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Coppie omogenitoriali, Corte costituzionale: «Sì al riconoscimento dei figli alla nascita per entrambe le mamme»

22 Maggio 2025 - 11:24 Stefania Carboni
corte costituzionale
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La Consulta dà ragione alle coppie di donne che hanno avuto figli in Italia con la fecondazione assistita fatta all'estero. Mentre rileva come irragionevole garantire quel diritto alle donne single.

La Corte Costituzionale ha di fatto legalizzato il riconoscimento alla nascita dei figli delle coppie lesbiche. Con una sentenza, storica, la numero 68 della Consulta i bambini nati grazie alla fecondazione eterologa, fatta nei Paesi in cui è legale, potranno avere due madri. I giudici costituzionali superano i divieti imposti dal governo e inflitti tramite una circolare del ministero dell’Interno, come nel caso di Padova, in cui solo una delle due madri era stata riconosciuta come genitore del bambino. Le relative questioni di legittimità costituzionale erano state sollevate dal Tribunale di Lucca.

Non permettere due madri «lede gli interessi del minore»

La Corte – dopo aver precisato che la questione non riguarda le condizioni che legittimano l’accesso alla PMA in Italia – ha ritenuto che impedire al nato in Italia di ottenere fin dalla nascita lo stato di figlio riconosciuto anche della donna che ha prestato il suo consenso alla pratica fecondativa all’estero insieme alla madre biologica non è nel miglior interesse del minore ed è una violazione: precisamente quella dell’articolo 2 della Costituzione, per la lesione dell’identità personale del nato e del suo diritto a vedersi riconosciuto sin dalla nascita uno stato giuridico certo e stabile; dell’articolo 3 della Costituzione, per la irragionevolezza dell’attuale disciplina che non trova giustificazione in assenza di un controinteresse di rango costituzionale; dell’articolo 30 della Costituzione, perché lede i diritti del minore a vedersi riconosciuti, sin dalla nascita e nei confronti di entrambi i genitori, i diritti connessi alla responsabilità genitoriale e ai conseguenti obblighi nei confronti dei figli.

Se si accede alla pma ci sono degli impegni presi da entrambi i genitori

L’incostituzionalità si fonda su due principi. Il primo è la responsabilità che deriva dall’impegno comune che una coppia si assume nel momento in cui decide di ricorrere alla PMA per generare un figlio, impegno dal quale, una volta assunto, nessuno dei due genitori, e in particolare la cosiddetta madre intenzionale, può sottrarsi. Il secondo tocca la centralità dell’interesse del minore e che vanta dei diritti non solo davanti alla madre biologica, ma anche a quella intenzionale. Il bambino ha «diritto di essere mantenuto, educato, istruito e assistito moralmente dai genitori, nel rispetto delle sue capacità, delle sue inclinazioni naturali e delle sue aspirazioni» e ha il «diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno dei genitori, di ricevere cura, educazione, istruzione e assistenza morale da entrambi e di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale». 

Donne single e madri? Il parere della Consulta

Non è irragionevole negare l’accesso alla procreazione medicalmente assistita, la pma, alle donne single. Questo il parere, contenuto nella sentenza 69 depositata alla Corte Costituzionale. La scelta legislativa di non consentire la procreazione medicalmente assistita (pma) alle single, limita «l’autodeterminazione orientata alla genitorialità in maniera non manifestamente irragionevole e sproporzionata». Questo perché per la Corte la disciplina dell’accesso alla pma presenta rilevanti implicazioni bioetiche e incisivi riflessi sociali. Per questo è interesse nel legislatore quello «di non avallare un progetto genitoriale che conduce al concepimento di un figlio in un contesto che, almeno a priori, esclude la figura del padre». Non esistono però ostacoli costituzionali a una eventuale estensione, da parte del legislatore, dell’accesso alla procreazione medicalmente assistita anche a nuclei familiari diversi da quelli attualmente indicati, e nello specifico quindi alla famiglia monoparentale. Insomma non è incostituzionale il divieto finora vigente ma se il legislatore vuol cambiare idea non c’è nulla che costituzionalmente può limitare tale cambiamento.

Assessora Torino: «Abbiamo vinto. Ho pianto alla notizia»

«Non trovo altre parole se non dire che abbiamo vinto e che ho naturalmente pianto alla notizia. Tutto l’impianto su cui si fondava la battaglia iniziata prima e dopo la nascita di Niccolò Pietro con Micaela Ghisleni ha avuto conferma nella sentenza storica di oggi». Così sui social, l’assessora comunale di Torino Chiara Foglietta, mamma in una famiglia arcobaleno, commenta la sentenza della Corte Costituzionale sulla registrazione dei figli di due mamme. Nell’aprile del 2018 all’anagrafe di Torino era stato registrato il primo caso di un bimbo – Pietro – con una coppia omogenitoriale, quella formata appunto da Chiara Foglietta e dalla sua compagna di allora, Micaela Ghisleni. All’epoca la sindaca di Torino era Chiara Appendino.

«La Corte – prosegue Foglietta -, dopo aver precisato che la questione non attiene alle condizioni che legittimano l’accesso alla Pma in Italia, ha ritenuto che l’attuale impedimento al nato in Italia di ottenere fin dalla nascita lo stato di figlio riconosciuto anche dalla donna che ha prestato il consenso alla pratica fecondativa all’estero insieme alla madre biologica, non garantisca il miglior interesse del minore e costituisca, tra gli altri, la violazione dell’articolo 2 della Costituzione, per la lesione dell’identità personale del nato e del suo diritto a vedersi riconosciuto sin dalla nascita uno stato giuridico certo e stabile, e dell’articolo 30 della Costituzione, perché lede i diritti del minore a vedersi riconosciuti, sin dalla nascita e nei confronti di entrambi i genitori, i diritti connessi alla responsabilità genitoriale e ai conseguenti obblighi nei confronti dei figli», conclude.

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