Smart working, fine di un’epoca: dal 1° aprile si torna alle regole pre-Covid. Ecco cosa dovranno fare ora lavoratori e aziende

Il 31 marzo scadono anche le ultime deroghe introdotte durante la pandemia. Ma il mondo del lavoro ormai è cambiato

Cambiano, ancora una volta, le regole sullo smart working. Domani, 31 marzo, scadono le deroghe per il lavoro da remoto introdotte durante la pandemia da Covid-19 per i soggetti fragili e i genitori con figli under 14 a carico, che finora hanno potuto usufruire della procedura semplificata. A partire da lunedì 1° aprile (di fatto dal giorno successivo, considerata la festività di Pasquetta) la materia torna a essere regolata dagli accordi aziendali. In altre parole, per avere la possibilità di lavorare da remoto – e per regolarne lo svolgimento – occorrerà stipulare un accordo individuale tra il singolo lavoratore e l’azienda. Per i dipendenti pubblici la procedura agevolata per accedere allo smart working è stata cancellata lo scorso 31 dicembre e il governo non ha presentato alcuna proposta di legge per regolamentare la questione del lavoro da remoto una volta per tutte.


Ritorno alle vecchie regole

Ora che le misure emergenziali dell’epoca Covid sono ufficialmente al capolinea, dunque, si torna a quanto previsto dall’articolo 19 della legge 81 del 2017. Quella secondo cui è l’accordo aziendale, ed eventualmente anche individuale, a dover riportare durata, modalità e luoghi adatti per lo svolgimento dello smart working. Una volta siglato quest’accordo, i datori di lavoro del settore privato dovranno comunicare al ministero del Lavoro l’inizio del periodo di smart working entro i 5 giorni successivi. Per le aziende del settore pubblico, il termine è fissato entro il 20 del mese successivo a quello di inizio del periodo di smart working. L’accordo deve regolare inoltre «i tempi di riposo del lavoratore», nonché «le misure tecniche e organizzative necessarie per assicurare la disconnessione del lavoratore dalle strumentazioni tecnologiche di lavoro».


Le categorie «con priorità»

Per lo smart working, insomma, finisce una volta per tutte la fase emergenziale e si torna alle vecchie regole. Anche in questo caso, però, ci sono alcune categorie a cui la legge del 2017 assegna la priorità per la gestione delle richieste. Si tratta dei lavoratori con figli fino a 12 anni, lavoratori con figli in condizioni di disabilità, ma anche lavoratori over-65. Una novità, quest’ultima, introdotta poche settimane fa con il cosiddetto decreto anziani. Essere una categoria prioritaria, spiega al Sole 24 Ore Arturo Maresca, docente di diritto del lavoro alla Sapienza di Roma, non significa che si potrà godere sempre e comunque del lavoro agile. Semplicemente, precisa l’esperto, «questa modalità di esecuzione della prestazione lavorativa gli va riconosciuta prioritariamente».

I dati sullo smart working in Italia

Secondo l’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano, nel 2023 sono stati oltre 3,5 milioni i lavoratori da remoto in Italia, in leggera crescita rispetto al 2022 e in aumento del 541% rispetto al pre-Covid. L’incremento riguarda soprattutto le grandi aziende, dove quasi un lavoratore su due ormai lavora in modalità agile almeno un giorno alla settimana. Per molti settori la pandemia da Covid-19 ha inaugurato di fatto una nuova era, con il lavoro agile che è stato disciplinato nei contratti collettivi stipulati a livello nazionale.

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