La Digos a casa di Chef Rubio, il blitz dopo i post sull’attentato ai funzionari israeliani a Washington: così Rubini è rimasto senza social e chat


Gli agenti della Digos hanno perquisito la casa di Gabriele Rubini, noto come Chef Rubio, dopo che l’attivista era stato denunciato per due post pubblicati su X nel maggio scorso sull’attentato all’ambasciata israeliana a Washington in cui sono morti due funzionari. Come ricorda Repubblica, Rubini è accusato di propaganda e istigazione a delinquere per motivi di discriminazione razziale, etnica e religiosa, secondo l’articolo 604 bis del codice penale. Su delega dell’autorità giudiziaria, gli agenti dell’antiterrorismo hanno sequestrato tutti gli strumenti elettronici in possesso di Rubini, incluse le chiavette Usb. Poi Rubini è stato interrogato nel commissariato di Frascati.
I post contestati di Chef Rubio
Al centro della denuncia ci sono due messaggi pubblicati sui social il 21 e 22 maggio, in coincidenza con l’attentato di Washington che ha causato la morte di Yaron Lischinsky e Sarah Milgrim, funzionari dell’ambasciata israeliana uccisi davanti al Capitol Jewish Museum da Elias Rodriguez. Il primo post, pubblicato poche ore prima dell’attacco, recitava: «Morte ai diplomatici complici del genocidio in atto da 77 anni, morte agli invasori e a chi li finanzia, morte al colonialismo, suprematismo, razzismo e odio antimusulmano. Morte quindi al sionismo e alla colonia ebraica. Lunga vita alla Palestina e ai nativi semiti palestinesi». Il messaggio successivo, pubblicato il 22 maggio dopo l’attentato, era accompagnato dalle foto delle due vittime, che stavano per sposarsi. Il testo sosteneva: «Che differenza c’è tra un impiegato dell’ambasciata della colonia ebraica e un soldato suprematista ebraico che massacra i palestinesi per il loro solo esistere e resistere? Che uno esegue gli omicidi (Eichmann) e l’altro fornisce legittimità e mezzi per farlo impunemente».
Rubini è rimasto senza dispositivi elettronici
La vicenda è stata resa pubblica dall’attivista Alberto Fazolo, giornalista ed ex combattente in Donbass, che ha condiviso sui social parte della denuncia a carico di Chef Rubio. Secondo Fazolo, Rubini si trova attualmente senza strumenti elettronici e non ha accesso ai propri profili social, alle chat e al cloud fino al dissequestro dei dispositivi. «L’obiettivo dell’operazione era acquisire informazioni sulle sue attività telematiche, contestandogli due post sul proprio profilo X, nonché cercare all’interno delle sue chat private di Telegram e Signal», ha spiegato l’attivista.