Perché il governo Meloni ha sciolto il comune di Caivano: dalla caduta del sindaco agli arresti per il clan Angelino

In estate si sono dimessi 13 consiglieri su 24 facendo decadere anche il primo cittadino. Una settimana fa gli arresti tra politici e personaggi di spicco in città, con l’accusa di associazione mafiosa e corruzione

Il Consiglio dei ministri ha deliberato lo scioglimento del consiglio comunale di Caivano, alle porte di Napoli. Sono stati nominati tre commissari. Questa estate ci sono state le dimissioni in massa di 13 consiglieri comunali su 24 e la caduta del sindaco Vincenzo Falco, dopo tre anni di mandato. La scorsa settimana sono state arrestate nove persone, tra politici e personaggi di spicco della città, con l’accusa di associazione mafiosa e corruzione. Oltre al capoclan Antonio Angelino l’ordinanza di custodia cautelare era stata notificata ad Armando Falco, nipote dell’ex sindaco Vincenzo, all’ex assessore Carmine Peluso e all’ex consigliere di maggioranza Giovanbattista Alibrico.


L’inchiesta

L’operazione – descritta qualche giorno fa su il Corriere della Sera – riguarda il clan Angelino e ha portato ai fermi di Armando Falco, di 48 anni,  nipote dell’ex sindaco Vincenzo, Carmine Peluso, di 40, ex assessore ai Lavori pubblici e al Commercio e Giovanbattista Alibrico, ex consigliere di maggioranza, di 65. A tutti e tre – spiega la testata – la Dda contesta il reato di associazione camorristica. I fermati avrebbero favorito il clan Angelino specie per appalti pubblici, in un clima dove non mancavano le estorsioni. Falco fu segretario cittadino di Italia Viva ma, precisa il coordinatore regionale, Ciro Buonajuto, dopo il 2021 non ha rinnovato l’iscrizione al partito. Peluso e Alibrico invece non sono mai stati iscritti al partito. Le indagini sono state fatte dai carabinieri. Peluso, Alibrico e Falco, secondo quanto ricostruito dalla procura, «provvedevano di volta in volta, anche con ruoli interscambiabili, ad avvicinare per conto del clan gli imprenditori vittime di estorsione, aggiudicatari di lavori pubblici assegnati dal Comune, al fine di riscuotere somme di denaro da consegnare al clan, una parte delle quali, quale remunerazione, venivano incassate direttamente da loro; provvedevano a informare gli altri membri del clan in merito alle imprese aggiudicatarie dei lavori pubblici ed agli importi dei lavori assegnati; provvedevano a fungere da intermediari tra i suddetti imprenditori e gli altri esponenti del clan, concordando anche l’importo delle quote estorsive; provvedevano a condizionare lo svolgimento e l’affidamento delle gare per l’esecuzione di lavori pubblici». Con il presunto aiuto del dirigente del settore Lavori pubblici, Vincenzo Zampella, anche lui tra i fermati, «provvedevano a favorire l’affidamento dei lavori a ditte compiacenti, anche mediante determine motivate ingiustificatamente dalla somma urgenza degli interventi o attraverso gare oggetto di turbative». Un fattore inquietante di tutta la vicenda è che alcuni degli indagati sapevano che nel Comune di Caivano erano state installate delle microspie. Per questo, quindi, per pericolo di fuga e per il fatto che gli indagati potessero essere informati dell’arresto si è provveduto ai fermi.


La riqualificazione del centro dove avvennero le violenze delle due cuginette

«Giovedì 19 ottobre alle ore 11:30, presso la Sala Verde di Palazzo Chigi, si terrà una conferenza stampa di presentazione del progetto di riqualificazione e ristrutturazione dell’ex centro sportivo Delphinia a Caivano (Napoli)». A renderlo noto è Palazzo Chigi, precisando che parteciperanno il sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano, il ministro per lo Sport e i giovani Andrea Abodi, il commissario di governo per Caivano Fabio Ciciliano e i vertici di Sport e Salute S.p.A.. Il centro, in totale stato di abbandono, fu uno dei luoghi dove furono commesse delle violenze a danno di due bambine, cugine, residenti del posto da parte di un branco composto in gran parte da ragazzi minorenni.

(foto ANSA/CESARE ABBATE)

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