Il turista che ha vandalizzato il Colosseo vuole ripagare il danno, ma non trova l’Iban. Il Parco replica: «Abbiamo risposto alla mail e fornito i dati necessari»

La protesta dell’avvocato che assiste il 27enne contro il Comune di Roma, che non avrebbe fornito gli estremi per fare il bonifico

La regola è che chi rompe paga, ma va da sé che per farlo deve avere un indirizzo Iban, altrimenti si può arrivare a conclusioni paradossali. Come quelle denunciate da Il Messaggero in merito alla vicenda di Ivan Danailov Dimitrov, l’inglese 27enne di origini bulgare che il 23 giugno scorso ha inciso con una chiave su uno dei muri del Colosseo il suo nome e quello della fidanzata. Adesso il giovane ha intenzione di riparare al danno, ma c’è un problema: l’amministrazione capitolina ha omesso di indicare gli estremi su cui dovrebbe effettuare il bonifico.


La vicenda

«Ivan + Hailey 23»: una scritta che sarebbe anche romantica, ma che se incisa su un monumento certificato dall’UNESCO come Patrimonio dell’Umanità si qualifica come danneggiamento di beni culturali. Dopo l’atto vandalico, il giovane aveva fatto ritorno in Inghilterra: i carabinieri lo hanno rintracciato a Londra, comunicandogli le accuse. Il giovane turista ha dunque inviato una lettera di scuse al sindaco Roberto Gualtieri e alla Procura capitolina, in cui sostiene di aver «appreso dell’antichità del monumento» solo in seguito «a quanto incresciosamente accaduto». Per ripristinare il laterizio ottocentesco sfregiato, si apprende dalla relazione sottoscritta il 26 giugno scorso dall’architetto Barbara Nazzaro (funzionario del Parco Archeologico del Colosseo), occorrono due giorni di lavoro da parte di un restauratore di livello alto, oltre al noleggio di attrezzature e all’acquisto di materiali, per un totale di 965 euro (più Iva). Somma che Dimitrov si dichiara ben disposto a pagare, per ottenere la sospensione condizionale della pena.


Il giallo sull’Iban

Se non fosse che dopo circa tre mesi e varie mail di sollecito della Procura e dell’avvocato difensore, ancora non sia stato fornito un Iban al quale l’indagato possa versare la somma. Ad oggi, ancora non ha ottenuto risposte. Dure le parole dell’avvocato Alexandro Maria Tirelli, che difende Dimitrov insieme alla collega Maria Valentina Miceli: «Insieme al magistrato ci siamo dovuti scontrare contro la burocrazia della pubblica amministrazione, degna di un Paese centro-africano degli anni 80 e che andrebbe ridimensionata dalla politica. Trovo assurdo che la legge imponga una condizione per la concessione della sospensione della pena e la pubblica amministrazione, di fatto, impedisca di realizzarla». Il Parco Archeologico ha fatto sapere a Il Messaggero che domani stesso la dirigente dell’ufficio Bilancio e pagamenti del ministero dei Beni culturali si attiverà per risolvere questo impasse.

La risposta del Parco

Il Parco archeologico del Colosseo precisa in una nota di essersi tempestivamente attivato subito dopo aver ricevuto la richiesta. «Nel merito si precisa che, dopo aver effettuato tempestivamente la propria denuncia al Comando Carabinieri Piazza Venezia, il Parco archeologico del Colosseo non ha più ricevuto alcuna comunicazione ufficiale relativamente al procedimento penale da parte dell’Autorità giudiziaria, né dagli organi di polizia delegati. Nello specifico nessuna richiesta è pervenuta dalla Polizia locale di Roma Capitale, che, secondo quanto riferito dagli organi di stampa, sarebbe stata delegata ad acquisire l’Iban dello stesso Parco. Solo in data 3 ottobre, infatti, veniva recapitata per la prima volta dopo tanti mesi, una mail, peraltro non all’indirizzo ufficiale del Parco, contenente la richiesta dell’avvocato Maria Valentina Miceli di poter acquisire l’IBAN del Parco archeologico del Colosseo, al fine di consentire all’assistito di definire la sua posizione processuale attraverso il pagamento dell’importo relativo alle spese di ripristino».

Lunedì 9 ottobre il Parco archeologico del Colosseo «ha provveduto a tramettere tutte le informazioni necessarie al buon esito della transazione a soli tre giorni lavorativi dalla richiesta informale». Nel merito, si evidenzia che il Parco archeologico del Colosseo, ribadendo il proprio impegno nel preservare il patrimonio culturale, «ha da sempre attivato una massima e tempestiva collaborazione con l’Autorità giudiziaria e con le forze di polizia al fine di contrastare e reprimere qualsiasi atto contro il patrimonio culturale e di garantire che chi arreca danni debba rispondere in prima persona della sua condotta».

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