Scudo aereo, miliardi europei e truppe Nato in difesa dell’Ucraina come chiede il governo Meloni: cosa c’è nella proposta che dovrà piacere a Putin


Una «no-fly zone» sui cieli che sovrastano tutta l’Ucraina, un rafforzamento delle linee difensive con investimenti da oltre 100 miliardi e la rassicurazione di mettere il timbro su un accordo che di fatto estenderà l’articolo 5 della Nato – quello di mutuo soccorso – anche a Kiev. Sono questi i primi tre gradini su cui gli Usa e l’Unione europea stanno intavolando a tempo record, dopo il vertice alla Casa Bianca, le prime discussioni interne per tentare di definire entro fine agosto la proposta da mettere sui tavoli di Volodymyr Zelensky e di Vladimir Putin. Si allontana sempre di più la prospettiva di truppe europee di stanza in Ucraina, idea contro cui il Cremlino si era fortemente schierato. Ma la sensazione è che Kiev e Washington nelle ultime settimane siano più in sintonia che mai.
I maxi investimenti europei per l’ Ucraina e l’accordo con Washington
Per l’Ucraina l’obiettivo è uno: porre fine alla guerra in corso ed evitare in tutti i modi che riaccada in futuro. È proprio qui che entra il «porcospino d’acciaio», un complesso sistema di investimenti per implementare all’ennesima potenza la deterrenza di Kiev. Per farlo c’è bisogno di soldi, tanti. Ecco che allora entrano in campo possibili accordi do ut des con Donald Trump: 100 miliardi da Kiev per fare shopping di caccia e missili Patriot negli Stati Uniti, in cambio di 50 miliardi per inviare a Washington i droni di ultima generazione che le fabbriche ucraine sfornano nell’ordine dei milioni all’anno. La parte ucraina dell’accordo verrebbe finanziata direttamente dalle tasche dell’Unione europea, che in totale andrebbe a impegnare una cifra superiore ai 150 miliardi di euro. Un’idea, ventilata direttamente da Zelensky, potrebbe essere pescare a piene mani da quel pozzo di 300 miliardi di beni congelati agli oligarchi russi, che giace immobile da ormai tre anni.
Le truppe scelte e i missili a lungo raggio che puntano su Mosca
Il «porcospino» non si ferma però alla prima linea di difesa. Per l’Ucraina è fondamentale trasformare alcune brigate di veterani in militari professionisti a tempo pieno, inquadrandole in un sistema di truppe scelte. Al contempo, verrà creandosi una retro struttura latente di riservisti e reduci pronti a imbracciare nuovamente le armi: 100mila sarebbero i professionisti, almeno mezzo milione le seconde linee. Ma la deterrenza si fa anche con i missili, in particolare quelli a lungo raggio che minacciano di colpire nel cuore delle città russe. Il Flamingo, che ha un raggio di oltre duemila chilometri, è pronto. Gli alleati europei al momento non se la sentono di dare luce verde ad attacchi così diretti a Mosca.
L’estensione dell’articolo 5 e la «no-fly zone» sui cieli ucraini
Le altre opzioni sul tavolo, al momento, non sembrano convincere una delle due parti. L’estensione dell’articolo 5 della Nato a Kiev – che garantirebbe sulla carta una protezione immediata in caso di rinnovati attacchi – rimane al momento troppo fumosa. Nei prossimi giorni una task force guidata dal segretario di Stato americano Marco Rubio avrà il compito di fissare nero su bianco il funzionamento del nuovo strumento. L’obiettivo sarà anche fissare tempistiche specifiche per l’intervento «automatico» degli alleati in difesa dell’Ucraina, al momento si pensa a 24/48 ore: «L’idea di Meloni, discussa anche ieri, è che possa essere la Nato – come alleanza difensiva – ad assicurare a un Paese esterno come l’Ucraina la sua protezione», ha spiegato il ministro della Difesa Guido Crosetto in un’intervista a Repubblica. Nel frattempo, però, Kiev continua a chiedere una «no-fly zone», copertura aerea continua dalle basi polacche e romene oltre che uno scambio proficuo di intelligence raccolto nei cieli.
Il muro alle missioni di peacekeeping: «Putin vuole truppe cinesi»
Di peacekeeper al momento non si parla, per la soddisfazione del governo di Giorgia Meloni che si è fortemente schierato contro la proposta franco-britannica di inviare un contingente sul campo. Donald Trump ha escluso l’invio di truppe «di rassicurazione» a stelle e strisce. I leader di Francia e Regno Unito, Emmanuel Macron e Keir Starmer, hanno rinnovato la loro proposta ma si tratterebbe di un manipolo di 20mila uomini contro 500mila che Mosca può schierare al solo schioccare delle dita. «Continuo a dire da mesi: vediamo le condizioni della tregua», mette in guardia ancora Crosetto. «Una di queste, se i russi accetteranno l’articolo 5, potrebbe essere quella di non avere truppe di altri paesi, per di più europei, in Ucraina. La nostra linea non cambia: qualcosa che riprenda l’articolo 5 pare una protezione adeguata. E non permette ai russi di dire: “Mandate truppe ai confini, state provocando di nuovo”». A Putin, però, potrebbe piacere un’idea alternativa: che quei contingenti di peacekeeping battano una bandiera differente, magari cinese.