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Commissione Ue, nessun accordo tra von der Leyen e i capigruppo. La maggioranza Ursula vicina alla crisi?

13 Novembre 2024 - 14:18 Gianluca Brambilla
trattative audizioni commissione ue
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Continua lo stallo sul nuovo esecutivo di von der Leyen: i Popolari difendono il candidato italiano e tengono Ribera nel mirino

Da Bruxelles – Nessun accordo. L’incontro tra la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen e i capigruppo di Popolari, Socialisti e Liberali – ossia le tre famiglie politiche che compongono la «maggioranza Ursula» ma che da giorni faticano a rivolgersi la parola senza insulti e scambi di accuse – si è risolto in un nulla di fatto. Ieri, martedì 12 novembre, si sono svolte le ultime audizioni dei commissari-designati scelti per andare a comporre il nuovo esecutivo comunitario. Tra loro c’è anche l’italiano Raffaele Fitto, attorno alla cui nomina è nato un vero e proprio terremoto politico. Le valutazioni sui sei candidati alla vicepresidenza esecutiva sono state congelate e rinviate a data da destinarsi. Uno stallo che sta creando non poco imbarazzo a von der Leyen.

Lo spostamento a destra e i veti incrociati

Le prime crepe nella «maggioranza Ursula» sono emerse alla vigilia dell’audizione dei sei vicepresidenti esecutivi: Stéphane Séjourné (Industria), Teresa Ribera (Green Deal e competitività), Henna Virkkunen (Sovranità tecnologica), Kaja Kallas (Alta rappresentante per la politica estera), Roxana Mînzatu (Persone) e Raffaele Fitto (Coesione e Riforme). Il problema, come detto, riguarda soprattutto quest’ultimo. Fitto milita tra le fila di Ecr, un gruppo politico di destra che non ha votato la fiducia a Ursula von der Leyen. Eppure, la delegazione di Fratelli d’Italia flirta da tempo con la presidente della Commissione, con il capogruppo Carlo Fidanza che ieri ha annunciato: «Voteremo sì al nuovo esecutivo europeo».

Lo spostamento a destra del nuovo esecutivo ha fatto infuriare Liberali e Socialisti, che chiedono di togliere la vicepresidenza esecutiva a Fitto. Nei fatti, queste tensioni politiche si sono trasformate in veri e proprie minacce di veto. Liberali, Verdi e Socialisti hanno fatto capire che alle condizioni attuale non voteranno il via libera a Fitto. I Popolari promettono vendetta e minacciano di bocciare i due nomi a cui i loro alleati tengono di più: la socialista Teresa Ribera e la liberale Kaja Kallas. Risultato: il voto su tutti e sei i vicepresidenti esecutivi è stato rimandato.

L’accusa dei Socialisti: «Il Ppe vuole rompere la maggioranza»

Pochi minuti prima dell’incontro di von der Leyen con i leader della maggioranza, i Socialisti hanno pubblicato una nota durissima contro i popolari. La responsabilità dell’impasse politico, accusa S&D, è tutta di Manfred Weber, leader del Ppe, il cui «comportamento irresponsabile» avrebbe «infranto l’accordo politico delle forze democratiche pro-europee nel Parlamento europeo». L’accusa rivolta dai Socialisti è di aver ceduto di fronte al pressing dei conservatori spagnoli, in aperta polemica con la vicepremier Teresa Ribera per la gestione delle alluvioni a Valencia. «Il Partito Popolare spagnolo sta cercando di rendere Teresa Ribera il capro espiatorio per il loro fallimento nel gestire le inondazioni più catastrofiche nella storia recente dell’Europa e ha preso in ostaggio il Ppe, spingendo l’ intera Unione europea sull’orlo del baratro», continua la durissima nota dei Socialisti.

