La fedeltà giallorossa e il doppio lavoro fra Italia e Roma vietato per legge: cosa c’è dietro la rinuncia di Claudio Ranieri alla Nazionale di calcio


Claudio Ranieri ha rinunciato alla possibilità di diventare Commissario Tecnico della Nazionale, dopo che il suo nome era stato indicato da molti come il profilo ideale per guidare l’Italia in un momento delicatissimo, all’indomani dell’esonero di Luciano Spalletti seguito alla clamorosa sconfitta degli Azzurri in Norvegia. Il tecnico romano, reduce da una stagione esaltante sulla panchina della Roma e in procinto di iniziare un nuovo percorso come senior advisor dei proprietari americani del club giallorosso, è amatissimo da tifosi e addetti ai lavori e gode di un profilo sobrio e istituzionale.
Il motivo giuridico che non consentiva l’ambo Fgci-Friedkin
Non c’è stato un annuncio formale, ma Ranieri ha fatto sapere di non essere disponibile per l’incarico. Una rinuncia che potrebbe essere legata anche a un motivo giuridico preciso: non avrebbe potuto cumulare il ruolo di CT della Nazionale con la sua posizione attuale, nemmeno se definita come “consulenza esterna”. A stabilirlo è l’articolo 40, comma 4, del Regolamento del Settore Tecnico della FIGC, che recita: “Ai tecnici delle squadre nazionali, compresi i viceallenatori, è fatto divieto di essere sotto contratto o comunque impiegati nello svolgimento di attività tecniche a favore di società di calcio”.
L’intesa con la Roma per il rapporto di consulenza con la proprietà
Ranieri ha un’intesa con i Friedkin per continuare a lavorare nel club giallorosso in una veste nuova: non come dirigente formale, ma come figura di riferimento per la proprietà. Proprio questa esteriorità è stata da alcuni evocata come possibile soluzione per evitare il divieto di cumulo. Si è sostenuto che, non trattandosi di un ruolo tecnico in senso stretto né di un incarico nell’organigramma della società, non ci sarebbe incompatibilità. Ma si tratta di un’interpretazione forzata, che contrasta con il testo e la ratio della norma. Il regolamento, infatti, non limita il divieto solo al passaggio da una funzione federale a un club (o viceversa), ma vieta qualsiasi sovrapposizione concreta tra l’attività tecnica federale e quella prestata in favore di una società calcistica. Una norma pensata per evitare ogni possibile conflitto di interessi, e che si applica indipendentemente dall’ordine temporale con cui vengono assunti i due incarichi.
I precedenti che riguardavano membri degli staff degli azzurri
Non sarebbe stato rilevante se Ranieri fosse prima “nominato” CT o prima diventasse consulente della Roma: ciò che conta è che non possa esercitare contemporaneamente ruoli – anche informali – per entrambe le parti. Qualcuno ha osservato che in passato membri dello staff tecnico di varie rappresentative (preparatori, match analyst, viceallenatori) hanno avuto collaborazioni parallele con club. Ma questi precedenti – se effettivamente avvenuti – non modificano il contenuto della norma, che è tuttora valida e vincolante. E nel caso del Commissario Tecnico della Nazionale maggiore, il livello di esposizione pubblica e di responsabilità richiede un’applicazione ancora più stringente. Un altro argomento utilizzato per sostenere la compatibilità è che la posizione di Ranieri nella Roma non sarebbe un incarico tecnico, bensì una consulenza dirigenziale. Ma qui si rischia un equivoco pericoloso: non basta la qualificazione formale dell’attività, perché ciò che rileva è la sostanza.
Non c’era altra strada per lui oggi che rinunciare al tricolore
Se Ranieri – anche informalmente – fornisce orientamenti strategici alla proprietà della Roma, si tratta comunque di un apporto professionale nell’interesse del club, dunque incompatibile con un incarico federale. La rinuncia di Ranieri, pur non formalmente motivata, appare quindi in linea con il quadro regolamentare vigente. In questo contesto, tutti gli attori della vicenda erano chiamati a una scelta netta: o si guida la Nazionale, oppure si lavora – in qualsiasi forma – per un club. Non esiste formula contrattuale, etichetta o precedente che possa aggirare una norma pensata per proteggere la credibilità delle istituzioni calcistiche. E la decisione di Ranieri sembra confermare, ancora una volta, la sua attenzione per le regole e l’etica sportiva.