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Pannelli solari con sussidi cinesi, la Commissione Ue avvia due indagini: «Le aziende in Europa agiscano secondo le regole»

03 Aprile 2024 - 13:46 Bruno Gaetani
Nel mirino dell'esecutivo europeo sono finiti due consorzi di aziende controllati da Pechino

Sulla carta, sono semplicemente indagini. Di fatto, sono un messaggio forte e chiaro che rimbomba fino a Pechino. Oggi la Commissione europea ha avviato due indagini nel settore dell’energia solare fotovoltaica per accertare «il ruolo potenzialmente distorsivo del mercato delle sovvenzioni estere» concesse nell’ambito della realizzazione di un maxi-parco fotovoltaico da 110 megawatt in Romania. A finire nel mirino dell’esecutivo di Ursula von der Leyen sono due consorzi. Il primo è composto da Enevo, un fornitore di servizi di ingegneria e consulenza con sede in Europa, e da LONGi Solar Technologie GmbH, una controllata tedesca che è posseduta in realtà da un’azienda quotata alla borsa di Hong Kong. Il secondo consorzio è formato da due società possedute e controllate al 100% da Shanghai Electric Group, un’azienda statale della Repubblica popolare cinese.

L’indagine della Commissione

Il regolamento europeo sulle sovvenzioni estere prevede che le aziende notifichino se hanno ricevuto almeno 4 milioni di euro in contributi finanziari esteri da un Paese terzo nei tre anni precedenti alla gara di appalto. L’obiettivo è evitare la concorrenza sleale di aziende finanziate dai Paesi extra europei e, in ultima istanza, far sì che siano i lavoratori europei a godere delle nuove posizioni di lavoro offerte dalla transizione verso la green economy. «I pannelli solari sono diventati strategicamente importanti per l’Europa», ha commentato su X il commissario europeo al Mercato unico, Thierry Breton. Le indagini avviate oggi, ha aggiunto, «mirano a preservare la sicurezza economica e la competitività dell’Europa garantendo che le imprese del nostro mercato unico siano realmente competitive e siano eque».

La dipendenza dalla Cina

La strada tracciata negli ultimi anni dall’Unione europea mira a incrementare la capacità produttiva nei settori chiave della transizione ecologica. Per il fotovoltaico, in particolare, Bruxelles punta a raggiungere una capacità manifatturiera di 30 gigawatt entro il 2030. Nella corsa alle rinnovabili, Pechino si è mossa con parecchi anni di anticipo rispetto alle istituzioni europee. Un tempismo che oggi gli permette di essere di gran lunga il primo fornitore di moduli fotovoltaici dei Paesi Ue, con una quota dell’80% sulle importazioni totali. Secondo le aziende europee, c’è un altro fattore che contribuisce a far perdere competitività al Vecchio Continente: i sussidi statali elargiti da Pechino. Ad oggi, hanno evidenziato alcuni big del settore poche settimane fa, costruire un pannello fotovoltaico in Cina costa circa la metà rispetto all’Europa. Una situazione che sta diventando insostenibile per i produttori europei, come testimoniato dal caso di Meyer Burger, il più grande produttore tedesco di pannelli solari, che a inizio 2024 ha chiuso definitivamente i propri stabilimenti in Germania e trasferirsi negli Stati Uniti.

In copertina: Il commissario europeo per il Mercato interno, Thierry Breton, durante un question time al Parlamento europeo (EPA/Ronald Wittek)

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