Consiglio Ue, la replica di Meloni ai senatori: «Non escludo un veto dell’Italia sul Patto di stabilità». E torna sul Superbonus: «Un regalo ai truffatori»

La leader di Fratelli d’Italia ha riservato diversi attacchi al Movimento 5 stelle e a Conte: «Sul Mes ha agito con il favore delle tenebre»

Dopo il confronto con i deputati di ieri, la presidente del Consiglio è al Senato per le classiche comunicazioni che anticipano il Consiglio europeo. Il clima di Palazzo Madama è altrettanto incandescente, nella mattinata di oggi, 13 dicembre. E, dopo aver consegnato il discorso tenuto ieri alla Camera, è nella fase di replica che Giorgia Meloni riserva la maggior parte degli attacchi alle opposizioni. In particolare, le critiche sono rivolte al Movimento 5 stelle, tra diverse interruzioni e richiami all’ordine di Ignazio La Russa, che chiede ai questori di intervenire per placare alcuni grillini. «Sono molto fiera del lavoro fatto sul Pnrr, un lavoro che risolve alcune criticità che c’erano nei piani adottati dai precedenti governi», esordisce. E parte subito con la prima accusa al centrosinistra: «Si è tifato più perché l’Italia non ottenesse la terza rata che alla coppa Davis. Nonostante tutto abbiamo ottenuto la terza, la quarta e entro fine anno consegneremo gli obiettivi della quinta». A proposito di stanziamenti economici, Meloni rivendica di aver «liberato risorse sul diritto allo studio, sull’Emilia Romagna, abbiamo dato ancora più finanziamenti sulla sanità. Con un piccolo escamotage tecnico arriva il fondo sanitario al massimo di risorse mai avute nel fondo».


Sul Patto di stabilità, fulcro dei negoziati di fine anno in corso a Bruxelles, la leader di Fratelli d’Italia dice di essere aperta persino alla possibilità di porre un veto dell’Italia sull’accordo, qualora non sia ritenuto soddisfacente. «Non escludo nessuna delle scelte. Credo si debba fare una valutazione su ciò che è meglio per l’Italia sapendo che se non si trova un accordo, noi torniamo ai precedenti parametri. Io farò tutto quello che posso». Meloni torna sulla polemica che lei stessa a sollevato ieri, richiamando il celebre scatto dell’ex presidente del Consiglio Mario Draghi, insieme agli omologhi di Francia e Germania, a bordo di un convoglio diretto in Ucraina. E smentisce che le sue intenzioni erano quelle di attaccare il suo predecessore: «Quel treno l’ho preso anche io per andare a Kiev, vorrei ricordare. Figuriamoci se non capisco il valore che ha. Dal mio punto di vista c’è stata un’Italia che in passato ha ritenuto solo di aspettare cosa facevano Francia e Germania aspettando di accodarsi in una foto. Non vuol dire che non abbia le mie foto con Macron, Scholz, Orban, con chiunque».


A questo punto della sua replica, cominciano le stilettate nei confronti dei 5 stelle. Meloni si rivolge al senatore Pietro Lorefice, che ha parlato prima di lei. «Rivendica la grandezza dei dati a doppia cifra sul Pil durante i governi Conte, ma omette un particolare: quello che è accaduto mentre si usciva dalla pandemia, in economia si definisce il “rimbalzo del gatto morto”: finanche se si getta un gatto dalla finestra e il gatto muore, rimbalza. Il Pil nell’anno precedente era sprofondato più di quanto fossero sprofondati i Pil del resto d’Europa, un dato di cui non mi vanterei». Altra offensiva verso i pentastellati ha come tema i bonus edilizi: «Il Superbonus pesa come un macigno su nostri conti e sottrae 20 miliardi di euro l’anno. È un provvedimento che nasceva da un intento condivisibile, ma è stato trasformato nel più grande regalo fatto dallo Stato a truffatori e organizzazioni criminali, lasciando aziende e famiglie per bene in un mare di guai. Questione che ora noi cerchiamo di risolvere».

L’Aula ribolle, tuttavia, quando Meloni mostra verso i banchi dell’opposizione il fax inviato all’allora rappresentante italiano presso l’Unione europea Maurizio Massari da Luigi Di Maio. Un documento in cui l’ex leader 5 stelle lo autorizzava a siglare il Mes: «Il governo Conte alla chetichella ha dato l’assenso al Mes. Ed è successo il giorno dopo le dimissioni del governo Conte, quando era in carica solo per gli affari correnti. Capisco la vostra difficoltà e il vostro imbarazzo, ma dalla storia non si esce. Questo foglio dimostra la scarsa serietà di un governo che prima di fare gli scatoloni lasciava questo pacco al governo successivo». Tra gli applausi scroscianti dei suoi senatori e le proteste di M5s e Partito democratico per un tifo da stadio che appare fuori luogo in Senato, Meloni insiste e scimmiotta uno slogan di Giuseppe Conte: «Il governo Conte ha dato l’assenso alla riforma del Mes contro il parere del Parlamento, senza dirlo agli italiani, senza metterci la faccia e con il favore delle tenebre». E sempre contro i grillini, ricorda: «Noi non stiamo trasferendo armi a Israele. Oppure vi riferite alle armi che il governo Conte ha venduto ad Israele, visto che il governo Conte è stato quello che ha venduto più armi di tutti a Israele?».

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