, pressappochismo e debolezza della politica e di una parte del sindacato. E basta guardare la traiettoria di carriera personale dei leader sindacali – che finiscono regolarmente nelle liste elettorali del PD – per comprendere quanta poca indipendenza dalla politica sia rimasta nelle organizzazioni dei lavoratori».


La sfuriata

E conclude: «È tempo di dire le cose come stanno per quanto spiacevoli possano essere. Andare alla Marelli senza dire una parola su la desertificazione dell’ automotive ma chiedendo solo un generico “intervento del governo” e senza affrontare la questione della fuga dall’Italia e dai fornitori italiani di Stellantis, come fatto dalla Schlein ieri è un comodo alibi. I grandi paesi non lavorano così. E accanto a una politica energetica, industriale (4.0) e di formazione e ricerca per le imprese, esiste la necessità di un confronto con i grandi gruppi senza timori o complessi di inferiorità; che posseggano o meno dei giornali o delle TV. Lo dobbiamo ai lavoratori e ai cittadini».

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