Marcell Jacobs non ha più voglia di correre: «C’è un livello di invidia fuori controllo»

Marcell Jacobs dice che non riesce a tornare in pista. Dal Mondiale del 2025 è uscito senza più voglia di correre. «Sono successe troppe cose che mi hanno fatto perdere la scintilla», dice oggi a Giulia Zonca che lo intervista per La Stampa. «Sto bene, ma mi manca il primo passo: la voglia di andare in campo ad allenarmi che poi si porta dietro tutto il resto. Mi sono tenuto in forma, il mio corpo necessita movimento e non sono il tipo che si stravacca sul divano», spiega. Non sente più il richiamo «e mi preoccupa». Ma non si mette fretta: «In questo momento sono un uomo senza pressioni. Mia moglie Nicole fa il tifo perché riprenda ma non me lo chiede: sa che potrei arrivare ad altre medaglie. Tutto qui».
Marcell Jacobs e il richiamo della pista
«Resto in Florida e ho fatto un discorso chiaro al mio allenatore Rana Reider. Se ricomincio mi servono garanzie, vengo da una stagione complicata perché lui è partito per la Cina, dove sarebbe dovuto restare un breve periodo. Per un motivo o per un altro, non è più tornato. Credevo di potermi gestire a 31 anni, ma vale solo fino a che va tutto liscio». E aggiunge: «Quando lui è presente è ideale: dopo un 2023 deludente sono tornato al mio miglior livello e ho corso una finale olimpica in 9″85. Rana mi ha detto: per me puoi fare anche meglio e mi ha già proposto dei lavori tecnici intriganti».
Il problema con l’allenatore
Ma il problema dell’allenatore resta: «Non metto il naso nei contratti altrui. Mi ha spiegato che si è trattenuto là per problemi personali. Ci credo fino a un certo punto, quel che conta è la trasparenza, devo sapere quanto starà in Cina e se serve ci vado anche io». Si è sentito abbandonato: «Lì per lì no, mi stavo riprendendo dai guai fisici, ma nel bilancio di stagione mi sono accorto dei dettagli non curati, del tempo perso, degli intoppi con il fisioterapista. Riprenderei su altri presupposti». E poi c’è il fattore economico: «Ho dei contratti da rispettare, però la moneta da sola non è una motivazione. Senza entusiasmo e inutile perché se mi metto in gioco non lo faccio per l’Europeo, vado dritto fino Los Angeles 2028».
Lo spionaggio di Tortu
Sul caso di spionaggio di cui è stato vittima parla dell’inibizione ricevuta da Giacomo Tortu: «La situazione non è stata percepita nella sua gravità. Mi ha destabilizzato e travolto, pagare qualcuno per frugare negli affari miei è inconcepibile, definisce, a prescindere dalle questioni penali, che c’è un livello di invidia fuori controllo. Resto turbato, è stata violata la mia privacy e da una persona con cui ho condiviso la nazionale nel 2014». Poi c’è Filippo: «Non metto la mano sul fuoco per nessuno e non ho voglia di ipotizzare scenari. Non ho elementi, fare congetture mi stancherebbe e basta, non mi interessa. È più rilevante il modo in cui si vivono le rivalità: mi ricordo benissimo il periodo in cui Filippo mi rompeva le gambe a ogni gara e io sapevo che l’unico modo per batterlo era lavorare. Non ho mai avuto altri pensieri».
Il doping
Però Filippo Tortu «ha affrontato la situazione e glielo riconosco, mi ha chiamato quando è uscita la notizia e ci è voluto coraggio. Siamo andati avanti». E sull’associazione con il doping: «Ci sono migliaia di persone che vivono di storie trovate nei social. Qualcuno ha fatto passare l’idea che io fossi comparso alle Olimpiadi e sparito dopo aver vinto. Chi non segue l’atletica ha deciso che era la verità».
