Scivolone del cuoco-influencer Max Mariola: «Poche donne chef? Sì, è un lavoro faticoso, immaginate le mamme lontane dai figli per 14 ore?»

Il romano, trapiantato a Milano, è da qualche tempo al centro delle polemiche per i costi del suo ristorante a Brera: per una carbonara si paga 30 euro

La recentissima apertura del suo ristorante a Brera sarà stata pure propizia per gli affari ma, da quando Max Mariola è sbarcato a Milano, le polemiche non smettono di perseguitarlo. Certo, qualcuno attribuirebbe a lui le responsabilità: ad esempio, la decisione di vendere un piatto di carbonara al costo di 30 euro è dello chef-influencer. Lui, ai microfoni de La Zanzara, giustifica il prezzo raccontando che ciò che vende non è semplicemente una portata: «È un’esperienza, uno show culinario». I cuochi del ristorante, a volte lo stesso Mariola, la preparano direttamente al tavolo dei commensali. E allora la possibilità di sentire la star dei social sussurrare il suo slogan «the sound of love», ansimare e riprodurre i suoni della mantecatura varrebbe il prezzo della carbonara.


«Sarà fatta con le uova che escono da una gallina che ha un culo dorato», ironizza il co-conduttore David Parenzo. Mentre Giuseppe Cruciani prende le difese dell’influencer. A un certo punto, il mattatore de La Zanzara chiede a Mariola come mai esisterebbero così poche chef donne. Ed è qui che l’ospite della trasmissione commette uno scivolone che Parenzo inquadra subito come sessismo. «Perché è un lavoro molto faticoso. La immagini una mamma che sta lontana dal figlio appena nato per 12, 14 ore?», afferma Mariola. Interviene Parenzo: «Ma questo vale per tutti i lavori, un’avvocata di grido, una magistrata…». Lo interrompe subito Cruciani: «No, loro possono trovare i propri tempi, in cucina ci devi stare».


Lo chef Mariola incalza: «In cucina, tutte quelle ore, devi essere presente». E poi dichiara: «Io in cucina ho prevalentemente uomini». Cruciani allora gli chiede, immaginando già la risposta, se seguisse le prescrizioni delle quote rosa nelle assunzioni. «No, perché è un lavoro veramente duro», ribadisce Mariola. A questo punto Parenzo torna a punzecchiarlo con dei paradossi: «Ah, quindi i gay non possono fare gli chef?». Mariola vuole tirarsi fuori dalla polemica e prova a sentenziare un «certo che lo possono fare tutti…». «E i neri?» torna a chiedere Parenzo. «La mia sala è multietnica, i miei camerieri sono multietnici». L’argomento si conclude con un’ultima considerazione di Cruciani: «Però uno chef omosessuale non c’è. Come mai non c’è un importante chef omosessuale?». E Mariola ricasca in una frase quantomeno ambigua: «E che ne so, io non li frequento».

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