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Braccio di ferro legale tra San Marino e TikTok: «Misure per la verifica dell’età insufficienti». Scatta la multa da 3,5 milioni per il colosso cinese

26 Luglio 2025 - 18:32 Cecilia Dardana
san marino tiktok
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Il Tribunale della Repubblica ha respinto il ricorso presentato dalla piattaforma, confermando in toto il provvedimento. L’Autorità Garante: «Un precedente per il mondo intero»

San Marino non arretra: per la seconda volta in pochi mesi, la piccola Repubblica riesce a imporre il rispetto delle proprie regole a un colosso mondiale della tecnologia. Dopo la multa da 3,5 milioni di euro inflitta a TikTok a febbraio per violazioni in materia di protezione dei dati personali, il Tribunale della Repubblica ha respinto il ricorso presentato dalla piattaforma, confermando in toto il provvedimento del Garante sammarinese. Al centro della vicenda, l’insufficienza – secondo l’Autorità – delle misure adottate da TikTok per verificare l’età dei suoi utenti.

La verifica dell’età su TikTok

Nel provvedimento si legge che la piattaforma «non avrebbe adottato alcuna idonea modalità di verifica e rilevazione circa eventuali dichiarazioni mendaci rese dall’utente in fase di registrazione e accesso alla piattaforma». Ancora più netta la critica sul sistema di consenso: «Il titolare del trattamento non risulta essersi adoperato per verificare adeguatamente che il consenso sia prestato o autorizzato da utenti maggiori di 16 anni, o in caso di utenti minori di anni 16, dal titolare della potestà genitoriale sul minore».

TikTok impugna il provvedimento per ottenere l’annullamento della multa

Nonostante TikTok avesse già versato l’intera somma della sanzione, la società aveva deciso di impugnare il provvedimento, nella speranza di ottenere l’annullamento della multa. Il Tribunale, però, ha dichiarato il ricorso improcedibile. Una motivazione forte emerge dalla sentenza, dove il commissario della legge sottolinea come il programma di verifica dell’età proposto da TikTok non soddisfi neppure i requisiti minimi: «Non viene citata nemmeno una azione – si legge – che corrisponda pienamente al corretto significato dell’etimo “verifica”, corrispondente all’accertamento dell’esistenza, della veridicità e dell’esattezza di qualcosa».

L’autorità garante: «Le cautele che dovrebbero essere state adottate sono pallottole spuntate»

«Le cautele che dovrebbero essere state adottate sono pallottole spuntate», afferma con durezza l’Autorità Garante per la protezione dei dati personali. «La cosa significativa è che un Paese piccolo come San Marino sia capace di farsi sentire. È già successo con Facebook a suo tempo. La cosa che deve richiamare l’attenzione non è l’entità dell’importo. È ovvio che una piccola realtà territoriale può fare piccole multe. Ma questo è un precedente che può essere applicato in tutto il resto del mondo».

Il precedente con Facebook

Il richiamo al caso Meta non è casuale. Nel 2019, l’Autorità sammarinese aveva inflitto una multa da 4 milioni di euro a Facebook (oggi Meta Inc.) per la diffusione non autorizzata dei dati personali di oltre 12mila residenti. Anche in quell’occasione il colosso tech aveva presentato ricorso, confidando nell’annullamento della sanzione. Anche in quell’occasione il ricorso fu respinto, e i fondi restarono nelle casse dello Stato. A dare il via all’inchiesta erano stati tre segretari di Stato dell’epoca – Marco Gatti, Andrea Belluzzi e Massimo Andrea Ugolini – che avevano scoperto che i propri dati sensibili erano stati divulgati senza autorizzazione, presumibilmente attraverso Facebook.

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