Sinisa Mihajlovic e i giorni in ospedale, l’infermiera scrive alla figlia Viktorija: «Mi ha mostrato le sue fragilità. È stato un onore conoscerlo»


Nei giorni di festa per il Bologna, dopo la vittoria della Coppa Italia, il ricordo di Sinisa Mihajlovic, morto il 16 dicembre del 2022, è tornato a farsi sentire con forza. A rendergli omaggio, oltre alla città e ai tifosi, anche sua figlia Viktorija, che sui social ha condiviso una lettera toccante inviatale da un’infermiera dell’ospedale Sant’Orsola di Bologna, dove l’ex tecnico rossoblù fu ricoverato durante la malattia. «Sto facendo la notte in ospedale e spero che non ti dia troppo fastidio, ma ti racconto quei momenti sperando che possano farti sorridere», scrive l’infermiera. «Mi ricordo di come aveva sempre un modo particolare di dire le cose, sincero, diretto e senza timore, a volte non sapevi come reagire», sottolinea. «Sapeva come farsi rispettare e non lo mandava a dire. La prima volta che sono entrata oltre al sudore dovuto dalla vestizione, avevo un po’ timore, avevo paura che reagisse male ad avere una tirocinante lì che lo “curasse”, ma con me è sempre stato gentile, mai una parola fuori posto, un istinto paterno forse, mi chiedeva se ero stanca, se ero tornata in autobus e se avevo mangiato. Mi chiedeva sempre come era l’aria fuori, quella era una cosa che gli mancava tanto», si legge nel post pubblicato su Istangram da Viktorija.
Le telefonate in vivavoce
L’infermeria ricorda, inoltre, di aver assistito spesso a telefonate di famiglia fatte con il vivavoce. «Ricordo quella volta che eravate arrivati in Sardegna e lui era al telefono con te, ti chiamava spesso Amore, e tu gli dicesti “ho aperto il cassetto del bagno di Virgi ed è saltata fuori una rana” e lui incredulo, poi tu avevi chiesto l’aiuto di Miro ma lui non riusciva a prenderla e correva e lui “2 metri di uomo e ha paura di una rana”», racconta. E poi ancora: «Mi ricordo di una chiamata con Nikolas e gli chiedeva dei voti a scuola, di una con Virginia e Violante in cui lui le parlava, mi ha detto di come la viziava, perché “ai nipoti bisogna far fare ciò che non hai potuto far fare ai figli per insegnarli bene”, “i genitori servono per educare i figli, i nonni per viziare i nipoti”».
La scoperta della malattia
Il racconto si fa via via più personale e commovente, soprattutto quando l’infermiera rievoca la sera in cui Sinisa scelse di aprirsi con lei, raccontandole come aveva scoperto di essere malato. «Una sera mi ha raccontato di come l’ha scoperto per la prima volta, ma a tua mamma l’ha detto solo dopo aver avuto la diagnosi, e poi “l’ ho chiamata e gliel’ho detto al telefono, io non so dirle le bugie, e poi era più facile che dirglielo guardandola” – racconta ancora R. (così la chiama Viktorija, figlia di Mihajlović) -. Mi ha raccontato di quanto è stato difficile quando è arrivato qui in Italia, che gli mancava molto casa e voleva tornare. Mi ha mostrato le sue fragilità, ha pianto, mi ha detto di come questa seconda volta era proprio abbattuto, sapeva cosa aveva passato in precedenza, tutto il dolore che doveva affrontare, era meno grintoso, a volte aveva meno speranza», racconta ancora l’infermiera. L’ex allenatore cercava però di tenere nascosta quella fragilità alle persone che amava, soprattutto ad Arianna, sua moglie, con la quale aveva sempre condiviso un tacito accordo: proteggersi a vicenda, nascondendo le preoccupazioni per non appesantire l’altro.
Le canzoni di Mannoia e Vecchioni
Durante le lunghe ore trascorse nella solitudine della stanza del Sant’Orsola, Sinisa si è aperto con l’infermiera R., raccontandole del profondo amore che lo aveva travolto quando aveva conosciuto sua moglie, del desiderio di essere un padre presente nonostante i mille impegni, e della fatica delle notti in cui la solitudine diventava più dura da sopportare. «Quella notte, tra i nostri occhi lucidi, mi fece ascoltare dal mio telefono, disse proprio “ti faccio ascoltare le mie canzoni preferite”: Combattente di Fiorella Mannoia, Ho conosciuto il dolore di Roberto Vecchioni (e qui quando parla di Dio, mi fa “forse a volte non mi ascolta”) e una canzone serba», spiega R.
Il momento più duro per Sinisa
Il momento più duro? «La notte» perché «non smetteva di pensare» ed «era da solo», dice. «Come la prima volta che venne ricoverato – prosegue -, che spesso si diceva di non farcela e poi però vedeva la foto sul comodino (quella con il cuore e l’ acqua dentro fatta in Sardegna, il giorno del rinnovo delle promesse) e doveva provare, almeno per voi». E poi ancora: «Mi scusai per averlo fatto piangere, e lui disse che era stato bello, si era sfogato, si sentiva più libero. Gli regalai la pagina del giorno del calendario filosofico con scritto “non mollare mai, Pobedi Sinisa (vinci Sinisa)”», spiega l’infermiera per poi aggiungere che «è stato un onore conoscerlo, parlarci in questo modo, toccare con mano la sua e la vostra vera persona». «La famiglia – conclude – è la cosa più importante che abbiamo e voi lo sapete molto bene, ed è solo grazie a lui e a tua mamma». Nel post su Instagram Viktorija spiega perché ha voluto rendere pubblici questi messaggi: «I motivi sono due: il primo e far sì che mio padre non venga mai dimenticato e il secondo, è per farvi sentire meno soli».