L’ira di Kiev per le parole di Meloni sulla «fatica» della guerra: «Se gli Usa fossero stati stanchi negli anni ’40 oggi non esisterebbe l’Europa»

Il capo di gabinetto di Zelensky si sfoga dopo la telefonata-beffa: «Gli europei sono stanchi? Forse dovrebbero ripassare la storia»

È passato un mese dall’attacco di Hamas nel sud di Israele che ha stravolto il Medio Oriente, e il mondo intero. E non è un mistero che a sentirsi «vittima secondaria» di quella strage – sul piano geopolitico – sia l’Ucraina. Perché a prescindere dal grado di coinvolgimento reale della Russia nella preparazione/incoraggiamento di quell’assalto, il timore è che il Cremlino ne sia di fatto tra i principali beneficiari. Le attenzioni di leader e opinioni pubbliche occidentali sono letteralmente calamitate sul fazzoletto di terra Israele-Gaza, e in secundis per la stabilità del più ampio Medio Oriente, e la guerra russo-ucraina, in stallo da mesi, è scivolata ben più indietro, sulle pagine dei giornali, su quelle dei social media e sui tavoli delle cancellerie. Se il nervosismo per la situazione a Kiev era palpabile sin dalle prime ore dopo la strage di Hamas, a risvegliarlo nei giorni scorsi ci ha pensato il governo italiano. Involontariamente, certo, ma per un Paese in guerra è la sostanza che conta. Volodymyr Zelensky non ha preso per nulla bene le «confessioni private» di Giorgia Meloni al supposto leader africano – in realtà il duo di “comici” russi Vovan & Lexus – sul senso di marcia della guerra russo-ucraina. Lo ha detto chiaramente oggi a Politico uno dei suoi consiglieri più fidati, Andrii Yermak. Indigesto, in particolare, il riferimento fatto dalla premier italiana alla «fatica» di sostenere l’Ucraina che si sentirebbe in tutta Europa, tale da suggerire ai suoi leader di trovare quanto prima «una via d’uscita». Gli europei sono stanchi di sostenere l’Ucraina? «Sono sicuro che non vorrebbero svegliarsi domani in un mondo in cui c’è meno libertà e meno sicurezza, con conseguenze durevoli per decenni», ha replicato il capo di gabinetto di Zelensky. Per poi suggerire a Meloni e a chiunque la pensi come lei un sano riposo di storia. «Fermatevi un attimo a pensare: se nel 1939 il Regno Unito fosse stato stanco della Polonia, o gli Usa (qualche anno dopo, ndr) stanchi del Regno Unito stesso, oggi ci sarebbero la Polonia, il Regno Unito o l’Europa come le conosciamo? Non avremmo potuto permetterci la fatica allora, e neppure ora. E la cosa si ripresenterà ancora e ancora se le persone “affaticate” smettono di sostenere l’Ucraina».


Il gelo tra governo e capo dell’esercito e i timori sul sostegno Ue

Nonostante le frettolose precisazioni di Palazzo Chigi dopo la pubblicazione della telefonata-beffa, sul sostegno incrollabile dell’Italia all’Ucraina (che a onor del vero Meloni ribadiva anche nel corso della conversazione stessa), insomma, a Kiev le parole della premier non sono andate davvero giù. Ma non sono le uniche di cui Zelensky è preoccupato. Anche quelle pronunciate nelle stesse ore da uno dei massimi responsabili della guerra – il capo di Stato maggiore dell’esercito ucraini Valery Zaluzhny – hanno allarmato fortemente Zelensky. Zaluzhny ha detto candidamente all’Economist che sì, con l’inverno ormai alle porte, la guerra è davvero scivolata in uno stato di stallo, senza che uno dei due contendenti abbia chances realistiche di avere la meglio. Cosa che nel medio periodo non potrà che avvantaggiare la Russia, permettendole di riorganizzarsi e riarmarsi. Ammissioni pubbliche, fatte alla rivista di culto delle élites occidentali, vissute dal governo di Kiev come pericolosissime. Così parlando Zaluzhny «facilita il lavoro dell’aggressore», ha replicato sprezzante nel weekend il vice dello stesso Yermak, Ihor Zhovkva, accusando il capo di stato maggiore di creare panico tra gli alleati occidentali dell’Ucraina. «La guerra non è affatto in stallo», si è affrettato a contraddirlo pubblicamente Zelensky. E oggi Yermak rincara la dose, commentando ancora le parole di Meloni, assicurando che l’Ucraina «non vivrà mai in modalità conflitto congelato», e ricordando che parlare di «fatica di guerra» significa cedere alla propaganda russa. L’attesa del parere della Commissione Ue sul percorso di avvicinamento dell’Ucraina all’Ue stessa, previsto per mercoledì, si carica a questo punto di ulteriore tensione politica.


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