La Striscia di Gaza è al buio: spenta l’unica centrale elettrica. Nove membri dello staff Onu morti nei raid aerei israeliani

Israele ha promesso un’«offensiva totale» già dalle prossime ore: già 12mila gli edifici colpiti. E nel frattempo 2 milioni di persone restano intrappolate senza rifornimenti e vie di fuga

Mentre Israele si prepara a lanciare un’«offensiva totale» contro Hamas, nella Striscia di Gaza la situazione è già drammatica. L’ultimo bilancio del ministero della Sanità parla di 1055 morti e 5184 feriti, di cui il 60% è rappresentato da bambini e anziani. Tra le vittime ci sono anche nove membri dello staff dell’Unrwa, l’agenzia delle Nazioni Unite che si occupa dei rifugiati palestinesi. Ad annunciarlo è la stessa agenzia Onu, che su X aggiunge: «La protezione dei civili è fondamentale, anche in tempi di conflitto. I civili dovrebbero essere protetti in conformità con le leggi di guerra». Alle vittime si sommano poi i danni infrastrutturali. Le stime delle autorità palestinesi parlano di oltre mille unità abitative distrutte e 12mila gravemente danneggiate. Tra queste si contano anche 7 ospedali, 48 scuole e 10 strutture sanitarie. In mattinata l’esercito israeliano ha fatto sapere di aver bombardato anche l’Università islamica a Gaza, che secondo gli israeliani «veniva usata come centro di addestramento per operativi militari dell’intelligence e per lo sviluppo della produzione di armi». I massicci bombardamenti aerei sono andati avanti per tutta la notte e hanno distrutto anche la casa di Mohammed Deif, lo stratega dell’assalto di Hamas dei giorni scorsi. Nell’attacco sono morti suoi fratelli e altri membri della famiglia, compresi il figlio e la nipote. Altri parenti di Deif sarebbero rimasti intrappolati tra le rovine dell’edificio.


L’allarme di un medico MSF: «Gli ospedali di Gaza hanno pochi giorni di autonomia»

Il dottor Justin Dalby, che lavora a Gaza da sei mesi con l’organizzazione umanitaria Medici senza frontiere, ha raccontato alla BBC che c’è «una violenza costante» e «la distruzione continua ovunque… giorno e notte». Dice che gli ospedali sono sovraccarichi: «Arrivano molti più pazienti… il numero di feriti è assolutamente immenso. C’è un numero enorme di pazienti – bambini, donne, uomini – ovunque». Dalby afferma che i rifornimenti sono un problema enorme, poiché gli ospedali erano già cronicamente sotto organico e l’accesso alle forniture mediche e al personale è urgente. Ma il bisogno più urgente è il carburante. L’unica centrale elettrica di Gaza si è spenta oggi a causa dell’esaurimento del carburante, dopo che Israele ha interrotto le forniture di elettricità, carburante, cibo, beni e acqua al territorio. Molti degli ospedali di Gaza si affidano al diesel per far funzionare i loro generatori e a molti di essi «restano solo pochi giorni», afferma Dalby. «Se si toglie l’elettricità a un ospedale, significa che le luci si spengono, le apparecchiature di monitoraggio, la somministrazione di ossigeno, i ventilatori meccanici, le sale operatorie e le apparecchiature chirurgiche che richiedono l’elettricità non saranno più in grado di funzionare», aggiunge.


Il blocco di Israele

Oltre ai continui bombardamenti aerei da parte dell’esercito israeliano – una rappresaglia dopo il massiccio attacco sferrato da Hamas lo scorso 7 ottobre – ci sono poi le conseguenze dei tagli ai rifornimenti di energia elettrica, acqua, gas. Dalle 14.30 di oggi, mercoledì 11 ottobre, Gaza è al buio. Jalal Ismail, dell’Autorità per l’energia, ha spiegato che l’unica centrale elettrica attiva ha esaurito il carburante rimasto e ha smesso di funzionare. Anche questa è una delle conseguenze del blocco totale imposto dallo Stato israeliano.

Gli aiuti umanitari

Nei giorni scorsi la situazione ha fatto levare i primi campanelli d’allarme anche tra i banchi delle Nazioni Unite e dell’Unione europea. La posizione di Bruxelles in merito è piuttosto chiara: «Israele ha il diritto di difendersi, ma deve agire nel rispetto del diritto internazionale e del diritto umanitario», ha tuonato ieri l’Alto Rappresentante Ue per la Politica Estera Josep Borrell. Il timore è quello di dover assistere a una tragedia umanitaria, con il blocco imposto da Israele che costringe 2 milioni di persone a vivere in condizioni disumane. Da qui la decisione dell’Unione europea (e non solo) di non sospendere gli aiuti umanitari per il popolo palestinese. «I civili di Gaza vivono un’impotenza difficile da descrivere e sono destinati a rimanere lì, sperando che la bomba successiva non cada sulla loro casa, ma di lato, e non li uccida», ha denunciato oggi Fabrizio Carboni, della Croce Rossa Internazionale, in un’intervista a La Stampa.

I corridoi di fuga bloccati

Uno degli altri problemi per gli abitanti di Gaza riguarda le vie di fuga. Dopo l’intensificarsi degli attacchi da parte di Israele, i civili non sanno più dove cercare riparo, con l’unico valico di uscita – quello di Rafah con l’Egitto – che è stato chiuso a causa di alcuni bombardamenti. Secondo l’emittente americana Nbc, il governo americano sarebbe al lavoro per creare un corridoio che consenta ai civili palestinesi che vogliono scappare dalla guerra di farlo. In queste ore, il presidente Joe Biden si starebbe coordinando con altri Paesi per trovare una soluzione. Secondo le stime dell’Onu, sono circa 264mila gli sfollati nella Striscia di Gaza. Un numero, precisa l’ufficio delle Nazioni Unite per gli affari umanitari, che è destinato a crescere ulteriormente nelle prossime ore e nei prossimi giorni. Intanto, la Croce Rossa fa sapere che «cinque membri della Federazione internazionale delle società di Croce Rossa e Mezzaluna Rossa (Ifrc) sono rimasti uccisi a Gaza e in Israele».

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