Il giallo della regina del noir scandinavo Camilla Lackberg: i sospetti sui libri di successo scritti da altri

L’inchiesta di una testata svedese ha rivelato alcune somiglianze con lo stile di un collega suo editore. Lei smentisce: «Mi ha aiutato a scrivere in un modo nuovo»

Un giallo per la regina dei gialli nordici, bestseller svedese famosa in tutto il mondo per i delitti di Fjällbacka: Camilla Läckberg. Questa volta però non si trova dal lato della penna, ma è la protagonista di un romanzo ancora da scrivere. Secondo un’inchiesta della testata Kvartal la scrittrice avrebbe usato un ghostwriter per alcuni suoi romanzi: Donne che non perdonano (2018), La gabbia dorata (2019) e Ali d’argento (2020). Secondo Lapo Lappin, autore dell’articolo pubblicato, i sospetti cadrebbero su un altro giallista famoso che è stato anche editor di Läckberg, Pascal Engman. L’autrice ha smentito però le indiscrezioni facendo riferimento a una semplice collaborazione che non è andata oltre nel lavoro di scrittura: «Ho più volte elogiato apertamente e pubblicamente Pascal per avermi aiutato a scrivere in un modo nuovo per me».


L’inchiesta della testata svedese

Il giornalista Lappin ha analizzato i romanzi di Läckberg attraverso uno strumento a cui si danno in pasto diversi modelli di scrittura. Questa macchina “stilografica” conteggia le parole più comuni in un testo, ne astrae un modello statistico e poi realizza un diagramma su cui dispone i risultati ottenuti. Secondo lo strumento, tutti i gialli che rientrano nella serie “I delitti di Fjällbacka” sono usciti dalla penna dell’autrice. Invece, per quanto riguarda la serie di vendetta “Faye”, che tratta di una casalinga vittima degli abusi del marito poi diventata una donna di successo, l’analisi ha riscontrato delle discordanze dalle tracce comuni rinvenute nelle storie dei detective-coniugi Erica Falck e Patrik Hedström. Per questo i romanzi La gabbia dorata e Ali d’argento sono stati posizionati in un punto diverso del diagramma. A questo punto Lappin ha poi inserito lo stile rintracciato in questi romanzi in un’altra macchina di linguistica forense, il tool Jgaap (Java Graphical Autorship Attribution Program). Il Jgaap, alimentato dall’intelligenza artificiale, nel 2013 aveva scoperto che dietro Robert Galbraith e del libro Il richiamo del cuculo, ci fosse J.K. Rowling. Lo strumento ha riscontrato una somiglianza marcata con la produzione dello scrittore Pascal Engman che è stato anche editor di Läckberg nella casa editrice Forum. Inoltre, il Jgaap ha riconosciuto Engman come unico autore di un altro romanzo breve della scrittrice, Donne che non perdonano. Così nel suo articolo il giornalista si è lanciato in un’ipotesi che ha scosso il mondo editoriale svedese e non solo: «La conclusione generale dell’analisi dei dati favorisce fortemente la teoria del ghostwriter».


Le reazioni

Läckberg non è nuova a queste accuse. Già nel 2021 voci del genere erano circolate dopo la pubblicazione del libro Ghostwriter di Håkan Lindgren, dove una regina del crimine delegava la scrittura delle sue opere a un altro scrittore. Il riferimento non tanto velato aveva subito raccolto la smentita dell’autrice che su Engman e il rapporto professionale tra i due aveva glissato: «È il mio editor e niente di più». Dopo l’articolo di Lappin, la scrittrice è ritornata sulle critiche con un post su Instagram: «Per 20 anni ho vissuto in due mondi. Un mondo all’estero, dove i miei libri sono spesso lodati, anche in contesti di alto livello. E un mondo in Svezia, dove vengo costantemente preso di mira da “persone di cultura” che vogliono dire quanto scrivo male. Dicono che non sono una “stilista” abbastanza brava e quindi implicitamente non merito il mio successo e così tanti lettori. I lettori hanno semplicemente torto. Secondo loro. Il mio linguaggio è troppo semplice, troppo colloquiale. Secondo loro. Ciò che sfugge loro in questa equazione è che uno scrittore dovrebbe essere prima di tutto un NARRATORE! Ed è qui che risiede la mia forza. Sono una narratrice, non una stilista. E non ho mai sostenuto il contrario. Il mio linguaggio quotidiano è un buon veicolo per le mie storie. Non ho mai avuto l’ambizione di vincere il Premio Nobel». Parole che non hanno confutato in maniera decisa le analisi di Lappin ma che riflettono l’insofferenza della scrittrice per come è descritta dal panorama specialistico della letteratura scandinava. Läckberg ha sempre riconosciuto il lavoro svolto con Engman: «Ho più volte elogiato apertamente e pubblicamente Pascal per avermi aiutato a scrivere in un modo nuovo per me. Non è assolutamente un segreto. E ovviamente ci sono riuscita molto bene». Lo stesso scrittore ha confermato le parole della collega. All’ipotesi che lo vede come ghostwriter ha infatti risposto: «No, non l’ho fatto. Né per Camilla né per nessun altro. Mi sentirei piuttosto offeso se qualcuno affermasse di aver scritto i miei libri. Ho visto la sua scrittura da vicino. È un po’ irreale».

Credits photo: EPA/Toni Albir I Camilla Läckberg

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