Legge di Bilancio, incontro- scontro tra Meloni e sindacati: una calcolatrice in regalo alla premier. Lei: «Quando si aiutavano le banche nessuno invocava la rivolta»
L’incontro tra governo e sindacati, più volte rimandato e che arriva a manovra di Bilancio già presentata alle Camere (il termine per gli emendamenti scade oggi) appare più un’occasione per rimarcare le rispettive posizioni che una reale occasione di confronto. Dalle dichiarazioni trapelate, Giorgia Meloni ha tenuto a ribadire che la Legge di Bilancio 2025 è una svolta rispetto al passato. «Un cambio di passo», ha spiegato la presidente del Consiglio nell’incontro con Cgil, Cisl e Uil a Palazzo Chigi, che va in netto contrasto con l’abitudine a «adottare misure più utili a raccogliere consenso nell’immediato che a gettare le basi per una crescita duratura». Tra le principali novità, Meloni ha sottolineato la partecipazione di banche e assicurazioni alla copertura della manovra grazie alla «solidità, credibilità e coraggio di questo Governo». E anche qui la premier non ha rinunciato a rimarcare il distacco con i passati esecutivi: prima «con la legge di bilancio si trovavano le risorse per sostenere banche e assicurazioni, e nessuno invocava la rivolta sociale». Le parole non posso che richiamare l’annuncio del segretario generale della Cgil, Maurizio Landini, di uno sciopero generale per il prossimo 29 novembre proprio per criticare la manovra del governo Meloni.
I doni dei sindacati e la replica di Meloni
«C’è bisogno di un cambiamento radicale di questa manovra e c’è bisogno di andare a prendere i soldi dove sono», questo il chiaro messaggio del segretario della Cgil Landini prima di entrare a Palazzo Chigi. Una richiesta che è arrivata insieme alla speranza – cauta – del segretario della Uil Pierpaolo Bombardieri: «Abbiamo aspettato le 10 perché doveva arrivare Giorgetti. Può darsi che porta dei soldi freschi e quindi magari la riunione sarà utile. Speriamo». Insieme alla volontà di dialogo i sindacati hanno presentato, a inizio incontro, due regali per Giorgia Meloni. Da Uil una nuova calcolatrice, dalla Cgil il libro L’uomo in rivolta di Albert Camus: «Di fronte a un livello di ingiustizie e di diseguaglianze come quello che si sta determinando, io credo che ci sia bisogno proprio che le persone non accettino più, che non si girino da un’altra parte, che non guardino da un’altra parte». Al che la premier si sarebbe girata verso il segretario della Cisl, Luigi Sbarra, domandando: «E lei non mi ha portato niente?». Secondo fonti sindacali, lui avrebbe risposto: «Non abbiamo portato gadget, ma proposte per migliorare la politica di sviluppo di questo Paese».
La calcolatrice di Bombardieri è stata uno spunto sfruttato dalla presidente del Consiglio per aprire il tema sanità. «Sono contenta che mi abbia portato una calcolatrice, così potrà fare anche lui questo rapido calcolo», ha detto Meloni. «Nel 2022, il Fondo sanitario nazionale era di 126 miliardi. Nel 2025 raggiungerà la cifra record di 136,5 miliardi. Questo vuol dire che in due anni il Fondo sanitario è aumentato di 10,5 miliardi di euro. Nel 2026 il fondo crescerà ancora e arriverà a 140,6 miliardi».
La pesante eredità del Superbonus
Le priorità sono state rispettate. Prima tra tutte «i conti in ordine», in un’ottica di crescita futura e in contesto internazionale «tutt’altro che facile». Dal contenimento dei costi dei Ministeri a una più capillare lotta all’evasione, che dovrebbe garantire maggiori entrate fiscali. Così come il deficit aggiuntivo: un “lusso” che, secondo Giorgia Meloni, l’Italia si può permettere solo grazie alla «gestione oculata dei primi due anni di governo». Una gestione che ha dovuto fare i conti anche con «l’eredità di debiti che gravano come un macigno sui conti pubblici».
L’esempio portato dalla presidente del Consiglio è il Superbonus: «La più grande operazione di redistribuzione regressiva del reddito nella storia d’Italia». E ha allegato anche quale numero: 30 miliardi – il valore della manovra – contro 38 miliardi, cioè il peso che l’agevolazione avrà nel 2025 pur avendo permesso di ristrutturare «meno del 4% degli immobili residenziali italiani». «Con le stesse risorse – ha aggiunto – qualsiasi provvedimento di questa legge di bilancio avrebbe potuto essere più che raddoppiato». Un discorso che vale per il settore sanitario, per i contratti pubblici, per l’aumento dei salari e per la scuola.
La conciliazione vita-lavoro e i contratti pubblici
E le altre priorità? L’elenco è stato presto fornito: «Sostegno ai redditi medio-bassi, sostegno al lavoro, incentivi alle famiglie con figli, riduzione della pressione fiscale, aumento delle risorse nella sanità e rinnovo dei contratti dei dipendenti pubblici». In questa direzione va la conferma di alcune riforme passate, rese strutturali. Come il taglio del cuneo fiscale: «Abbiamo ampliato i benefici ai circa 1,3 milioni di lavoratori con redditi tra 35 a 40mila euro annui». Con tanto di differenziazione interna in base al reddito stesso: fino ai 20mila euro annui si parlerà di un bonus, dai 20mila ai 40mila di ulteriori detrazioni dall’imposta lorda. Per il rinnovo dei contratti pubblici, invece, la finanziaria prevede «uno stanziamento di 4,4 miliardi di euro nel triennio 2025-2027».
Con la manovra, ha continuato Meloni, è stato reso strutturale anche il passaggio da quattro a tre aliquote Irpef, tramite la fusione dei primi due scaglioni. E sul futuro? La premier non si è sbilanciata: «È intenzione del governo intervenire anche sullo scaglione di reddito successivo. Ma questo dipenderà ovviamente dalle risorse che avremo a disposizione». Confermati anche gli aiuti per aiutare la conciliazione vita-lavoro: dal bonus nuovi nati di mille euro al bonus nido per le famiglie con Isee sotto i 40mila euro, finanziati con le limitazioni alle detrazioni dei figli over-30 a carico. Il congedo parentale – per madre e padre – sarà di tre mesi e retribuito all’80%. Aiuti anche per i giovani: «Rifinanziamo il fondo di garanzia per la prima casa», che – ha ricordato Giorgia Meloni – «era stato introdotto dall’allora ministro della Gioventù del governo Berlusconi». Vale a dire lei stessa.