Di Maio smentisce i contatti col M5s dopo il caso-Mes: «Non mi presto a giochetti politici». Calenda: «Ci hai sguazzato per anni»

L’ex ministro degli Esteri nega voci di stampa su un riavvicinamento al suo ex partito. Ma il leader di Azione gli ricorda il suo passato «tormentato»

Da quando ha abbandonato il campo della politica italiana, dopo la cocente delusione delle elezioni del settembre 2022, Luigi Di Maio centellina le sue dichiarazioni pubbliche. Anche per puntellare il suo nuovo profilo “istituzionale” di inviato dell’Ue per il Golfo (il profilo X aperto ad hoc pullula invece di dichiarazioni e fotografie, tutte strettamente legate agli impegni diplomatici però). Ma la baruffa italiana sul Mes delle ultime settimane ha aperto una breccia, perché Di Maio è stato trascinato pesantemente nella polemica politica niente meno che da Giorgia Meloni. L’ex ministro degli Esteri è tornato quindi in tv, il 14 dicembre a Piazzapulita, per smentire la ricostruzione della premier (in Parlamento) di una presunta “lettera segreta” spedita proprio da Di Maio al rappresentante permanente italiano presso l’Ue per ordinare di firmare il nuovo Trattato del Mes a governo ormai caduto, e «col favore delle tenebre». Vicenda chiusa? Neanche per sogno, perché a ritirare Di Maio per la giacchetta sarebbe stato proprio a seguito di quelle polemiche la dirigenza del Movimento 5 stelle, guidato in passato al successo e poi lasciato da Di Maio dopo l’arrivo alla guida di Giuseppe Conte e la formazione del governo Draghi. Questo almeno secondo quanto ricostruito nelle scorse ore da Repubblica. Il giornale romano ha scritto ieri che un «alto dirigente» del M5s avrebbe chiamato nei giorni scorsi Di Maio non per porgli generici auguri di Natale, ma per «sondare un possibile gioco di sponda sul Mes dopo l’attacco della premier Giorgia Meloni». Una ricostruzione seccamente smentita però dai diretti interessati.


Le smentite di Conte e Di Maio

Per primo è stato Giuseppe Conte a mettere in chiaro che «il Movimento non cerca nessuna sponda e non ha bisogno di nessuna prova testimoniale per la semplice ragione che gli atti compiuti, a partire dal confronto parlamentare, sono tutti corredati da puntuali prove documentali. E questi documenti inchiodano Meloni dimostrando che ha mentito al Paese». Quindi, oggi, a tentare di sgombrare il campo da teorie su possibili riavvicinamenti tra Di Maio e il suo ex partito è stato lo stesso inviato Ue per il Golfo. «Se mi cercano ex colleghi del M5S? Non è una polemica che mi riguarda. Chi mi ha chiamato nei giorni delle dichiarazioni in aula del premier Meloni è libero di dirlo se vuole», ha dettato l’ex pupillo di Beppe Grillo al telefono con l’Ansa. Per poi tornare a ribadire la sua posizione sul merito della vicenda, quella della tanto discussa firma della riforma del Mes, s’intende: «Ho saputo della richiesta di un giurì d’onore dalla stampa come ogni altro cittadino italiano. Mi pare di capire che sia stato richiesto proprio sulle dichiarazioni che riguardano me e le istruzioni che diedi all’allora Rappresentante Permanente italiano a Bruxelles. Ho già difeso pubblicamente la mia posizione chiarendo che il Presidente del Consiglio aveva detto una cosa falsa circa la mia firma dei pieni poteri all’ambasciatore Massari. E una cosa vera circa il fatto che che il M5s e il governo conte abbiamo votato la riforma del Mes nel dicembre 2020». Quindi Di Maio manda il suo messaggio finale a stampa e politica italiana: «Non ho nessuna intenzione di farmi trascinare in giochetti politici».


L’ironia di Calenda sull’ex leader M5Ss

Un tentativo di districarsi dalla matassa politica “denunciato” però via X dal leader di Azione Carlo Calenda, che ricorda all’oggi alto diplomatico il suo passato tutt’altro che lontano da quei “giochetti”: «Di Maio, nei giochini politici ti ci sei trascinato, contorto e rigirato da solo per anni. Quindi i “moniti a tutti” anche no, rivolgili a te stesso o al più a Toninelli e Grillo. Da noi musicali e affettuose pernacchie», gli manda a dire il leader di Azione. E a chi polemicamente gli ricorda che il suo partito sostenne però in Parlamento il governo di cui Di Maio era tra i piani importanti protagonisti come ministro degli Esteri per oltre un anno, Calenda risponde serafico: «Pensa che cosa eravamo disposti a fare per avere Draghi. Anche il supremo sacrificio».

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