La morte di Paolo Calissano «non fu uno sbaglio». Parla il fratello, l’accusa all’ex amico e i 500 mila euro spariti: «Glielo presentai io»


L’attore Paolo Calissano morì intossicato da un mix di antidepressivi. Ma secondo il fratello Roberto non si trattò di un incidente. Mentre è appena iniziato il processo contro Matteo Minna, l’amministratore di sostegno accusato di aver sottratto 500 mila euro all’attore, il fratello Roberto ha deciso di rompere il silenzio con un’intervista al Corriere della Sera. A quattro anni dalla morte del protagonista della soap Vivere, emergono dettagli drammatici sugli ultimi momenti dell’attore.
«Ha scelto quello anziché buttarsi sotto a un treno»
«Non fu uno sbaglio, cercava la morte, non ha retto, non voleva più vivere. Ha scelto quello anziché buttarsi sotto a un treno», ha detto Roberto Calissano al Corriere a due anni dalle sue ultime dichiarazioni. Parole che ribaltano l’ipotesi sull’ultima notte dell’attore e quanto fosse profonda e complessa la sua condizione psicofisica negli ultimi tempi.
La famiglia «difficile in cui crescere»
Roberto Calissano ha ripercorso la vita del fratello, dai sogni di diventare calciatore, interrotti da problemi al ginocchio agli studi negli Stati Uniti, che lo portarono persino all’attenzione di Joel Schumacher, regista di Batman. Nonostante il successo e il denaro che non mancava, Paolo combatteva una battaglia contro la depressione rimasta a lungo privata. «Ma lo nascondeva», confessa il fratello. «Non è stata una famiglia facile in cui crescere, la nostra. Non siamo mai stati supportati, specialmente lui. Ne soffriva. Con me non ne parlava, non voleva mostrare debolezza, si sentiva pur sempre il fratello maggiore».
Il caso della morte della donna brasiliana e l’arresto
Il punto di svolta arrivò nel 2005, quando una donna brasiliana morì per overdose di cocaina nella casa di Calissano a Genova. L’attore venne arrestato con l’accusa di aver ceduto la droga e patteggiò 4 anni di carcere, scontati in una comunità di recupero. Quell’evento fu di fatto la fine della sua carriera. «Non fu colpa sua – spiega il fratello – è stata una disgrazia. Mio fratello provava profonda vergogna per aver disonorato la famiglia». Roberto Calissano ammette di aver intuito i problemi di dipendenza: «Mi ero accorto che in alcune occasioni aveva reazioni sopra le righe, era aggressivo».
L’isolamento dai colleghi dopo l’arresto
Dopo il carcere, la televisione chiuse le porte a Calissano, ricorda suo fratello. «Non lo cercavano più. Aveva scontato la pena, ma contro di lui è rimasta una censura morale fortissima. Negli anni il suo nome continuava ad essere associato a quel fatto di cronaca, mentre lui anelava all’oblio», spiega Roberto. L’attore veniva invitato in tv «solo per parlare di droga», mentre episodi come la falsa notizia di un ricovero per cocaina lo tormentavano ulteriormente. Solo Maurizio Costanzo nel 2007 tentò di aiutarlo offrendogli un posto fisso nel suo show: «Gli tese una mano, gli voleva bene. Ma lui fuggiva, tormentato dai suoi demoni».
Il tradimento dell’amministratore: «Era come un fratello»
Le condizioni in cui era l’attore, piegato dalla depressione, portarono alla nomina di un amministratore di sostegno, Matteo Minna, che invece di aiutare Paolo lo isolò ulteriormente dal mondo esterno. Una scelta di cui ancora si pente suo fratello Roberto: «Glielo presentai io, vivo con questo rimorso, il senso di colpa mi devasta». A proposito di Minna, il fratello dell’attore ricorda: «Lo consideravo un terzo fratello. Invece ci ha tradito. Tra noi c’è un processo ancora in corso».