La bufala dei vaccini che contengono grafene dal 2016


Diverse condivisioni Facebook (per esempio qui e qui) usano una fonte risalente al 2016 per sostenere che i vaccini conterrebbero ossido di grafene. Dai commenti e dalle didascalie non sfugge il velato riferimento ai vaccini Covid, oggetto di queste narrazioni No vax durante la pandemia. Il problema non è tanto la presenza della sostanza nei farmaci o durante la loro produzione, quanto l’idea che questo dimostri la loro pericolosità. Non è dimostrato. Avevamo già spiegato che il grafene viene certamente studiato nello sviluppo di applicazioni biomediche, ma coi vaccini attuali ed eventuali eventi avversi c’entra molto poco. Per altro c’è anche chi fa un uso scorretto del titolo di un nostro articolo precedente, vedremo meglio perché.
Per chi ha fretta:
- Vengono riportati parzialmente lo studio su un vaccino del 2016 dove si menziona il grafene e un articolo del nostro progetto Open Fact-checking.
- In entrambi i casi si omettono elementi rilevanti che altrimenti rivelerebbero l’inadeguatezza delle fonti citate.
- Nessuno fa mistero dell’uso di grafene in certi studi, ma non viene usato direttamente nei vaccini Covid, e non è collegato a un pericolo per la salute dei vaccinati.
Analisi
Nella prima condivisione si riporta lo screen di una pagina PubMed relativa a uno studio del 2016. L’immagine viene accompagnata dalla seguente didascalia, dove il medesimo documento viene linkato due volte:
“L’ossido di grafene funzionalizzato funge da nuovo nanoadiuvante per vaccini per una robusta stimolazione dell’immunità cellulare”. Questo si sa e si pratica dal 2016

Nella seconda condivisione si affianca il medesimo studio con lo screen del titolo di un nostro articolo precedente e lo si riporta nel seguente modo: «La bufala No Vax del grafene nei vaccini». Sparisce così una parte considerevole, che faceva riferimento a un filmato dai contenuti deliranti, riguardanti dei fantomatici bimbi transumani generati unendo assieme grafene, vaccini e 5G. Il titolo originale era infatti così: «La bufala No Vax del grafene nei vaccini che con il 5G generano “bambini transumani” ». Anche se forse non avremo mai una risposta è lecito almeno chiedersi come mai questa “svista” nel citare il nostro lavoro.

Grafene e vaccini. Cosa sappiamo davvero
È interessante anche la parzialità di chi ha prodotto la prima narrazione. Chi poi condivide questi contenuti forse nemmeno si rende conto, perché raramente qualcuno va a leggere con attenzione le fonti. Ci si preoccupa di tradurre con Google la parte del paper riguadante il grafene, senza far capire i fini della ricerca, che erano quelli di migliorare un vaccino antibatterico contro l’Helicobacter pylori, la cui infezione rappresenta anche un fattore di rischio per il cancro allo stomaco. Eppure l’abstract integrale è disponibile gratuitamente. Lo riportiamo nella sua integrità (il grassetto è nostro):
«Beneficiando delle loro proprietà fisico-chimiche uniche, i derivati del grafene hanno attirato grande attenzione in biomedicina. In questo studio, abbiamo accuratamente progettato l’ossido di grafene (GO) come adiuvante vaccinale per l’immunoterapia utilizzando l’ureasi B (Ure B) come antigene modello. L’ura B è un antigene specifico per Helicobacter pylori, che è un cancerogeno di classe I per il cancro allo stomaco. Il glicole polietilenico (PEG) e vari tipi di polietilenimina (PEI) sono stati utilizzati come polimeri di rivestimento. Rispetto ai GO modificati a singolo polimero (GO-PEG e GO-PEI), alcuni GO modificati a doppio polimero (GO-PEG-PEI) possono agire come un modulatore positivo per promuovere la maturazione delle cellule dendritiche (DC) e migliorare la loro secrezione di citochine attraverso l’attivazione di molteplici percorsi di recettori a toll-like (TLR) mostrando una bassa tossicità. Inoltre, questo GO-PEG-PEI può fungere da vettore di antigene per trasportare efficacemente gli antigeni nei DC. Questi due vantaggi consentono a GO-PEG-PEI di fungere da nuovo adiuvante del vaccino. Nei successivi esperimenti in vivo, rispetto all’Ure B libero e al vaccino a base di adiuvante di alluminio usato clinicamente (Alum-Ure B), GO-PEG-PEI-Ure B induce un’immunità cellulare più forte attraverso la somministrazione intradermica, suggerendo applicazioni promettenti nell’immunoterapia del cancro. Il nostro lavoro non solo presenta un nuovo nano-adiuvante di vaccino basato su GO altamente efficace, ma evidenzia anche i ruoli critici della chimica superficiale per la progettazione razionale dei nano-adiuvanti».
Quindi in entrambi i casi in oggetto è plausibile pensare che le narrazioni degli autori originali siano volutamente incomplete, in modo da stimolare la suggestione degli utenti bersaglio, ovvero quelli con credenze No vax. Per altro leggendo più approfonditamente il paper capiamo che si tratta di uno studio preclinico, dove si citano esperimenti in vitro e sui topi. Per maggiori approfondimenti sulle fasi sperimentali da quella sulle colture cellulare alla terza fase clinica leggete qui.
Anche in documenti riguardanti la produzione dei vaccini Covid si può trovare menzionato il grafene. Lo avevamo spiegato in un altro articolo, rispondendo a un video di Barbara Balanzoni in cui citava un report di Pfizer, fraintendendone il contenuto. Come in questo caso si usava un argomento fantoccio: presumiamo la negazione a priori dai “media ufficiali” della presenza del grafene nei vaccini Covid; quindi i vaccini farebbero male perché in realtà tale sostanza ci sarebbe davvero.
Abbiamo già mostrato che anche in analisi precedenti non facevamo mistero dell’uso di grafene negli esperimenti biomedici. Nel caso citato da Balanzoni in particolare, si trattava del materiale usato negli esperimenti in cui si impiegava la microscopia crioelettronica. Più precisamente nel vetrino dello strumento. Ricordiamo cosa aveva spiegato a Open Francesco Cacciante (biologo molecolare esperto in microscopia, con dottorato alla Normale di Pisa e divulgatore nel canale YouTube “A Caccia di scienza“):
«Nella crioscopia elettronica hai un campione ch’è quello biologico – continua Cacciante -, quindi lo ricopri di un materiale che riflette gli elettroni, o che li assorbe. In questo caso specifico invece parliamo di ossido di grafene usato per coprire il vetrino che contiene il campione».
Sempre all’epoca spiegavamo che l’ossido di grafene nella microscopia crioelettronica si conosce da ben prima dell’avvento dei vaccini anti Covid-19, come possiamo vedere in una pubblicazione del 2018nella rivista Journal of Structural Biology e in un’altro del luglio 2020 nella rivista Biophysics and Computational Biology.
Conclusioni
Abbiamo visto che c’è sempre stata trasparenza, sia da parte del progetto Open Fact-checking, che dagli stessi ricercatori sull’uso del grafene nelle ricerche biomediche. Da qui a distorcere i contenuti, sostenendo che le case farmaceutiche impieghino occultamente la sostanza nei vaccini, causando eventi avversi non meglio dimostrati, ce ne passa.
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