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La Rai «discrimina i dipendenti che fanno politica», il giudice del lavoro contro le ferie obbligate anche per chi promuove il referendum

03 Giugno 2025 - 13:48 Giulia Norvegno
Bocciata una circolare della direzione generale di viale Mazzini che, secondo il tribunale del lavoro di Busto Arsizio, va contro il diritto alla partecipazione politica e sociale fuori dal lavoro dei suoi dipendenti

La Rai discrimina i suoi dipendenti impegnati in politica secondo quanto stabilito dal tribunale del Lavoro di Busto Arsizio. In una circolare della Direzione generale, la Rai aveva «imposto a una ampia cerchia di dipendenti e a collaboratori», compresi tecnici e cameraman, «un obbligo di astensione dal lavoro mediante la fruizione di ferie e di aspettativa non retribuita».

La discriminazione per chi fa politica

L’obbligo di prendere ferie per i dipendenti Rai scattava nel caso avessero «presentato candidature ovvero aderiscono a partiti politici», siano «attivisti sindacali» o «si riconoscono e fanno parte di partiti, movimenti, associazioni non profit, comitati referendari».

Il procedimento prosegue nel merito

Il procedimento proseguirà «nel merito», con un’udienza «da remoto il 16 luglio», davanti al Tribunale di Busto Arsizio (Varese), sezione Lavoro. Il caso è nato dal ricorso dell’Associazione nazionale lotta alle discriminazioni (Anlod) con il sostegno del Sindacato lavoratori della comunicazione della Cgil, contro una circolare della Direzione generale Rai che obbliga lavoratori e collaboratori, anche quelli che partecipano a comitati referendari, ad astenersi dal lavoro prendendo ferie o aspettative non retribuite.

Il decreto cautelare per discriminazione

Il Tribunale ha emesso un decreto cautelare per «discriminazione diretta, irragionevole e vietata» nei confronti della circolare Rai. Secondo la giudice Franca Molinari, la normativa interna dell’azienda crea un «effetto disincentivante» alla «partecipazione attiva alla vita sociale del Paese attraverso la (non necessaria) compressione dei diritti fondamentali costituiti dal diritto di esprimere liberamente al di fuori del contesto lavorativo il proprio pensiero (art. 21 Cost.), dal diritto di partecipare alla vita pubblica e aderire ad associazioni e partiti (art. 2, 18 e 49 Cost.) senza subire discriminazioni (art. 21 Carta diritti fondamentali dell’Unione e art. 11 e 14 Cedu)».

La discriminazione tra lavoratori

Nella decisione si evidenzia come i lavoratori risultino «discriminati» rispetto «agli altri lavoratori e collaboratori, che non esprimono opinioni o non agiscono attivamente nel loro privato extra lavorativo». La circolare Rai penalizzerebbe quindi chi sceglie di impegnarsi attivamente nella vita pubblica e sociale del Paese.

Le critiche al principio di precauzione invocato dalla Rai

La giudice ha bocciato l’approccio dell’azienda di Stato, spiegando che l’applicazione «del principio di precauzione invocato» dalla Rai «al fine di prevenire, legittimamente, qualsivoglia conflitto di interessi, non imponeva un meccanismo così stringente». Molinari ha inoltre sottolineato che bisogna considerare «anche il fatto che non vi sono elementi, riferiti agli anni passati, da cui risulti che il diritto a fruire di un servizio pubblico indipendente e imparziale sia stato leso dalla mancata astensione dal lavoro di dipendenti e collaboratori che avevano accettato candidature elettorali».

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