Manfred Weber, leader del Partito popolare europeo (EPA/Teresa Suarez)

La vendetta di Weber e dei Popolari contro Teresa Ribera

A finire risucchiata nel vortice della polemica è soprattutto Teresa Ribera. L’attuale vicepremier spagnola è senz’altro la commissaria-designata con più poteri in assoluto: non solo tutti i dossier del Green Deal, ma anche la missione di rilanciare l’antitrust e raccogliere il testimone di Margrethe Vestager all’Antitrust. Un maxi-portafoglio attraverso cui von der Leyen e i Popolari hanno voluto ricompensare sia gli alleati socialisti che il governo spagnolo, che negli ultimi anni ha visto crescere il proprio peso in Europa. La nomina di Ribera non è mai stata davvero messa in dubbio. Almeno fino a poco tempo fa, quando è diventata la pedina di scambio nel caso Fitto. Se nell’audizione del candidato italiano gli eurodeputati socialisti hanno mantenuto una certa cautela, i colleghi Popolari non hanno ricambiato il favore. Durante il Q&A con Ribera, gli eurodeputati del Ppe – non solo gli spagnoli, ma di tutti gli Stati membri – hanno cavalcato la battaglia dell’ultradestra di Vox sulle alluvioni a Valencia.

Secondo loro, la responsabilità per quanto accaduto è proprio della vicepremier spagnola, che respinge queste ricostruzioni e accusa gli avversari politici di negazionismo climatico. Il 20 novembre Ribera riferirà al congresso spagnolo, dove potrebbe nascere una commissione parlamentare d’inchiesta. Weber ha colto la palla al balzo, compattando le posizioni di tutto il Partito popolare europeo dietro la battaglia politica degli spagnoli. L’accordo proposto ai socialisti, riferisce una fonte a Open, è il seguente: qualora Ribera dovesse essere giudicata colpevole dalla commissione d’inchiesta su Valencia, dovrà dimettersi da commissaria europea. In cambio, i Popolari sarebbero disposti a fare qualche apertura su Fitto o sull’ungherese Olivér Várhelyi, considerato vicino a Orbán, la cui nomina è ancora in stallo. Un accordo che molto difficilmente sarà accettato dai Socialisti, che considerano Ribera intoccabile.

Gozi (Renew): «Von der Leyen si assuma le sue responsabilità»

Secondo Sandro Gozi, eurodeputato italiano ma eletto in Francia tra le fila di Renew, è Ursula von der Leyen a doversi assumere la responsabilità politica per quanto accaduto. «A giugno diceva che le vicepresidenze esecutive sarebbero andate solo a forze politiche che sostenevano la maggioranza, ma non ha rispettato questo impegno. Se ha cambiato logica, ce lo dica chiaramente», spiega Gozi a Open. Secondo l’eurodeputato liberale, «qualche cambiamento nella Commissione europea dovrà esserci per forza», anche perché nessuno sembra davvero intenzionato ad aprire una crisi politica. «Da parte di Renew c’è la volontà di trovare una soluzione, che però passa da un’assunzione di responsabilità da parte di von der Leyen», incalza Gozi. Insomma, la nomina della nuova Commissione europea potrebbe avvenire più tardi del previsto: «Partire bene è più importante di partire subito, soprattutto se ci sono questioni irrisolte che potrebbero poi inceppare il buon funzionamento dell’esecutivo».

Paulus (Verdi): «Fitto non deve avere la vicepresidenza»

A fumare di rabbia sono anche i Verdi, che dopo aver votato la fiducia a von der Leyen si dicono preoccupati che i Popolari possano stringere un’alleanza con la destra di Ecr. «Tutti i commissari-designati sono stati molto chiari sul fatto che si andrà avanti con il Green Deal. Tutti tranne uno: Raffaele Fitto, che ha evitato di rispondere chiaramente sulla questione», fa notare Jutta Paulus, eurodeputata tedesca dei Verdi. A proposito del commissario-designato italiano, Paulus aggiunge: «Non dovrebbe essere ricompensato con una posizione così forte, soprattutto dopo quello che abbiamo visto in Italia, dove i soldi del Recovery sono finiti in alcuni progetti discutibili». Ma c’è una linea rossa oltre la quale i Verdi potrebbero decidere di revocare il proprio sostegno alla maggioranza? «Se chiedete a dieci persone del nostro gruppo, otterreste dieci risposte diverse su dove sta la linea rossa. Non abbiamo una posizione comune su questo», spiega Paulus.

In copertina: Ursula von der Leyen, presidente della Commissione europea (EPA/Olivier Matthys)

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