Il pm: «Alessia Pifferi va condannata all’ergastolo per l’omicidio della figlia Diana». Lei: «Non sono un mostro» – Il video

La donna è accusata di omicidio volontario aggravato. Parenti in lacrime durante la requisitoria del pm

Il pm di Milano Francesco De Tommasi ha chiesto la condanna all’ergastolo per Alessia Pifferi, la 38enne accusata di aver lasciato morire di stenti la figlia Diana, di appena 18 mesi. La donna accusata dalla Procura, davanti alla Corte d’Assise, di omicidio volontario aggravato dalla premeditazione, dai motivi abietti e futili e dal fatto di aver ucciso la figlia. «Non ho mai voluto far del male a mia figlia», ha dichiarato Pifferi in aula. Nella sua requisitoria, il pm Francesco De Tommasi ha descritto la donna come «una persona lucida» alla ricerca di uno sconto di pena. «Oggi ci è venuta a dire che non è un’assassina, ma allora perché ha voluto sempre giustificare con tutti che la bimba non era sola in casa? Sapeva benissimo che era una cosa che non si fa, lo sa anche un bambino che è un comportamento gravissimo», ha attaccato il magistrato in aula di tribunale. De Tommasi ha poi ricordato che la piccola Diana è morta di fame e sete dopo «sofferenze atroci e terribili» e al termine di un «processo di progressivo indebolimento delle funzioni vitali».


La requisitoria del pm e le lacrime dei parenti

La 38enne, ha insistito il pm, «ha avuto mille possibilità di salvare la vita a sua figlia», ma il suo unico scopo era «divertirsi con il suo compagno, spassarsela coi suoi uomini». Durante la dura requisitoria del sostituto procuratore, Viviana Pifferi, sorella di Alessia e zia di Diana, è scoppiata a piangere. Ma anche lo stesso De Tommasi, leggendo alcuni passaggi degli atti, è apparso visibilmente commosso: «Questa è la morte terribile di un essere umano e in questo caso è una bambina, che sa solo sorridere e invece viene trovata così», ha spiegato il pm. Anche la nonna della bimba, madre di Alessia Pifferi, era in lacrime durante la requisitoria del magistrato.


La difesa di Pifferi

«Non ho mai voluto far del male a mia figlia», ha risposto Alessia Pifferi in aula. La 38enne accusata di omicidio volontario aggravato ha deciso di rilasciare dichiarazioni spontanee, prima della requisitoria del pm: «Non l’ho mai ammazzata, non ci ho pensato, non ho voluto farlo, non ho mai pensato che a Diana poteva succedere una cosa del genere, non è stata una cosa premeditata». Pifferi sembra poi parlare più al pubblico che alla corte, quando insiste: «Non sono né un’assassina né un mostro, sono una mamma che ha perso sua figlia e non ho mai pensato che potesse accadere una cosa del genere alla mia bambina». La donna poi ha aggiunto di voler parlare «a tutta Italia» per ribadire «che non ho mai premeditato una cosa del genere, non ho mai voluto farle del male. Sto già pagando il mio ergastolo avendo perso la mia bambina».

L’infanzia senza amici e il padre violento

Nelle sue dichiarazioni spontanee, Pifferi ha raccontato della sua infanzia, da «bambina sempre isolata, senza amici», ma anche del padre che «aveva un carattere violento e spesso picchiava anche mia mamma e io assistevo a queste sceneggiate». La donna racconta anche di aver subito «un abuso sessuale verso i 10 anni», ma di non averlo mai raccontato alla famiglia perché temeva di non essere creduta. «Mi hanno tolto da scuola mentre frequentavo un corso di operatrice sanitaria, perché dovevo accudire mia madre che stava male», ha proseguito la donna. E poi ancora: «Io vivevo con pochissimi soldi. Tutti gli uomini che ho avuto mi prendevano in giro e giocavano con me. Non sapevo delle problematiche che avevo e ora mi trovo in una situazione umiliante». Pifferi ha confidato che «non c’è giorno o minuto che io non penso a Diana» e ha raccontato di essere stata «picchiata e insultata dalle altre detenute».

Le turbe psichiche di Pifferi da bambina

Prima dell’intervento di Pifferi, l’avvocata che la assiste, Alessia Pontenani, si era vista respingere dai giudici la richiesta di integrare la perizia psichiatrica, secondo cui erano già stati esclusi vizi di mente, con nuovi documenti. La legale sosteneva che nella nuova documentazione veniva dimostrato che a Pifferi già da bambina erano state certificate gravi turbe psichiche e un grave deficit cognitivo. Al punto da rendere necessario per lei un insegnante di sostegno. Quelle carte sono state comunque acquisite agli atti del processo dalla Corte presieduta da Ilio Mannucci Pacini, pur ribadendo che l’integrazione non è in assoluto necessaria.

In copertina: L’avvocata Alessia Pontenani e Alessia Pifferi all’udienza del processo a Milano, 15 Marzo 2024 (ANSA/Matteo Corner)

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