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«Così mia nonna Rachele Mussolini ha tradito Benito, che una volta quasi sorprese l’amante in casa»

20 Settembre 2025 - 06:01 Alessandro D’Amato
Alessandra Mussolini racconta la storia di sua nonna e del Duce. Grazie a un manoscritto inedito

Rachele Mussolini tradì il marito. Per dimostrare di non essere una sua proprietà. A dirlo è la nipote Alessandra Mussolini, che in un’intervista al Corriere della Sera parla dell’amante Corrado Varoli e di quando il Duce stava per scoprirli. Il colloquio con Aldo Cazzullo comincia parlando della venerazione per il marito: «Ma teneva al riserbo. Non se ne parlava. Però, come le dicevo, mi portava sempre sulla sua tomba. Un rito». Mussolini ha scritto il libro «Benito. Le rose e le spine», in uscita da Piemme.

Corrado Varoli

L’amante Corrado Valori «aveva affascinato mia nonna fin dall’adolescenza. L’aveva visto passare a cavallo, tutto elegante, con il frustino, e lei che era poverissima ne era rimasta colpita. Lui avrebbe voluto sposarla. Ma lei aveva scelto Benito». E racconta: «I genitori erano contrari a quell’unione. Alessandro Mussolini, il fabbro di Dovia di Predappio, conosceva bene suo figlio: una testa calda, un uomo forte ma inaffidabile. Alessandro aveva perso sua moglie, Rosa, che era stata la maestra di Rachele. E anche la madre di Rachele, Anna, era rimasta vedova. Così Alessandro Mussolini e Anna, che si erano amati in gioventù, andarono a convivere. E aprirono una taverna».

Benito e Rachele

Ma i due non volevano che Benito e Rachele stessero insieme: «Provarono a trovarle un marito dabbene, il geometra Olivieri; ma mia nonna neppure lo guardò. E un giorno Benito arrivò con una pistola, dicendo: “Qui ci sono sei colpi. Se non mi date Rachele, il primo è per lei, e gli altri sono per voi”». Anche con la nascita di una bambina però non si sposarono subito: All’inizio lui la portò in un alberghetto, perché non avevano casa. Fu Rachele a imporsi. Lui sfuggiva: “Non sono tipo da matrimonio”. Lei però insistette, e alla fine vinse. Non era così sottomessa com’è stata raccontata».

I tradimenti

Poi i tradimenti: «La prima a presentarsi a casa fu una donna di nome Anita. Adesso le amanti si rivelano alle mogli su Instagram. Un tempo scrivevano lettere. Anita invece venne di persona. E raccontò a Rachele che aveva avuto una storia con Benito, ma aveva capito che non sarebbe mai stato suo. Rachele ne soffrì moltissimo». Nel libro però Alessandra non parla di Margherita Sarfatti e Claretta Petacci: «È un’altra la storia che mi interessa. Ho potuto ricostruirla grazie a un documento inedito, che mi è stato affidato da un mio parente di Predappio, Franco Moschi. È un manoscritto di trentotto pagine. L’autore è Augusto Moschi, nonno del mio parente e figlio di Aurelio Moschi. Aurelio aveva sposato una delle sorelle di Rachele, Rosina; era quindi cognato di Benito Mussolini».

La storia di Rachele e Corrado

«Benito piombò sgommando sulla sua auto per scoprire se la moglie gli era infedele», dice Mussolini. Che racconta «l’amore tra Rachele e Corrado Varoli, che era stato non a caso scelto da mia nonna per lavorare a Villa Carpena come amministratore. Furono sorpresi da un’altra sorella di Rachele, Augusta, che entrò in camera con il vassoio della colazione e li trovò insieme. Il vassoio cadde a terra, il bricco del latte andò in mille pezzi. E Augusta disse subito che avrebbe avvertito Benito». E questo «perché era segretamente innamorata di lui. E aveva sempre avuto un rapporto difficile con Rachele. Mia nonna era la più piccola di cinque sorelle. C’erano anche due fratelli, morti bambini. Lei fu l’unica ad andare a scuola, a imparare a leggere e a scrivere. Ma gliela fecero pagare».

Augusta e la lettera

Augusta decise di avvertire Benito «con una lettera che la moglie lo tradiva. Ma non sapeva scrivere. Così la dettò a sua figlia Giulietta, che la scrisse con la mano tremante». Lui capì lo stesso, ma lei non confessò: «Lui non poteva neanche credere che lei potesse mentirgli. Non riusciva ad accettare che lei potesse desiderare un altro. In ogni caso, le ordinò di far sparire quell’uomo, di togliergli il lavoro». Rachele lo aveva tradito «non per vendetta. Anzi. Per riequilibrare la situazione. Per vedere cosa si provava a fare quello che lui aveva fatto spesso: stare con un’altra persona. E, in qualche modo, anche per riconquistare il marito».

Il clacson

Mussolini finse di credere alla moglie, «la salutò, e si mise in viaggio verso Roma. Ma poi ebbe un ripensamento. Un’intuizione. E tornò indietro. Mia nonna aveva invitato a cena Corrado, per dirgli di persona che doveva andarsene. Vicino a Villa Carpena c’era una pattuglia della polizia, cui Rachele aveva dato un incarico: segnalare l’arrivo dei visitatori. Quando arrivava una persona qualsiasi, un colpo di clacson. Quando arrivava il marito, tre colpi di clacson».

Il marito e l’amante

Dopo i tre colpi «Corrado capì che rischiava la vita, e fu preso dal panico. Si buttò in cucina, trafelato, facendo cadere le sedie. E qui entrano in scena i miei ricordi personali. A Villa Carpena si entrava in un salotto con un grande tavolo rettangolare e un enorme camino. Una piccola porta conduceva in cucina. Da qui partivano due scale strette che scendevano una in cantina, l’altra nel ripostiglio. Erano i nostri nascondigli quando eravamo bambini. Proprio in quel ripostiglio, dietro qualche cassa di legno, si nascose Corrado, con il cuore in gola». Mussolini non lo trovò «però aveva visto che la tavola era preparata per due. La storia finì. Tempo dopo, mia nonna fece in modo che si incontrassero, per chiarire l’accaduto. C’è una fotografia che li ritrae insieme: Corrado tutto elegante e un po’ imbarazzato, Benito con lo sguardo duro, quasi un ghigno».

Imprevedibile

Secondo la nipote Rachele Mussolini «non è mai stata, come nell’immaginario collettivo, la donna sottomessa che sta a casa ad aspettare. E quel tradimento d’amore finì per rafforzare il legame con il suo uomo; perché lui aveva capito che lei non era proprio alla sua mercé. La prevedibilità è la tomba del sentimento; e Rachele è stata imprevedibile. Anomala, per l’epoca. Ho scritto questo libro anche per renderle giustizia».

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