Beni russi confiscati per sostenere l’Ucraina, l’Ue rilancia: «Così schermeremo l’Europa da vendette di Putin». Il gelo del Belgio (e dell’Italia)

Novanta miliardi di euro in due anni. È la cifra che l’Unione europea s’impegnerà a sborsare all’Ucraina per colmare il gravissimo vuoto di bilancio lasciato dall’azzeramento del sostegno Usa deciso da Donald Trump dal suo ritorno alla Casa Bianca. Lo ha annunciato oggi Ursula von der Leyen in conferenza stampa, presentando con tono grave e volto tirato il piano dell’Ue per continuare a sostenere Kiev nel prossimo biennio. «Non potremo mai raggiungere la tenacia dell’esercito ucraino. Possiamo però contribuire a dare al Paese gli strumenti necessari affinché possa negoziare da una posizione di forza, ed aumentare il costo per Putin di proseguire la sua guerra d’aggressione», ha detto la presidente della Commissione Ue. Secondo le stime del Fondo monetario internazionale l’Ucraina avrà bisogno di qualcosa come 135,7 miliardi per non crollare dal punto visto economico e militare nel 2026-27. L’Ue s’impegna a coprire due terzi di quel fabbisogno, ha detto oggi von der Leyen. 90 miliardi, dunque. Al resto dovranno pensare altre istituzioni finanziarie internazionali, è l’auspicio. Già, ma dove trovare quei soldi quando molti governi europei fanno già le capriole per chiudere le loro manovre finanziarie senza sforare i limiti di deficit e cavando almeno qualche spicciolo per spese sociali o tasse più basse? Utilizzando gli asset russi congelati in Europa, rilancia la Commissione, che su richiesta degli Stati membri oggi ha presentato il suo piano per condurre questa delicatissima operazione.
December 3, 2025
Il bivio dell’Ue per finanziare l’Ucraina
Tecnicamente la Commissione la lascia agli Stati membri, i cui leader dovranno prendere la decisione (se ci riusciranno) al vertice Ue del prossimo 18 dicembre. Scegliete voi l’opzione che preferite, dice in soldoni l’esecutivo von der Leyen: o l’Ue torna a indebitarsi sui mercati per raccogliere i capitali necessari a sostenere l’Ucraina – è il modello del fortunato Next Generation EU – oppure s’impegna ad emettere un prestito di riparazione (reparations loan) prendendo i soldi dai proventi degli asset russi congelati in Europa. In realtà la prima opzione può difficilmente decollare perché richiederebbe l’unanimità e un’ampia fetta di Paesi – Germania in testa – non ne vuol sentire parlare. Il focus resta tutto sulla seconda opzione, dunque, su cui pure vanno superati i mal di pancia di molti attori coinvolti, a partire dal Belgio e dalla Bce. La Commissione lo sa e per questo oggi ha presentato il suo piano assicurando di aver ascoltato attentamente e preso in conto «tutti i principali dubbi» sollevati dal Belgio (e non solo) in queste settimane. È noto infatti che la fetta preponderante dei beni russi congelati in Europa dopo il varo delle sanzioni sono depositati presso Euroclear, società finanziaria con sede in Belgio, il cui governo teme pesantissimi danni legali e finanziari se la Russia dovesse tentare in futuro di rivalersi su di esso per quella che considera a tutti gli effetti una confisca. Altri Paesi tra cui l’Italia stessa hanno avanzato perplessità sulla fattibilità dell’operazione, così come la Banca centrale europea. Ma ora la Commissione giura di aver previsto l’architettura legale e finanziaria necessaria a proteggere Euroclear, il Belgio e chiunque altro da future rivalse russe.
Quanti soldi e come per Kiev
La Commissione stima ora ufficialmente in 210 miliardi di euro il valore degli asset russi congelati in Europa, 180 circa dei quali sono depositati presso Euroclear. Tecnicamente lì resteranno, ma il progetto prevede che le istituzioni dove si trovano versino all’Ue il corrispettivo del flusso di cassa che essi hanno
generato. Tolti i fondi da accantonare per riserva, dovrebbero restare secondo i calcoli 165 miliardi di soldi spendibili. A quel punto l’Ue altro non farà se non girare quei fondi all’Ucraina sotto forma di prestito condizionato, in tranches da 45 miliardi l’anno. 90 miliardi per il 2026-27, appunto. Condizionato al rispetto di criteri ancora più rigidi sul rispetto delle norme anti-corruzione, sottolinea l’esecutivo Ue. Ma anche nel senso che Kiev dovrà ripagarlo, ha ribadito von der Leyen, solo «se e quando la Russia cesserà la sua guerra d’aggressione e accetterà di pagare le riparazioni». Lo strumento finanziario ad hoc, propone la Commissione, andrà incluso a tutti gli effetti all’interno del bilancio Ue, e questo contribuirà nei piani a renderlo più forte e stabile, insieme con una serie di «solide salvaguardie» legali e finanziarie a tutela dei rischi dell’esposizione finanziaria. La protezione più forte dovrebbe però venire nel progetto della Commissione dalle garanzie che ciascuno degli Stati membri dovrà impegnarsi a fornire per scongiurare rivalse russe verso anche solo uno tra loro. Stando a un documento interno Ue visionato da Open, le garanzie offerte dai 27 dovrebbero assommare nel complesso a 105 miliardi di euro nei prossimi due anni. Per calcolare il contributo “virtuale” esatto di ciascun Paese, ha spiegato una fonte di alto livello della Commissione sentita da Open, si applicherà una ripartizione del “fardello” sul peso delle rispettive economie nazionali. «In spirito di solidarietà chiediamo ai Paesi di dare garanzie per sostenere il prestito, di modo da assicurare che sia pienamente protetto», ha detto il vicepresidente della Commissione Valdis Dombrovskis in conferenza stampa, spronando i governi a cogliere la drammaticità del momento, coi negoziati al palo, l’esercito di Putin all’offensiva su tutta l’Ucraina e gli attacchi ibridi sempre più frequenti contro l’Europa: «È il momento di dimostrare la forza dell’Unione».
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La scommessa giuridica e il gelo di Italia e Belgio
Le consultazioni tra Bruxelles e le capitali sulla delicata scommessa sono in corso da settimane e ora entreranno nel vivo sulla base del piano presentato oggi. «È una proposta e come tale potrà sicuramente essere migliorata», ha messo le mani avanti von der Leyen. I cui uffici hanno trovato un’altra scorciatoia per tentare di arrivare al risultato sperato: varare il piano finanziario non più all’unanimità, ma a maggioranza qualificata. L’escamotage consiste nel basare la decisione su un articolo del Trattato Ue (il 122.1) che prevede di agire con una maggioranza più agile in Consiglio in caso di grave minaccia alla stabilità economica dell’Unione, come la Commissione sostiene ormai essere la guerra d’aggressione all’Ucraina e gli attacchi ibridi in serie all’Europa lanciati da Mosca. Non è detto però che la scommessa sul filo dei Trattati vada in porto. Prima ancora che venisse svelato pubblicamente, il piano è stato di nuovo bocciato dal Belgio. «Il testo non risponde in modo soddisfacente alle nostre preoccupazioni», ha detto stamattina il ministro degli Esteri belga Maxime Prevot a margine del vertice Nato. E anche l’Italia serba seri dubbi, ha detto sempre da Bruxelles Antonio Tajani: «Politicamente noi siamo favorevoli, ma il problema è sempre quello delle garanzie. Bisogna fare uno studio giuridico approfondito, se si può fare o non si può fare, e considerare anche la stabilità dell’Eurozona», ha detto Tajani, secondo cui «se la Bce si è schierata contro certamente si complica il lavoro».
Chi rema contro il piano della Commissione e perché
Nel pomeriggio proprio Francoforte è tornata a chiamarsi fuori da qualsiasi coinvolgimento. «Come Bce faremo tutto ciò che possiamo, ma non violeremo il Trattato», ha detto la governatrice Christine Lagarde. Fare da backstop per sostituire gli impegni che gli Stati membri dovrebbero assumere nei confronti del Belgio «sarebbe una violazione dell’articolo 123 del Trattato: non possiamo monetizzare le obbligazioni degli Stati membri». Fuori dall’Europa, intanto, incombe lo spettro di future rivalse di Mosca sui beni europei in Russia, così come quello della reazione al piano degli Usa di Donald Trump, che puntavano su quegli asset per finanziarie (a beneficio di aziende Usa) la futura ricostruzione dell’Ucraina. Von der Leyen ha assicurato di aver informato nelle scorse settimane l’Amministrazione Usa del progetto e di aver ricevuto (dal segretario al Tesoro Scott Bessent) una «accoglienza positiva», ma il suo sguardo tradiva la tensione per le futuribili reazioni di Donald Trump. Un vero rompicapo, che i governi dei 27 dovranno cercare di risolvere entro il 18 dicembre – data dell’ultimo vertice Ue dell’anno – e comunque entro la fine del 2025 se vogliono assicurare finanziamenti certi e prevedibili all’Ucraina e provare a Putin che la sua scommessa sulla guerra a oltranza rischia di andare a vuoto.
