Gran giurì della Camera, il presidente Mulè: «Niente vincoli di maggioranza sullo scontro Meloni-Conte» – Il video

Sentita la premier: accusò il leader
grillino di aver firmato il Mes quando il governo si era già dimesso. La decisione arriverà il 9 febbraio

«La terzietà e l’imparzialità dei componenti della commissione, per la responsabilità alla quale sono stati chiamati, rappresenta la condizione primaria per svolgere correttamente il lavoro. Da questo punto di vista non ho dubbi che l’analisi di ognuno dei commissari sarà uniformata unicamente a una serena e indipendente valutazione dei fatti». Giorgio Mulè, vicepresidente della Camera e deputato di Forza Italia, oltre che giornalista, nella sua veste di presidente della commissione di indagine chiamata a dirimere la querelle Conte-Meloni sul Mes si dice particolarmente sereno. «Ognuno risponde a sé e alla propria coscienza, ma significherebbe svilire l’alta pratica che ci è stata affidata se dovessimo deragliare in nome degli interessi dell’una o dell’altra parte: bisogna essere indipendenti e imparziali. Magari il giudizio non accontenterà tutti ma questo dovrà importarci poco».


La vicenda

Per chi non lo ricordasse, l’intervento del Giurì d’onore della Camera è stato chiesto ed ottenuto da Giuseppe Conte dopo che la premier Giorgia Meloni, in replica al dibattito sulle sue comunicazioni in vista del Consiglio europeo, il 13 dicembre scorso, ha sostenuto, mostrando in aula il fax con cui l’allora ministro degli Esteri Luigi Di Maio, il 20 gennaio del 2021, autorizzò l’ambasciatore a Bruxelles a controfirmare le modifiche al fondo salva stati, che Giuseppe Conte e il suo governo avevano agito col favore delle tenebre, quando la maggioranza non era più in piedi e senza mandato parlamentare. I media, in particolare il Foglio, avevano poi spiegato che le accuse di Meloni erano false: il fax è datato 20 gennaio, mentre le dimissioni del governo sono arrivate il 26 e un mandato parlamentare c’era, perché il parlamento aveva votato a favore il 9 dicembre 2020.


I tempi

I tempi dell’istruttoria, sentita oggi Giorgia Meloni e ieri Giuseppe Conte, non saranno lunghi: «Dal punto di vista dell’istruttoria, tranne che ci sia una necessità sopraggiunta, abbiamo tutti gli elementi per decidere. Dal punto di vista procedurale, è come se da questo momento il Giurì entrasse in una camera di consiglio prolungata, non esce neanche un respiro, fino a quando non verrà letta la relazione in aula», dice Mulè. Arriverà una relazione, sarà redatta «entro il 9 febbraio» e difficilmente ci saranno altri atti istruttori: «Non sono emerse circostanze tali che finora hanno spinto i commissari a chiedere una nuova audizione – ha spiegato Mulè -. Adesso leggeremo il resoconto integrale. Entrambi hanno detto la loro posizione. I commissari non hanno sollevato esigenze di nuove audizioni». Il prossimo passaggio, ha chiarito, «è quello di studiare, approfondire, mettere a confronto le dichiarazioni del presidente Conte e della presidente Meloni, e poi formarsi un’idea sugli atti parlamentari e tutto ciò che abbiamo a disposizione della commissione. Successivamente redigeremo la nostra relazione da presentare entro il 9 febbraio. La relazione secondo l’articolo 58 non è soggetta né a discussione né a votazione: viene letta in Aula e l’Aula ne prende atto. Il Giurì è chiamato a dichiarare la fondatezza o meno di alcune espressioni che sono state utilizzate dalla presidente Meloni e che il presidente Conte ritiene essere false e non veritiere false. Il Giurì giudica se è fondato o non è fondato quanto detto in Aula». Si parlerà anche di quella espressione usata da Meloni, «il favore delle tenebre»: «E’ uno degli elementi usati dalla presidente del Consiglio in Aula in un discorso più ampio che riguardava il Mes e tutto quello che c’era intorno al processo di validazione del Mes».

Leggi anche: